L’orchestra giovanile, al via di una tournee che in sei tappe passerà per alcuni tra i più importanti palcoscenici d’Italia e Spagna, convince sempre per la qualità e il virtuosismo di tutte le sezioni. Sopra ogni lode la naturalezza, la compattezza e l’amalgama sonoro che restano a dispetto della normale rotazione dei giovani musicisti. Fotografia della gioia di far musica nello spirito del fondatore Claudio Abbado.
Attesa da grandi eventi e tutto esaurito sabato primo giugno, al teatro Verdi di Pordenone. Non siamo a Salisburgo, Vienna o Berlino ma per una sera questa bella e nobile cittadina di provincia, dove ancora si ricorda il passaggio del 1852 di Francesco Giuseppe I Imperatore d'Austria((Bruckner, a quell’epoca aveva ventotto anni ed era da poco diventato organista stabile a Sankt Florian)), è sotto il fuoco incrociato dei riflettori del mondo musicale europeo.
Ovunque si guardi la locandina, gira e rigira, è tutto un debutto : prima volta sul podio della Gustav Mahler Jugendorchester per Kirill Petrenko, l’erede berlinese del fondatore Claudio Abbado ; primo concerto della tournee estiva 2024 per quest’orchestra di giovani promesse europee ; prima volta del direttore russo alle prese con un complesso e spesso inafferrabile capolavoro del sinfonismo mitteleuropeo datato tardo ottocento.
Andiamo con ordine, incominciando col dire dei meriti di questo gruppo di talentuosi giovani musicisti che si ritrovano periodicamente con illustri maestri e tutors per un tratto di percorso alla base della loro vita musicale, che li porterà auspicabilmente a suonare nei più prestigiosi complessi del continente.
Una rotazione costante cui, tuttavia, un disegno fortemente condiviso e chiaro sin dall’inizio, impedisce di trasformarsi in un superficiale somma di individualità quanto piuttosto trasforma in un determinante momento di crescita collettiva.
Così, dal lontano 1987 in cui prese vita il primo ciclo di concerti, la brillantezza del suono, la precisione degli archi, l’espressività dei legni continuano ad essere un marchio di fabbrica dell’orchestra.
L’istantanea di sabato : un’orchestra con giovani che per questo tour provengono da 22 paesi diversi tenuti insieme dalle indubbie capacità tecniche ma ancor di più dalla gioia di far musica, dall’entusiasmo che si percepisce quando nel mezzo di un complicato fugato violoncelli e violini si scambiano un sorriso quasi a dire “non male, no?” Certo, vi riconosciamo l’impronta di Abbado, il primo ad essere felice nel vederli così sarebbe lui.
Prende il via da Pordenone un Summer Tour che passerà poi da Ravenna, Roma, San Sebastian, Oviedo, Granada. Palcoscenici e festival importanti dove si ascoltano spesso complessi come i Wiener Philharmoniker.
Kirill Petrenko non lavora per dare unità al brano, e nella sua visione non servirebbe. Non stiamo ascoltando la quarta sinfonia o la settima o la nona, ma una monumentale Quinta sinfonia dai continui rimandi. Sbocciano e muoiono frammenti, impasti sonori che evocano l’ottocento più classico e pure ci fanno intravedere un novecento neanche tanto prossimo. Saltiamo a piè pari la rivoluzione mahleriana e ritorniamo con i piedi per terra quasi di fretta, dopo tanta musica, con un senso di irrisolto. Un viaggio luminoso con una porta aperta su di un panorama di cui non riusciamo a distinguere i confini.
Ci resta, di tanto in tanto in tanto, la rassicurante sensazione di aver respirato la stessa aria che respiravano Schubert e Dvorak, guarda caso abili maestri nel portarci per mano nei loro viaggi, prima di ritrovarci senza preavviso in un labirinto da sbattere la testa. Un percorso coraggioso e diametralmente opposto, dunque, ad una scuola interpretativa che oppone la rassicurante idea della maestosa cattedrale sonora che fonda le sue volte su massici ‑minacciosi?- pilastri accordali sempre uguali ed immutabili.
Questa sera non assistiamo ad una celebrazione ma siamo tutti insieme intenti a cercare di sciogliere una intricata sequenza di stati d’animo. “Giovani” spettatori (con orecchie nuove) con giovani musicisti.
Difficile evidenziare nel quadro di una direzione così sfaccettata dei singoli dettagli o sostare più di tanto su qualche momento ma è necessario, almeno, soffermarsi sui preziosi interventi dell'oboe solista nel secondo movimento, sulla precisione dei timpani sempre perfettamente inglobati nella massa sonora, sugli interventi dei corni, degli ottoni e del clarinetto.
Quando queste qualità si sommano alla precisione dei pizzicati e all'attenzione millimetrica nel dosare le varie esplosioni sonore andando a mutarne colori e dinamica per millimetriche variazioni all'ennesima ripresa del tema, si capisce quale livello di virtuosismo abbia raggiunto la direzione di Petrenko.
Ovviamente trionfo per tutti alla fine del concerto.