Partiamo da un’immagine del concerto dopo la pausa, il sognate solo del sassofono nel Vecchio castello dei Quadri di un’esposizione, per dar conto di una esecuzione sicura e brillante del capolavoro di Musorgskij, eseguito nella imprescindibile orchestrazione novecentesca di Maurice Ravel.
È questo uno dei momenti più riusciti del concerto dell’OSN Rai che ha visto il debutto come Direttore principale del colombiano Andrés Orozco-Estrada, in carica per i prossimi tre anni dopo aver lasciato il segno nel maggio 2022 con un concerto che aveva in cartellone musiche di Richard Strauss.
In anteprima e fuori abbonamento, ad anticipare il regolare avvio della stagione musicale che vedeva schierata la settimana successiva la coppia da tutto esaurito Luisi-Argerich, il ciclo 2023/24 prende avvio con un concerto all’insegna del grande repertorio sinfonico, in cui mettere in luce le qualità del giovane direttore.
Empatia con il pubblico, direzione brillante e coinvolgente spiccano già come certezze acquisite, con il tempo e l’esperienza potranno arrivare maggior rifinitura nella costruzione e nella tenuta formale dell’opera. I Quadri filano, dunque, via sicuri e squillanti, senza troppe ricercatezze dinamiche, e i momenti migliori sono quelli a senso unico caratterizzati da meno contrasti, come Gnomus, Limoges, Catacombae e, appunto, Il vecchio castello.
Maggiori riserve sul filo conduttore costituito dalle celebri Promenade che, dettagliate e precise, restano tuttavia generiche e non prendono per mano l’ascoltatore nell’ideale viaggio emozionale attraverso il susseguirsi d’immagini come pure maggior finezza dinamica avremmo desiderato per i quadri finali grandiosamente resi ma vagamente monocordi.
Nell’insieme, guidata con mano sicura e coinvolgente da Orozco-Estrada l’Orchestra della Rai conferma ancora una volta i brillanti esiti raggiunti per la precisione e il luminoso suono degli archi, l’equilibrio dei fiati e delle percussioni, il virtuosismo delle prime parti.
In cartellone nella prima parte del concerto, ideale modello di perfezione formale e luminosità sinfonica, la Sinfonia n. 41 in do maggiore, la “Jupiter” di Mozart, sembra fermarsi sulla soglia del romanticismo viennese di schubertiana memoria, col vertice nell’andante cantabile del secondo movimento dominato da pacatezza e sentimento che accarezzano l’intimità dell’animo.
Orozco-Estrada, sul podio senza bacchetta in questa prima parte, imposta una lettura spigliata, veloce ed energica, non disdegnando sonorità pastose in avvio, sacrificando tuttavia in più occasioni la precisione degli interventi dei legni e l’argento vivo che potrebbe insinuarsi in ogni battuta della sinfonia, soprattutto nel terzo e quarto movimento. In questo senso sono Minuetto e Molto allegro finale a soffrire di più la lettura energica che in taluni punti rischia di compromettere l’integrità e la classica perfezione formale dei brani.-
Complessivamente, un esordio che fa ben sperare per lo sviluppo del rapporto tra l’orchestra e il nuovo direttore, quando il tempo a disposizione e la reciproca consuetudine avranno modo di dare buoni frutti.
Al termine del concerto calorosi applausi per direttore, orchestra e prime parti soliste.