Finlandia o Italia ?
Un esercizio comune tra gli appassionati di musica è quello di fare un bilancio dei direttori d'orchestra di oggi, i leggendari, i grandi, i bravi, i meno bravi e le false glorie. Qualche anno fa questi elenchi erano esclusivamente maschili, ma l'arrivo (molto relativo) delle donne nella professione dovrebbe cambiare la situazione e il colore degli elenchi, anche se è troppo recente per iscrivere già delle leggende, anche se ci sono anche direttrici d'orchestra la cui competenza a volte ha preceduto di molto la recente ondata, penso a Susanna Mälkki o Simone Young.
Dovremo comunque aspettare un po' per vedere quanto sia necessaria una decantazione in questo settore, anche se oggi ci sono direttrici di grande livello e altre più mediocre, come in ogni panorama professionale.
La seconda tendenza prevalente è quella di affermare che, quando si parla di direzione d'orchestra, il punto di riferimento è la scuola finlandese, segnata dalla presenza di Esa-Pekka Salonen al vertice sul versante dei direttori di lunga carriera e, dall'altra parte, la carriera multipolare del direttore Shiva del nostro tempo, l'ancora molto giovane (28 anni) Klaus Mäkelä, che colleziona orchestre come altri collezionano perle (ma non le buche dei teatri d'opera, dove è singolarmente assente) e la cui molteplicità è il segno di un ottimo agente più che di una gestione prudente di carriera. Più singolarmente, à un segno del desiderio delle orchestre di chiamare giovani direttori musicali : il giovanilismo ha fatto ormai la sua comparsa in una professione in cui, singolarmente, anche dopo una buona carriera, anche se non necessariamente eccezionale, il tempo che avanza rende leggenda un direttore che non era tra i “top ten” vent’anni prima (penso alla giustificata esplosione di Herbert Blomstedt, che venti o trent'anni fa non era uno dei grandi riferimenti nel campo).
Resta comunque il fatto che, se da un lato ci sono sempre più giovani sui podi, e questo è un bene, dall'altro la piramide delle età si restringe drasticamente alla soglia dei sessant'anni dove ci son pochi direttori indiscussi.
Se parliamo della scuola finlandese, da cui arrivano a getto continuo le rivelazioni di nuovi grandi della bacchetta, mi stupisce non poco che la qualità della scuola italiana di direzione musicale e la sua vera supremazia nel mondo siano sempre e ovunque trascurate. Mai come oggi, e in tutti i settori della cosiddetta musica classica (e non "seria" come la chiamano alcuni giornalisti imbecilli), ci sono stati così tanti direttori d'orchestra italiani di altissima qualità che hanno disseminato i teatri d'opera e le sale da concerto.
L'attuale contributo della scuola italiana alla direzione d'orchestra supera quello della scuola finlandese, ed è una scuola di direzione da tempo radicata nella penisola (penso, ad esempio, a Franco Ferrara, o ad Antonino Votto, maestro di Riccardo Muti): basti pensare alla formazione del Conservatorio Giuseppe Verdi di Milano e al numero di importanti direttori d'orchestra che vi si sono diplomati.
Ascoltando di recente nel canale radio France-Musique un famoso programma di recensioni discografiche sull'Andrea Chénier di Giordano, sono rimasto sbalordito nel sentire il disprezzo in cui veniva tenuto un direttore d'orchestra come Gianandrea Gavazzeni, come se fosse un routinier di ultima specie. Chiunque abbia ascoltato Gavazzeni nelle sale da concerto o d’opera, e io sono una di quelle persone, è rimasto stupito dal modo in cui ha saputo dare rilievo e grandezza a un questo repertorio (penso in particolare a Fedora, dello stesso Giordano), ma in Francia in particolare, i direttori italiani di questo profilo sono stati a lungo liquidati come routine, per ignoranza e arroganza. Inoltre, se un tempo agli italiani veniva riconosciuto il merito nell'opera, ciò era meno vero a livello sinfonico, dove persino un Claudio Abbado della mia giovinezza era considerato indiscutibile nell'opera e molto discusso nella sinfonia.
La vitalità della scuola direttoriale italiana
Vorrei quindi dedicare questo editoriale alla straordinaria vitalità della direzione d'orchestra italiana, che attraversa tutte le fasce di età, con la sua leggenda, Riccardo Muti, poi subito dopo Riccardo Chailly con la sua gloriosa carriera sinfonica (Concertgebouw, Gewandhaus) e operistica (Scala), o Daniele Gatti che sta per arrivare alla Staatskapelle Dresden, non è da poco, e di cui si parla per la Scala. Questi sono i tre al vertice della piramide, la cui aura internazionale è indiscutibile.
Anche Gianandrea Noseda si è costruito una solida reputazione in ambito concertistico e operistico, in particolare a Torino e a Zurigo, ma non solo, e in una varietà di repertori (in particolare quello russo). Il suo attuale Ring a Zurigo ha suscitato grande interesse, ed è senza dubbio il quarto dei tre sopra citati.Roberto Abbado è un direttore d'orchestra elegante, spesso erroneamente considerato in Francia come un direttore anche lui di routine o di repertorio, cosa che non è. I suoi approcci possono essere discutibili, ma è un musicista riflessivo e di innegabile raffinatezza che si preoccupa profondamente dei cantanti, e che dirige anche molta musica sinfonica.
Fabio Luisi è un punto di riferimento molto apprezzato, soprattutto nell'opera, dove è uno dei direttori con il repertorio più vasto, amato dalle orchestre, capace di grandi serate (Forza del destino a Zurigo) e molto versatile (ha sostituito Levine nel Ring al MET ed è stato un Ring molto bello), più pallido in altri momenti, ma rimane uno dei grandi riferimenti per la direzione d'orchestra in Italia.
Carlo Rizzi, solido riferimento internazionale, così come Maurizio Benini e Marco Armiliato, sono direttori d'orchestra d'opera ricercati e affidabili che danno ai musicisti e ai cantanti una sicurezza indiscutibile. Anche se non sono necessariamente degli inventori, garantiscono il successo complessivo delle rappresentazioni.
Infine, Speranza Scappucci, cinquantenne, unica donna che è riuscita a imporsi a livello internazionale in un mondo che in Italia è ancora molto maschilista, direttrice musicale a Liegi, ma con una carriera internazionale ricca di successi, vivace, energica, dinamica, in cui si spera che altre direttrici italiane seguano le sue orme.
Tra i direttori di carriera già ben sviluppata da citare anche Marco Guidarini, direttore di lunga data a Nizza, così come il più recente Daniele Callegari, eccellente direttore d'orchestra e vero musicista, ed Enrique Mazzola, specialista del bel canto e del Grand Opera (ha diretto molte volte a Berlino e ovunque in Europa).
E poi c'è la generazione dei quarantenni, guidata da Michele Mariotti, direttore musicale a Roma, a lungo considerato rossiniano e belcantista, che ora sta ampliando in modo singolare il suo repertorio come i titoli diretti a Roma lo dimostrano, includendo opere sinfoniche. Di questa generazione fa parte anche Daniele Rustioni, che ha un ampio repertorio operistico che sta cercando di ampliare ancora (in particolare tedesco che sta affrontando con un certo successo); è uno dei direttori d'orchestra più amati dal pubblico di Monaco di Baviera e che inoltre ha iniettato un grande dinamismo nelle forze lionesi di cui è direttore musicale. A Lione ha appena diretto La Fanciulla del West e, soprattutto, una Dama di Picche assolutamente referenziale.
Tra i quarantenni annovero anche Jader Bignamini, uno dei direttori eccellenti della penisola, recentemente ascoltato e apprezzato in Adriana Lecouvreur a Parigi, e considerato da tutti come uno dei più competenti direttori d'opera, ma non solo (dirige molta musica sinfonica negli Stati Uniti), e Antonino Fogliani, regolarmente invitato a Monaco, Vienna e Ginevra, che è uno dei più apprezzati direttori delle orchestre dei teatri d'opera internazionali.
Questa forte presenza italiana si riscontra attualmente nei teatri internazionali con Francesco Ivan Ciampa, Giampaolo Bisanti, Antonello Manacorda, Nicola Luisotti, Sesto Quatrini, Giacomo Sagripanti, Michele Gamba che dirige molto e con grande successo alla Scala, Vincenzo Milletari, Andrea Battistoni, che presto dirigerà la nuova produzione di Tosca a Monaco di Baviera, Francesco Angelico, attuale direttore musicale dell'Hessisches Staatstheater di Kassel e che nella prossima stagione dirigerà Das Jagdgewehr (il fucile da caccia) di Thomas Larcher (2018) alla Bayerische Staatsoper nell'ambito del Festival Ja,Mai ! Umberto Clerici, direttore della Queensland Symphony in Australia, o Jonathan Brandani, eccellente direttore d'orchestra e vero analista di partiture che ha fatto carriera oltreoceano, in Canada e negli Stati Uniti. Ma ci sono anche alcuni giovani direttori sotto i trent'anni, come Alessandro Bonato, che è stato per due anni direttore principale della Filarmonica Marchigiana, e soprattutto Diego Ceretta, direttore principale dell'Orchestra della Toscana, che è uno dei giovani direttori più promettenti del mondo. È assolutamente necessario conoscerli e ascoltarli.
Infine, per esperienza personale, vorrei citare due nomi che ritengo importanti e che cominciano a comparire ovunque::
- Francesco Lanzillotta, uno dei direttori più competenti della penisola, preciso, pulito, drammatico, eccellente in Verdi e Rossini, ma anche in Mozart.
- Michele Spotti, ancora giovane (non ha nemmeno trent'anni), spesso visto in Francia (Lione, Tolosa, e ora direttore musicale a Marsiglia) che ha iniziato la sua carriera in modo intelligente, variando i repertori e soprattutto confrontandosi con il repertorio sinfonico per non rimanere confinato all'opera, uno dei pericoli per tutti i direttori italiani. Lo vedo come un grande del futuro.
Poi, last but note least, arrivati abbastanza tardi nella competizione internazionale i barocchisti italiani, a lungo nascosti dalla generazione francese o anglosassone, stanno esplodendo un po' ovunque, spesso con le loro orchestre ma non solo, come Rinaldo Alessandrini (Concerto italiano), Ottavio Dantone (Cappella Bizantina), Fabio Biondi (Europa Galante), Giovanni Antonini (Giardino Armonico), Andrea Marcon (fondatore dei Sonatori della Gioiosa Marca e ora direttore musicale della Barockorchester La Cetra di Basilea), Federico Maria Sardelli (Modo Antiquo), meno conosciuto all'estero, Francesco Corti, primo direttore ospite dell'orchestra il Pomo d'Oro, ed Enrico Onofri, fondatore dell'Imaginarium Ensemble e ora direttore musicale della Filarmonica Arturo Toscanini. Oggi sono tutti tra i grandi riferimenti di questo repertorio, molto richiesti ovunque.
Infine, vorrei segnalare tre personalità, tutte venute del campo barocco :
- Ricardo Minasi, violinista che ha collaborato con diversi ensemble barocchi ed è stato in passato associato all'Ensemble Il Pomo d'Oro, è attualmente Direttore Musicale del Carlo Felice di Genova, dove sta dirigendo Beatrice di Tenda (marzo 2024), e Direttore Musicale dell'Orchestra La Scintilla, l'ensemble barocco dell'Opera di Zurigo.
- Gianluca Capuano, organista, direttore di coro e direttore musicale de Les Musiciens du Prince Monaco, figura singolare nel panorama, sia come musicista che come filosofo, si è avvicinato tardi alla direzione musicale ed è diventato il direttore preferito di Cecilia Bartoli a Salisburgo e ora a Monte Carlo. La sua carriera è sempre più ampia : ha vinto il prestigioso Premio Abbiati come direttore d'orchestra dell'anno 2022 per la sua Alcina al Teatro del Maggio Musicale di Firenze. È spesso presente a Vienna (dove attualmente dirige Cenerentola – marzo 2024) e a Monaco di Baviera, dove ha ottenuto un trionfo personale in Semele di Handel al Festival 2023, e al Bolshoi ha trionfato in Ariodante (2021).
- Stefano Montanari, violinista che ha iniziato la sua carriera con Dantone alla Cappella Bizantina, è diventato un apprezzato direttore d'orchestra di Rossini, del belcanto e, naturalmente, del barocco, oltre che di Mozart, dove ha recentemente trionfato a Monaco di Baviera in Le Nozze di Figaro, oltre che in una ripresa di Cosi fan tutte. Lanciato come direttore d'orchestra da Dorny a Lione, ora dirige spesso anche in Italia, cosa che non accadeva fino a pochi anni fa. Il prossimo giugno dirigerà la trilogia della Regina di Donizetti a Ginevra.
L'elenco non è esaustivo, ma quale scuola di direzione musicale può mettere in fila così tanti direttori di qualità in tanti generi ?
Tuttavia, al momento ci sono due grandi punti deboli,
- L'assenza di direttrici d'orchestra riconosciute, un campo in cui la scuola scandinava e i Paesi baltici stanno producendo molte direttrici d'orchestra che spesso si vedono nelle sale da concerto e nei teatri nordici e germanici. Eppure ce ne sono sempre di più, come testimonia la pagina Facebook direttrici d'orchestra italiane. Tra loro c'è Valentina Peleggi, che fa carriera negli Stati Uniti.
- La familiarità con il repertorio sinfonico. Mentre i direttori d'orchestra barocchi si occupano contemporaneamente di opera, musica strumentale e oratorio, e quindi hanno una reale versatilità nel loro lavoro quotidiano, gli altri sono più conosciuti nell'opera, dove sono chiamati ovunque a dirigere il repertorio italiano. Questa è la debolezza del sistema, visto che il riconoscimento, soprattutto internazionale, viene dal repertorio sinfonico piuttosto che da quello operistico. Lo sanno bene i grandi nomi della direzione d'orchestra (Muti, Gatti, Chailly, Noseda), ma le generazioni successive se ne stanno gradualmente avvicinando, anche se non ancora abbastanza da poter vantare una fama internazionale in questo campo, come nel caso di un Mariotti o di un Rustioni, o anche di uno Spotti, che sono ben consapevoli dell'importanza del repertorio sinfonico per lo sviluppo della carriera.
In ogni caso, sarebbe giusto che i media, invece di limitarsi a invocare la scuola finlandese e l'insegnamento di Jorma Panula, che sta diventando un cliché – per non parlare dell'incredibile vivaio russo che la situazione geopolitica impedisce di sfruttare adeguatamente – sottolineassero più spesso la presenza permanente e storica di una scuola ancora più antica e radicata, la scuola italiana di direzione d'orchestra, capace di offrire oggi al mondo musicale il maggior numero di direttori d’opera, di direttori barocchi e di alcuni dei più grandi direttori d'orchestra di oggi, per non parlare dei grandi scomparsi (Claudio Abbado, Carlo Maria Giulini, Giuseppe Sinopoli, Victor De Sabata, Tullio Serafin, Arturo Toscanini ecc. ).