Nicola Porpora (1686–1768)
L'Angelica (1720)
Serenata a sei voci e strumenti
Libretto di Pietro Metastasio

Direzione musicale : Federico Maria Sardelli
Regia scene e costumi Gianluca Falaschi,
Luci, Pasquale Mari
Movimenti coreografici, Mattia Agatiello
Fattoria Vittadini

Angelica, Ekaterina Bakanova
Orlando, Teresa Iervolino
Medoro, Paola Valentina Molinari
Lìcori, Gaia Petrone
Tirsi, Barbara Massaro
Tìtiro, Sergio Foresti

Orchestra La Lira di Orfeo

 

 

Martina Franca, Cortile del Palazzo Ducale, 30 luglio 2021, Ore 21

Terza produzione del Festival della Valle d'Itria, L'Angelica (1720) di Nicola Porpora era un'opera attesa per diverse ragioni, oltre alla sua rarità. In primo luogo, è un'opera più leggera, una serenata, e quindi un genere particolare, più consono agli spazi privati ; in secondo luogo, è il primo libretto di Pietro Metastasio ; in terzo luogo, è la prima apparizione in scena di un giovane castrato, Carlo Broschi, che i posteri ricorderanno come Farinelli ; infine, la realizzazione scenica è la prima regia di Gianluca Falaschi, conosciuto e apprezzato come costumista molto inventivo.

 

 

Due motivi di grande curiosità erano legati a L’Angelica, opera di Nicola Porpora (1686–1768) andata in scena quest’estate nel 47° Festival della Valle d’Itria, a Martina Franca in Puglia. Primo : l’esordio di un ventiduenne Pietro Metastasio (1698–1782) nella veste di poeta per musica, proprio con il libretto di questo spettacolo. Secondo : il debutto, sempre in quest’opera, del quindicenne Carlo Broschi, che poi nel secolo XVIII diverrà, sotto il nome di Farinelli, il più celebre cantante castrato. L’Angelica apparve nel 1720, all’avvio del periodo napoletano di Metastasio, per onorare il compleanno dell’imperatrice Elisabetta Cristina  – Napoli era in quegli anni un vicereame austriaco –  e fu allestita nel palazzo del nobile Antonio Carmine Caracciolo. La composizione fu presentata come “serenata per sei voci e strumenti”. Perché “serenata”? Perché quest’ultima era in quel tempo una forma creativa ridotta e contenuta, rispetto al più importante “dramma per musica”. Spesso, inoltre, la serenata prevedeva anche le danze e il coro, ingredienti ereditati dalle antiche feste del tardo Rinascimento.

Metastasio attinge il soggetto dall’Orlando furioso di Ludovico Ariosto ; ma, ai personaggi ariosteschi  – Angelica, il suo innamorato Medoro, Orlando, Tìtiro –  aggiunge una coppia di giovani pastorelli : Licòri, figlia di Tìtiro, e il suo spasimante Tirsi. Sei figure, dunque : un impianto che rimarrà prevalente nella lunga e fortunatissima serie di libretti metastasiani. Ne L’Angelica il grande poeta spinge quindi la vicenda ariostesca a sconfinare nell’ambiente bucolico e idealizzato dell’Arcadia. Scelta originale, perché invece nei testi per serenata del primo Settecento, per lo più ispirati a poemi di argomento cavalleresco, non erano consueti i riferimenti ad ambiente e personaggi agro-pastorali. Si preferiva, piuttosto, contaminare la cornice cavalleresca con motivi mitologico-allegorici, utili a esaltare la funzione edificante e celebrativa della serenata. E ciò anche in altri libretti consimili dello stesso Metastasio. In ogni caso, ci sembra rilevante notare che il poeta romano, in questo suo primo testo per musica, affermi con chiarezza i lineamenti della propria poetica. Per lui, il testo letterario, il libretto, è l’asse portante dello spettacolo, che si impone come vero e proprio copione teatrale, con tutti i suggerimenti per la realizzazione e il movimento in palcoscenico. Un asse al quale devono far riferimento obbligato le componenti, tendenzialmente autonome, della musica e della messa in scena.

Ne L’Angelica la musica è, come si è detto, di Nicola Porpora, celebre esponente della scuola operistica napoletana, nonché ricercatissimo maestro di canto nella sua epoca. E Porpora, da parte sua, imprime qui la sua mano di operista di alta qualità e prestigio. La partitura rivela la stoffa del compositore esperto e autorevole, che sa attribuire il dovuto risalto musicale ai momenti decisivi della vicenda, e tratta il recitativo stesso con sottolineature che lo traducono in efficace plasticità. Né Porpora si fa scrupolo, di fronte al giovane letterato, di sforbiciare e tagliare i recitativi quando questi non rivestono valore drammatico, e anzi rallentano l’azione. Sicché è da lui attentamente curata la fluidità musicale delle connessioni tra recitativo e aria : l’estro melodico è spesso squisito, la strumentazione è attenta alle rifiniture, la forma è sempre calibrata. La stoffa del compositore consumato emerge dalla varietà di soluzioni tematiche, armoniche, ritmiche, strumentali, che assecondano e arricchiscono la drammaturgia. Più interessante e avvincente, comunque, la seconda parte dell’opera. Basti l’esempio delle sublimi sonorità notturne che rivestono l’aria di Medoro, Bella diva all’ombre amica, con accompagnamento di violoncello solo e basso continuo. Una pagina disegnata su una lunga melodia tenue e nostalgica, senza virtuosismi e colorature, che incanta l’ascoltatore col suo profumo evanescente. Grande merito, in quest’allestimento di Martina Franca, va riconosciuto al soprano Paola Valentina Molinari, che ha dipinto questa pagina con timbro limpidissimo e impeccabile dosaggio dei fiati : un acquerello di memorabile, trasparente delicatezza.

Per un recupero così particolare, il Festival della Valle d’Itria ha affidato la direzione de L’Angelica a Federico Maria Sardelli, sul podio del complesso orchestrale La lira di Orfeo. Grande esperto di questo repertorio, Sardelli ha concertato con mano sicura e attenta consapevolezza drammaturgica ; non sempre l’orchestra, però, gli ha corrisposto con adeguata sensibilità. Molto bravi i cantanti. Nel ruolo eponimo, Ekaterina Bakanova ha esibito, oltre alla presenza scenica, una vocalità limpida ed espressiva, con bella sicurezza nelle difficili colorature.

Nei panni di Orlando, Teresa Iervolino disegna un’attenta linea stilistica, con una morbidezza vocale che la conduce a fraseggiare con agiata cognizione e con le tinte dovute. Si è detto del Medoro di Paola Valentina Molinari, che anche tra impervie agilità è apparsa impeccabile. Molto apprezzabili Gaia Petrone, una Licòri resa con pregevole sensibilità, Barbara Massaro, che si è fatta valere nel ruolo di Tirsi, che all’epoca era stato del quindicenne Farinelli, e Sergio Foresti, solido e affidabile Tìtiro. Debole il progetto visivo di Gianluca Falaschi, autore di regia scene e costumi, con luci di Pasquale Mari : una tavola imbandita di arredi vari, attorno alla quale tutto succede  – anche con figure gender, oramai è una moda senza scampo –  non risolve le esigenze drammaturgiche. Eleganti come sempre gli artisti della Fattoria Vittadini, mimi dalla grazia disinvolta e impalpabile.

Avatar photo
Francesco Arturo Saponaro
Francesco Arturo Saponaro ha esercitato a lungo l’attività di docente in Storia della musica, e di direttore in Conservatorio. Da sempre mantiene un’attenta presenza nel campo del giornalismo musicale. Scrive su Amadeus, su Classic Voice, sui giornali on line Wanderer Site e Succede Oggi. Ha scritto anche per altre testate : Il Giornale della Musica, Liberal, Reporter, Syrinx, I Fiati. Ha collaborato per molti anni con la RAI per le tre reti radiofoniche, conducendo innumerevoli programmi musicali, nonché in televisione per RaiUno e TG1 in rubriche musicali.

Autres articles

LAISSER UN COMMENTAIRE

S'il vous plaît entrez votre commentaire !
S'il vous plaît entrez votre nom ici