Dedicato all'amico Stelio Vivanti, anch'egli scomparso, che aveva creato nel suo ufficio-caverna milanese il paese delle meraviglie abbadiane…

Questo breve testo è stato pubblicato ieri, 20 gennaio 2024 sul mio blog in lingua francese, Le Blog du Wanderer, creato nel 2009, che ha reso conto di numerosi concerti di Claudio, a Lucerna e altrove, tra 2009 e 2013. Cerca di trasmettere il rapporto molto speciale con Claudio Abbado fin da quando ero molto giovane, ma soprattutto ciò che Claudio Abbado ha creato intorno a sé, e ciò che è stato in grado di ispirare.
Tutto questo fa di Claudio la nostra "persona speciale", per chi come noi ha creato il CAI-Club Abbadiani Itineranti, che non era altro che un modo "ufficiale" di riconoscere quello che facevamo da anni, viaggiando in tutta Europa (e a volte non solo Europa) per ascoltare i concerti e le opere che dirigeva.
Questa è la storia di un solco, di una traccia indelebile.

© Silvia Lelli

I cofanetti – omaggio si accumulano, Arte propone una serie di concerti e un documentario, gli articoli continuano a comparire, i tweet (o X) segnalano l'evento : Claudio Abbado ci ha lasciato il 20 gennaio 2014, dieci anni fa.
Il Teatro alla Scala si unisce a questa ricorrenza presentando due libri il 19 gennaio,
– una cronologia di tutti i suoi concerti, Mauro Balestrazzi Claudio Abbado Nota per Nota, Una cronologia artistica

- Un libro di Angelo Foletto Ho piantato tanti alberi, Claudio Abbado, Ritratti recensioni interviste.

Tutti questi eventi che dimostrano che Claudio Abbado non è stato dimenticato fanno ovviamente molto piacere. Tuttavia, in mezzo alla follia commemorativa che sta attanagliando tutti i settori, compreso quello culturale, ho un po' paura che il decimo anniversario della morte di Claudio Abbado sia solo un'altra riga della lunga lista di cari defunti da onorare.
Per Angelo Foletto, che ha seguito a lungo la carriera di Claudio e ha seguito molti dei suoi concerti, quanti articoli chilometrici che usano l'inchiostro più per profilare il firmatario che per onorare in modo significativo la memoria di un monumento che continua a lasciarci il segno, ad accompagnarci e a nutrirci.

L’ho ascoltato per la prima volta a 23 anni, e a 32 anni, ho sentito che qualcosa era cambiato nella mia esistenza di amante della musica, perché con Claudio non era come con tutti gli altri, anche i più grandi, perché parlare di Claudio significava inevitabilmente parlare di se stesso.
Con Claudio era diverso.
Era diverso perché un concerto o un'opera diretta da Claudio, anche ai tempi in cui dirigeva la Scala, era talmente speciale che ogni spettacolo favoriva lo scambio e la nascita di amicizie : molte delle amicizie italiane che ho fatto negli anni Ottanta ruotavano intorno a Claudio. Purtroppo sono arrivato a Milano diciotto mesi prima della sua partenza, quindi ho avuto un'esperienza molto parziale di Abbado a Milano, anche se da "turista" avevo già fatto tanti viaggi da Parigi nel capoluogo lombardo per ascoltare Boris o Lohengrin, per esempio.
Quando nel 1986 lasciò Milano con un indimenticabile Pelléas et Mélisande (regia di Antoine Vitez), molti di noi decisero ovviamente di seguire il più possibile la sua attività a Vienna. Molto prima dei famosi Abbadiani Itineranti, fu l'occasione di alcuni viaggi pazzeschi. C'erano notti passate in macchina tra Milano e Vienna, arrivando nelle prime ore del mattino, rientrando subito dopo la rappresentazione per tornare a Milano riposati(?) e pronti a riprendere il lavoro. Le date delle opere a Vienna punteggiavano le nostre agende… e le notti (quattro di noi in una Peugeot 205, macchina santa) passate ad ascoltare cassette e a discutere appassionatamente dei suoi approcci restano ricordi meravigliosi.
Avrei seguito il Prometeo di Nono nel 1984, mi sarei immerso nel mondo viennese del primo Novecento, o nelle sinfonie di Mahler (che in quegli anni cominciavano a riempire i programmi, senza nulla di paragonabile alla situazione odierna) e nella monumentale somma di Henry-Louis de La Grange, appena pubblicata, senza le appassionate discussioni sulle sue interpretazioni e le nostre scoperte ? Un'esecuzione di Claudio ci invitava a continuare, ad andare oltre, a riascoltare se il concerto veniva dato più volte : era la mia scuola di musica, ma anche un incredibile respiro culturale.
Educato e formato in Francia, la Francia era rimasta il punto di riferimento per la mia cultura e le mie letture. A Milano, attraverso lo stimolo che mi veniva dalla visione dei programmi di Abbado e dai continui scambi con i miei amici, mi sono immerso nella cultura mitteleuropea che allora non era tanto valorizzata in Francia. Abbado, Mahler, la Mitteleuropa, è tutto un viaggio e questo è solo un esempio. Quando sono arrivato a Milano per lavorare nel 1985, mi ha affascinato scoprire autori che in Francia non erano nemmeno stati tradotti, e che io leggevo in italiano perché in Italia la politica di traduzione era molto più attiva che in Francia. È così che mi sono tuffato nel Mahler di Adorno in italiano.

Tutto questo per sottolineare che Claudio non è solo un direttore, ma un pianeta attorno al quale si sono disposti molti elementi nella vita di tutti coloro che lo hanno seguito fedelmente, mai come fanatici che accettavano tutto senza discutere, ma al contrario come persone pignole che si chiedevano continuamente il perché di una scelta piuttosto che di un'altra, di un effetto piuttosto che di un altro, e che poi andavano sui libri ad annusare, a guardare, a controllare, il tutto discutendo appassionatamente e arrivando perfino ad interrogarlo quando qualcosa balzava ossessivamente nella nostra testa.

È così che sono nati gli Abbadiani molto prima della nascita dell'associazione Abbadiani Itineranti (Club Abbadiani Itineranti, CAI).
Claudio, che non era un carattere particolarmente facile, è stato comunque aperto e disponibile, quasi fino alla fine della sua vita. Quando andai a Tokyo per vederlo dirigere Tristan und Isolde, appena dopo l'operazione per il cancro e ancora molto stanco ed emaciato, ricevette gentilmente i membri giapponesi del CAI nel suo camerino dopo la rappresentazione, anche se era esausto.
A Berlino, come altrove, compresa Lucerna, l'accesso al suo camerino era facile. Può sembrare strano, ora che l'accesso ai camerini è stato notevolmente ridotto per motivi di sicurezza o altro, che una star del genere possa essere così disponibile dopo i concerti. Era anche molto disponibile a farci accedere alle prove. Tutto ciò ha ovviamente alimentato il rapporto affettivo e emotivo tra lui e noi.

Adieu aux Berliner (Vienne, Musikverein, Mai 2002) ©Cordula Groth

Il mio Pianeta Abbado significa anche satelliti : attorno a lui abbiamo conosciuto anche i musicisti che spesso lo accompagnavano, i Berliner Philharmoniker, il Festival di Lucerna, la Mahler Chamber Orchestra, ecc. Molti di loro li abbiamo conosciuti da giovanissimi nella GMJO, GustavMahler Jugendorchester e poi li abbiamo seguiti nella loro carriera. Ancora una volta, è di nuovo il Pianeta Abbado quando ci incontriamo oggi con queste "vecchi amici" che erano giovani e con le quali condividiamo un passato profondo che sentiamo tutti trascendere i percorsi di carriera e i destini. È ancora Pianeta Abbado quando ascoltiamo la Mahler Chamber Orchestra e la Chamber Orchestra of Europe, anche se la composizione di queste orchestre è profondamente cambiata.
Quindi sì, Claudio ci ha lasciato dieci anni fa. Ma i pianeti sono eterni…

©DR / Abbadiani Itineranti

Ma ci ha davvero lasciato ? Sono pochissimi i giorni in cui non compare nel bel mezzo di un concerto (inevitabili i ricordi e confronti) o intorno a un'opera come l'ultimo Don Carlo scaligero, intorno a una lettura o, naturalmente, a un ricordo. Qualche giorno fa rileggevo alcune pagine di Gustave Thibon, ricordando che è stato quando ho scoperto un suo libro nel camerino di Claudio mentre preparava il Parsifal che mi sono immerso nella sua opera. Altro esempio, mi è impossibile andare a vedere il prossimo Simon Boccanegra alla Scala, anche se il regista è il suo figlio Daniele.
Innanzitutto perché, come tanti altri, sono legato all'allestimento di Strehler, scoperto con Claudio a Parigi, rivisto più volte fino al 1990 a Vienna, che non è mai stato superato : nessuno degli allestimenti (compresi quelli da lui diretti successivamente a Ferrara o a Salisburgo) visti da allora mi ha convinto, tanta è la difficoltà dell'opera. E resto dell'opinione che la visione molto umanista di Strehler (1971), poetica e politica, non abbia perso nulla della sua attualità, e nemmeno della sua acutezza, direi, e che da allora non sia stato messo insieme un cast che possa anche solo lontanamente riecheggiare i "grandi" anni. Quindi mi rifugio nel mio pianeta, il video di Parigi, che per miracolo ho nel mio archivio, e il video RAI della Scala.
Il mio pianeta Abbado è anche inscindibile da un interesse per il mondo che non lo ha mai abbandonato, per la divulgazione musicale al di là delle sale da concerto "dedicate", per i giovani (fino agli ultimi anni, con gli inverni trascorsi in Venezuela nel cuore del Sistema, alla guida dell'Orchestra Simon Bolivar), è stato anche il calcio, l'ecologia, come la sua richiesta alla città di Milano di piantare 100.000 alberi, è stata anche la sua ostinata difesa di Cuba, che ha scandalizzato alcuni di noi, abbadiani si ma altrettanto anticastristi.
Il mio Pianeta Abbado è anche un modo gentile e ostinato di dire no, no ai Wiener Philharmoniker nel 2000 quando rifiutò di dirigere a Salisburgo Cosi fan Tutte e Tristan und Isolde alle loro condizioni, no al ritorno a Milano fino al 2012, no ai Berliner per dare più di un concerto all’anno dopo la sua partenza, e poi il suo primo no, da giovane direttore di 32 anni, a Karajan per dirigere Cherubini a Salisburgo, imponendo (già) la Sinfonia “Resurrezione” di Mahler nell'agosto del 1965.
Claudio è rimasto fedele alla sua strada, e non se ne è mai allontanato.
Il mio Pianeta Abbado vuol dire che i dieci anni in cui ci è mancato, non hanno cancellato le amicizie che abbiamo stretto, né la loro vivacità. Non siamo veterani nostalgici, ma sempre alla ricerca di nuove aperture musicali e teatrali, perché se Claudio ci ha fatto un dono formidabile, è la curiosità che alimenta costantemente il nostro spirito critico e le nostre accese discussioni, e l'apertura a tutte le possibilità.
Il mio Pianeta Abbado è l'opposto della stasi e della contemplazione nostalgica. Ogni partitura, anche quelle che aveva diretto tante volte, quando veniva ripresa era come se fosse nuova, come se fosse un'altra cosa, cito come ricordo quelle formidabili esecuzioni della Symphonie Fantastique di Berlioz a Berlino, l'ultimo programma che ha diretto lì nel maggio 2013, (V. nostro resoconto in francese sul Blog du Wanderer)  letteralmente mai condotta in questo modo anche se la Fantastique era stata in programma qualche anno prima a Lucerna. C'era qualcosa di giovane, rinvigorente e ottimista in questo modo di riaprire le partiture, che affascinava musicisti e ascoltatori. Abbado era sempre nuovo.
Quindi sì, Il mio pianeta Abbado è un Claudio ancora lì, con me, con noi, che rimarrà "il nostro" come lo abbiamo sempre chiamato, nella semplicità che dominava tutti i rapporti umani intorno a lui. Senza parlarne sempre, ma senza mai uscire dal nostro mondo, ci ha fatto crescere e continua a farci crescere, avendoci reso spettatori e ascoltatori consapevoli ; senza nemmeno volerlo, ha creato intorno a sé una sorta di sistema, una rete di rapporti umani e intellettuali che durano più a lungo della sua immensa opera musicale.
Infine, ma non per questo meno importante, è l'artefice del nome "Wanderer", perché un giorno, quando gli dissi che mi dispiaceva non averlo visto dirigere il Ring, mi rispose, dopo aver detto "domani" come al solito, sorridendo quando gli facevo questo tipo di domande (su Don Carlos in francese, su Meistersinger), "ma voi, il CAI (Club Abbadiani Itineranti), voi siete i Wanderer".
Quindi, dieci anni sono passati, sì, ma c'è qualcosa da celebrare quando Claudio è ancora la mia, la nostra, costante quotidianità ?

© Cordula Groth

 

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