Gaetano Donizetti (1797–1848)
Lucia di Lammermoor (1835)
Libretto di Salvatore Cammarano dal romanzo di Walter Scott The Bride of Lammermoor (1819)
Prima assoluta,  Teatro San Carlo di Napoli il 26 settembre 1835
Direttore musicale : Andrea Sanguineti
Regia : Tatjana Gürbaca
Scene e luci : Klaus Grünberg
Collaborazione scene : Anne Kuhn
Costumi : Silke Willrett
Collaborazione costumi : Kerstin Griesshaber
Drammaturgia : Beate Breidenbach
Maestro del coro : Janko Kastelic
Lucia : Lisette Oropesa
Edgardo : Benjamin Bernheim
Enrico Ashton : Massimo Cavaletti
Raimondo Bidebent : Brent Michael Smith
Lord Arturo Bucklaw : Andrew Owens
Alisa : Roswitha Christina Müller
Normanno : Iain Milne

Chor der Oper Zürich
Philharmonia Zürich
Solo flauto : Maurice Heugen
Arpa : Una Prelle
Zurigo, Opernhaus, Sabato 4 giugno, Ore 19.00

Rimandato di un anno, Lisette Oropesa coglie un meritato trionfo personale nell’atteso debutto all’Opera di Zurigo nei panni di Lucia di Lammermoor. Il soprano americano è protagonista insieme a Benjamin Bernheim di uno spettacolo intelligente ed emozionante, la vicenda ambientata in una grigia Scozia d’interni della seconda metà del Novecento. Per un cast di ottimo livello una direzione musicale corretta ma poco attenta alle sfumature che non valorizza il colore di una delle più curate partiture donizettiane.

“Il compassionevole caso di Lucia di Lammermoor scritto con tanta valentia dal Romanziere Scozzese e tolto al subbietto dal nostro Poeta Drammatico signor Salvadore Cammarano aprivagli un vasto campo a dispiegare le sue felici ispirazioni. Un amore ardente e sventurato, un giuramento infranto per l’intrigo, le angosce, la gelosia, gli odî di famiglia, la disperazione, la morte formano un quadro luttuoso, il quale rivestito de’ dolci e ragionati accenti musicali che tutte queste cose riunite potevano ispirare ad un’anima veramente italiana, à prodotto nell’universale una vivissima impressione”
(“I Curiosi”, Napoli, a. I, n. 6, 1 ottobre 1835, p. 24)((Dalla cronaca pubblicata in occasione della prima rappresentazione del 26 settembre 1835, avvenuta presso il Teatro San Carlo di Napoli))
 
L’Autore di queste righe, tolte da una tra le più lungimiranti cronache dell’epoca scritte poco dopo la prima rappresentazione assoluta, la dipinse con mirabile precisione e ne colse l’essenza in quell’amore ardente e nei dolci e ragionati accenti musicali.
Troppe volte Lucia finisce per essere identificata sin dal primo momento come una figura fragile e perdente segnata dal destino, contro cui congiurano tutti gli elementi e l’insieme delle relazioni sociali che la intrappolano e la rendono mera vittima sacrificale. Ma possiamo domandarci, di fronte a questo quadro, che sentimento avrà mai potuto destare in Edgardo la pallida larva, piuttosto lagnosa per altro, o perché Arturo, fuor che forse per l’onore familiare, dovrebbe essere così interessato a questo matrimonio ? Messa così, con il progredire della vicenda, una scena dopo l’altra, ci immergiamo piuttosto che in una romantica ballata scozzese in un noir sfortunato e un po’ mal assemblato…Sino a qui la tradizione della maggior parte delle messe in scena tradizionali.
La musica di Donizetti ci mette, invece, su ben altra strada e merito principale della regista Tatjana Gürbaca è restituirci una credibile storia di passione e ardore giovanile che ha come protagonisti due ragazzi veri, prima di tutto. L’azione è spostata a metà Novecento, per una volta abbiamo dinanzi una Lucia ed un Edgardo belli e innamorati, una vita davanti agli occhi da vivere insieme e tante belle promesse.Edgardo e Lucia nel primo atto (Benjamin Bernheim, Lisette Oropesa)
Quanta tenerezza proviamo dal primo istante per quella Lucia che rientra in casa a notte fonda con le scarpe in mano, per non farsi sentire da Enrico. E nella grigia e squallida stanza che ospita il loro duetto d’amore, è sufficiente che Edgardo disegni un cuore trafitto sulla parete per far esplodere il colore di un tappeto di fiori di campo nel letto.
Edgardo (Benjamin Bernheim)
Siamo in sala per una proiezione di Happy Days((celebre sitcom trasmessa in America tra il 1974 e il 1984)) o per il capolavoro di Donizetti ? Certo alcune situazioni, soprattutto l’antefatto recitato da ragazzi nei panni dei protagonisti durante il preludio per cui una giovane Lucia viene salvata da un tentato abuso piuttosto che l’orgiastico “D’immenso giubilo”, saranno pur inutili e banali ma quello che conta è che alla fine l’attenzione è costantemente rapita da uno spettacolo bello, pieno di vita e di emozione dall’inizio alla fine.
Funzionale a tale concezione, la scena ideata da Klaus Grünberg, come i semplici costumi di Silke Willrett, è costituita dalla divisione dello spazio in stanze contigue piuttosto essenziali e funeree che, organizzate su una pedana circolare continuamente in rotazione, consentono ai personaggi di passare da una situazione all’altra senza soluzione di continuità. Visto e rivisto, ma per la prima volta il congegno scenico funziona alla perfezione e il movimento (miracolo) è impercettibile. Gran pregio !
Scozia dei tempi moderni con Normanno, Enrico e Lucia nel primo atto (Iain Milne, Massimo Cavalletti, Lisette Oropesa)
 
Per Lisette Oropesa arriva finalmente anche il debutto zurighese, originariamente previsto la scorsa stagione con questa produzione e rimandato all’ultimo momento((I due protagonisti furono Piotr Beczała e Irina Lungu)) ed un merito successo personale. Il soprano americano si conferma belcantista raffinata e completa, come già nella recente Giulietta milanese ((leggi anche https://wanderersite.com/it/2022/02/lintelligenza-che-accende-la-passione/)), sfoggiando una voce piena ed omogenea lungo tutta l’estensione, musicalità controllata dal buon gusto che le impedisce di perdersi in bamboleggiamenti. La precisione quasi strumentale con cui affronta il ruolo non le impedisce un coinvolgimento che le consente di disegnare un’adolescente Lucia piena di vita e innamorata persa nell’aria di sortita e nel duetto amoroso.
Lucia e Alisa nel primo atto (Lisette Oropesa, Roswitha Christina Müller)

Con queste premesse, insolitamente rilevante è in questa edizione, dunque, il successivo duetto con Enrico che si svolge, per una volta, tra due figure determinate che si confrontano sullo stesso piano.Si presenta, infine, all’appuntamento di una trionfale pazzia finale con una figura allucinata, non immemore dell’incubo di quell’ava uccisa presso la fontana del parco, ma mai esangue, sfoggiando tecnica e sicurezza in ogni nota, espressiva e non spericolata alla maniera di celebri soprano coloratura leggeri d’altri tempi. Un meritato trionfo personale.
La pazzia di Lucia davanti ad un attonito Enrico (Lisette Oropesa, Massimo Cavalletti)
Benjamin Bernheim ha vestito i panni di Edgardo contribuendo ugualmente a rappresentare una coppia di amanti scenicamente perfetta. Vocalmente la sua è una prestazione di rilievo, potendo sfoggiare una voce sana e di bel colore, sicura negli acuti e caratterizzata da un’ottima dizione. Avremmo desiderato a maggior ragione un fraseggio più vario e un maggior approfondimento delle dinamiche, esprimendosi egli con un canto monocromo troppo spesso tendente unicamente al forte.
Di buon livello l’Enrico di Massimo Cavalletti, anch’egli scenicamente ben caratterizzato nel ruolo del fratello malvagio, che sfoggia all’inizio canto preciso e intonato nella insidiosa aria di sortita, e raramente incontra alcuni affanni nel passaggio e negli estremi acuti.
Ugualmente buone le prove degli altri artisti impegnati nei ruoli minori dell’opera, tra cui è giusto ricordare in particolare il preciso Raimondo del basso Brent Michael Smith, a sostituire il previsto Vitalij Kowaljow, e il sonoro Arturo di Andrew Owens.
In bilico tra monotonia e mano pesante la direzione di Andrea Sanguineti ha il solo pregio di assicurare un onesto accompagnamento, senza sfasamenti tra buca e palcoscenico. Il quadro sonoro è troppo spesso dominato da legni e ottoni, un peccato che per emozionarsi al suono degli archi occorra attendere il solo del violoncello durante la morte di Edgardo. Poca cosa, ancor più avendo a disposizione delle belle voci da valorizzare e sostenere e gli ottimi complessi del Teatro.
Applausi finali per tutta la compagnia
Al termine dello spettacolo prolungati applausi per tutti gli interpreti, con una vera e propria ovazione per Oropesa e Bernheim.

Avatar photo
Paolo Malaspina
Paolo Malaspina, nato ad Asti nel 1974, inizia a frequentare il mondo dell’opera nel 1989. Studia privatamente canto lirico e storia della musica parallelamente agli studi in ingegneria chimica, materia nella quale si laurea a pieni voti nel 1999 presso il Politecnico di Torino con una tesi realizzata in collaborazione con Ecole Nationale Supérieure de Chimie de Toulouse. Ambito di interesse musicale : musica lirica e sinfonica dell’ottocento e novecento, con particolare attenzione alla storia della tecnica vocale e dell'interpretazione dell'opera lirica italiana e tedesca dell'800.
Crediti foto : © T+T Fotografie / Toni Suter + Tanja Dorendorf
© Wanderersite (Applausi finali)

Per completare la lettura

Autres articles

LAISSER UN COMMENTAIRE

S'il vous plaît entrez votre commentaire !
S'il vous plaît entrez votre nom ici