Gaetano Donizetti (1797–1848)
Anna Bolena (1830)
Tragedia lirica in due atti
Libretto de Felice Romani
Prima assoluta al Teatro Carcano, Milano il 20 dicembre 1830

Direzione musicale : Riccardo Frizza
Regia : Andrea De Rosa
Maestro del coro : Roberto Gabbiani
Scene : Luigi Ferrigno da un’idea di Sergio Tramonti
Costumi : Ursula Patzak
Luci : Enrico Bagnoli

Orchestra e Coro del Teatro dell'Opera di Roma

Enrico VIII : Alex Esposito
Anna Bolena : Maria Agresta
Giovanna Seymour : Carmela Remigio
Lord Riccardo Percy : René Barbera
Smeton : Martina Belli
Hervey : Nicola Pamio
Rochefort : Andrii Ganchuk

Prossime repliche 28 febbraio

Teatro dell'Opera di Roma, mercoledì 20 febbraio

Seconda tappa della trilogia Tudor donizettiana presentata all’Opera di Roma, l’Anna Bolena di Donizetti messa in scena da Andrea De Rosa è in cartellone sino al primo marzo. Eseguita in forma integrale, questa nuova produzione non ha convinto pienamente a causa di una direzione poco convincente, di una proposta scenica audace e di una protagonista corretta ma non pienamente ispirata.

Traduzione italiana a cura di Paolo Malaspina

Carmela Remigio (Giovanna Seymour) e Alex Esposito (Enrico VIII)

Due anni dopo Maria Stuarda, l’Opera di Roma prosegue nella rappresentazione della trilogia Tudor con Anna Bolena. Immersa nella penombra e nell’austerità, lontana dagli splendori del Regno d’Inghilterra, la corte di Enrico VIII con le pallide luci firmate da Enrico Bagnoli e le alte pareti grigliate prende rapidamente l’aspetto di una fortezza, il letto di Anna Bolena si trasforma in prigione dal momento in cui viene accusata di adulterio.

Maria Agresta (Anna Bolena)

Rinchiusa nella Torre di Londra, simboleggiata qui da una gabbia su più piani in cui attende il giudizio e la decapitazione, la seconda moglie di Enrico VIII si annulla, apprendendo dalle labbra della sua damigella e rivale, il tradimento di quest'ultima, ma accordandole in un ultimo sussulto il perdono e mostrando quindi la sua grandezza d’animo. Lo spettacolo, piuttosto convenzionale, si trascina a volte per le lunghe, per mancanza di una proposta scenica abbastanza potente. Come nel caso della Maria Stuarda, Andrea De Rosa insiste sul gelo che si interpone tra i personaggi i cui rapporti di ordine politico, conflittuale o d’amore generano una certa staticità che finisce alla lunga per affossare l'attenzione. La presenza dei cortigiani è ben gestita, ma le cose si complicano nel secondo atto durante il quale Bolena vaga senza motivo tra le dame e la sua "prigione-gabbia", per rifugiarvisi alla fine e per morire sotto gli occhi della nuova coppia reale, che assiste come in teatro, in prima fila, per seguire meglio l'esecuzione. Era davvero utile alla fine presentare la regina caduta e spogliata di tutti i suoi beni, con un paio di guanti rossi come Gilda ? La risposta è no. La presenza di Riccardo Frizza sul podio non aiuta.. Incapace di sostenere un tempo senza stravolgere la linea o distorcere la melodia, il direttore dà la sensazione di condurre un lavoro tutt’al più banale, nel peggiore dei casi senza interesse, gravemente privo di respiro, di tensione e che non offre che rari punti salienti.

Carmela Remigio (Giovanna Seymour)

Gli interpreti così guidati, messi a dura prova, hanno meritato nel tenere la testa alta e non essersi lasciati sommergere, in primo luogo Carmela Remigio, già presente nel 2017 come Elisabetta a fronteggiare la Maria Stuarda di Marina Rebeka, che interpreta qui con sicurezza Giovanna Seymour con una voce di soprano adatta al ruolo, rispetto alla tradizionale voce di mezzosoprano sovente alle prese con acuti difficoltosi. La sua esibizione non è elettrizzante, ma l'interprete affronta con convinzione questa acuta tessitura non lasciandosi impressionare né dal suo futuro marito né dalla sua rivale, specialmente nel secondo atto nel grande duetto che le trova ancora unite per un'ultima volta "Dio che mi vedi in core ".

Alex Esposito (Enrico VIII)

Alex Esposito insinuante seduttore, al tempo stesso brutale e padrone della situazione, domina quest’orco di Enrico, la sua bella voce di basso distillando con la stessa facilità ferocia, attacchi e carezze. Virtuoso impressionante, con una voce fluida e raffinata, René Barbera è un Percy di prima classe, ridonando spicco ad un personaggio troppo spesso inconsistente. Nel ruolo della protagonista, infine, Maria Agresta delude per il suo approccio privo di maestà e splendore. Alla ricerca del suo personaggio, esitando a dare carne e sostanza ad esso, in particolare al suo ingresso dove compensa la sua debolezza giocando con  le giovani dame, la cantante si risparmia per giungere più agevolmente alla scena finale. Se tutte le note ci sono e le riprese vengono eseguite abilmente variate, l'interpretazione è priva di colori e di emozione, se non forse solo alla fine in "Cielo a miei lunghi spasimi" dove la voce sembra volersi liberare e spiccare il volo. Martina Belli (Smeton), Andrii Ganchuk (Rochefort) e Nicola Pamio (Hervey) sono eccellenti comprimari, circondati da un coro solido e competente.

Ci vediamo fra due anni con Roberto Devereux ? …

Anna Bolena, regia Andrea De Rosa (Teatro dell'Opera di Roma, 2019)

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