Venezia
64esimo Festival internazionale di musica contemporanea

Venerdì 25 settembre 2020, ore 20
Arsenale, Teatro alle Tese

Cerimonia di consegna del Leone d’oro alla carriera
Luis de Pablo

Concierto para viola y orquesta
Prima esecuzione assoluta
Garth Knox, viola

Fantasias para guitara y orquesta
Prima esecuzione italiana
Thierry Mercier, chitarra

Orchestra di Padova e del Veneto
Marco Angius, direttore

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Domenica 27 settembre 2020, ore 20
Teatro Goldoni

Giorgio Battistelli
I Cenci
Teatro di musica da Antonin Artaud
Prima esecuzione italiana in lingua italiana
Giorgio Battistelli, musica e libretto

Carmelo Rifici, regia
Fabrizio Rosso, regia del suono
Alberto Barberis, Nadir Vassena, Lorenzo Grossi, live electronics
attori :
Roberto Latini, Anahi Traversi, Elena Rivoltini, Michele Rezzonico
Marta Ciappini, danza

Ensemble900 del Conservatorio della Svizzera Italiana
Marco Angius, direttore

Venezia, Biennale Musica, Teatro alle tese, Venerdi' 25 settembre 2020, ore 20/ Teatro Goldoni, Domenica 27 settembre 2020, ore 20

Due compositori contemporanei, Luis De Pablo, classe 1930, senza dubbio il più grande compositore spagnolo premiato con il Leone d'Oro, che ha aperto la rassegna 2020 con due composizioni del XXI secolo, tra cui una prima mondiale del 2018, e Giorgio Battistelli, con I Cenci, una composizione del 1997 che conserva il suo fascino e conferma le qualità drammaturgiche di uno dei maggiori compositori italiani di oggi.

 

 

Nella 64esima edizione della Biennale Musica, festival internazionale di musica contemporanea, da poco conclusa, l’apertura era dedicata a Luis de Pablo, decano dei compositori spagnoli, figura iconica nella musica e nella cultura della nostra epoca. L’omaggio è stato scolpito dall’attribuzione del Leone d’oro alla carriera : tributo doveroso a questo compositore, nato novant’anni fa nel Paesi Baschi, a Bilbao. Autodidatta da fanciullo, la spinta all’apprendimento musicale lo conduce dapprima a Madrid. Dopo qualche anno, per superare i confini tradizionalisti e conservatori della Spagna del tempo, Pablo entra in contatto con le esperienze e le figure più attive e vivaci sul fronte della nuova musica. Dalla Francia alla Germania, frequenta la Darmstadt di Maderna, Boulez, Stockhausen, e ne assorbe gli indirizzi di conoscenza e di novità, facendosi presto conoscere e apprezzare. Un bagaglio che infatti egli assorbe e rinnova, impegnandosi a fondo per superare l’arretratezza e l’isolamento della vita musicale spagnola, sotto la dittatura franchista. Sicché già dagli anni cinquanta, in patria, Pablo promuove associazioni e iniziative concertistiche, tese a diffondere la musica contemporanea, e anche a far conoscere altre realtà etnico-musicali extraeuropee.

Non a caso questa sua libertà di orizzonti, questa ricerca culturale è contrassegnata dal fatto che la maggior parte delle sue composizioni  – in un catalogo di oltre cento titoli –  abbia avuto la prima esecuzione al di fuori della Spagna. Un’apertura di vedute che ci induce a ricordare come Pablo abbia voluto affidare tutti i suoi manoscritti all’Archivio Petrassi di Latina. E non è secondaria la sua attività d’insegnamento in Europa, negli Stati Uniti, in Canada, oltre che nel Conservatorio di Madrid. Con un idioma molto personale, Luis de Pablo compone in tutti i generi musicali e per ogni formazione strumentale, con larga universalità di tecniche e contenuti. Frutto, questo, delle ampie conoscenze che, fin da ragazzo, egli ha assorbito nella sua insaziabile curiosità che, oltre alle ricerche musicali, lo ha orientato a letture di storia, antropologia, arti figurative, etnomusicologia. Ecco perché composizioni e scritti di Pablo documentano una conoscenza enciclopedica delle diverse culture musicali, anche di epoche passate.

Non poteva presenziare di persona alla cerimonia, Luis de Pablo, data l’età e i rischi del Covid-19. Ma la serata inaugurale è stata interamente occupata dalle sue pagine, cominciando dalla prima esecuzione assoluta del Concerto per viola e orchestra, composto nel 2018. Interprete il violista irlandese Garth Knox, al quale il pezzo è dedicato, e che nella sua carriera è stato componente di insiemi prestigiosi, quali l’Ensemble Intercontemporain e il Quartetto Arditti. Con Garth Knox, l’Orchestra di Padova e del Veneto, condotta da Marco Angius, suo direttore stabile. Davvero straordinaria la voce dello strumento di Knox, che con piglio intenso, comunicativo, ha saputo innescare echi differenti e suggestivi nel dialogo con l’orchestra. In un clima di trasognata poesia, con il peso di un accento caldo, incisivo, la viola ha illuminato il sapiente telaio della composizione  – grazie anche all’accorta concertazione di Marco Angius –  e via via ha intessuto un intenso colloquio con i diversi strumenti, lungo i tre episodi del Concerto.

È seguita, in prima esecuzione italiana, la Fantasia per chitarra e orchestra, pagina del 2001 affidata al solista Thierry Mercier, sempre con Marco Angius sul podio del complesso orchestrale. E anche da quest’ascolto è emersa la duttilità della scrittura di Pablo, sospinta da curiosità e ansia di ricerca, che intesse soluzioni avvincenti nello scambio tra chitarra e orchestra, alla luce dell’innata sensibilità drammaturgica che orienta il grande compositore spagnolo. Il chitarrista Thierry Mercier, e il complesso orchestrale, hanno disegnato un confronto serrato in continui scambi tra il solista e i diversi strumenti, secondo un disegno familiare al linguaggio di Pablo. Un caleidoscopio di idee che è ribadito nell’episodio conclusivo, dai cui nessi contrappuntistici affiorano profumi anticheggianti.

Era un personaggio perverso e violento, il conte Francesco Cenci, ricchissimo e potente funzionario della corte papale, vissuto a Roma nella seconda metà del Cinquecento. Alla figura di lui e alla tragedia della figlia, Beatrice Cenci, vittima della sua violenza incestuosa, era dedicato lo spettacolo I Cenci di Giorgio Battistelli.

© Studio Pagi

Non un’opera lirica, ma teatro di musica, precisa il compositore, che ha firmato anche il libretto. Il lavoro risale al 1997, e nasce in lingua francese, ma a Venezia si è avuta la prima esecuzione in lingua italiana. Lo spettacolo è ispirato dalla tragedia Les Cenci, di Antonin Artaud, che apparve a Parigi nel 1935, protagonista l’autore stesso. La stesura di Battistelli, nata a suo tempo in lingua francese e ora vòlta in italiano, modifica e riduce l’originale di Artaud, collocandolo in una cornice di teatro musicale. Anzi teatro “di” musica, sottolinea Battistelli, perché non c’è voce cantata, ma attori che recitano sorretti da un ensemble strumentale (con due set di percussioni), con musica elettronica dal vivo, e proiezione di filmati con gli stessi attori che sono presenti in scena.

Despota privo di scrupoli, anche nei confronti della propria famiglia, Francesco Cenci fu un soggetto torbido e dissoluto, spintosi fino ad abusare della figlia Beatrice, neanche ventenne. Quest’ultima, esasperata e indifesa, finì per organizzare insieme ad altri familiari e servitori l’omicidio del padre, camuffandolo da morte accidentale. Con la sua condotta violenta e spregiudicata, Cenci in passato aveva peraltro creato più d’un problema, giudiziario e di opportunità, alla corte di papa Clemente VIII. Ma, quando poco dopo l’assassinio di Cenci la verità venne a galla, la giustizia papale torturò e condannò a morte Beatrice e gli altri. Il che avveniva nel settembre 1599. A nulla valsero i pressanti appelli, che da più parti chiesero al pontefice di risparmiare la vita della giovinetta, date le sventurate circostanze in cui era maturato il delitto. Clemente VIII fu irremovibile, deciso ad affermare una giustizia esemplare, tanto più che il defunto era stato suo importante burocrate. Tanto per intenderci, si tratta dello stesso Clemente VIII che pochi mesi dopo, nel febbraio del 1600, mandò al rogo Giordano Bruno in Campo de’ Fiori. Ci penserà la Storia a rendere giustizia a Beatrice Cenci, la cui figura sarà rivalutata, in pittura dal dipinto attribuito a Guido Reni, e in letteratura a partire dalla tragedia di Percy Shelley a inizio Ottocento, oltre che nel teatro musicale, essendo subito assurta a eroina popolare, vittima di turpe violenza.

Col suo spiccato talento drammaturgico, Battistelli confeziona uno spettacolo di forte pregnanza. Intanto la recitazione prescrive agli attori un campionario di emissioni che dal sussurro vanno alle risa, alle grida, al pianto, a rumori gutturali, alla declamazione, al parlato. Ma poi il tutto è avvolto da una scrittura strumentale incisiva, a volte rovente, altre volte impalpabile, che diventa essa stessa musica fortemente teatrale. Non c’è un attimo di pausa, in questa partitura che si intreccia perfettamente con la scena e le proiezioni, in un’incalzante successione di episodi. L’Ensemble900 del Conservatorio della Svizzera Italiana è impeccabile sotto l’esperta bacchetta di Marco Angius, e rende con piena efficacia i chiaroscuri e le accensioni del lavoro di Battistelli, portandolo a una temperatura quasi espressionista nell’inesorabile incedere degli episodi verso la catastrofe. Convinti applausi tanto ai musicisti, quanto agli attori Roberto Latini, Anahi Traversi, Elena Rivoltini, Michele Rezzonico, e alla danzatrice Marta Ciappina, tutti guidati dalla regia di Carmelo Rifici.

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Francesco Arturo Saponaro
Francesco Arturo Saponaro ha esercitato a lungo l’attività di docente in Storia della musica, e di direttore in Conservatorio. Da sempre mantiene un’attenta presenza nel campo del giornalismo musicale. Scrive su Amadeus, su Classic Voice, sui giornali on line Wanderer Site e Succede Oggi. Ha scritto anche per altre testate : Il Giornale della Musica, Liberal, Reporter, Syrinx, I Fiati. Ha collaborato per molti anni con la RAI per le tre reti radiofoniche, conducendo innumerevoli programmi musicali, nonché in televisione per RaiUno e TG1 in rubriche musicali.

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