In questi tempi di confino, si sistema la casa, si legge, si ascoltano dischi ; ed è ascoltando Maria Stuarda con Leyla Gencer (e Shirley Verrett, Dir.Francesco Molinari-Pradelli ) data nel 1967 a Firenze che mi sono tornati i ricordi di questa grande cantante che ho conosciuto di persona quando aveva una certa età.
Quindi ho chiesto a Maurizio Jacobi, che l’ha conosciuta ai tempi della Bottega del Teatro Comunale di Treviso, un articolo per commemorarla, data la sensibilità che ha dimostrato nell'evocare Peter Maag, ma la lettura mi ha anche fatto venire voglia di scrivere di lei.
Forse questo è il momento di cronache del tempo del tempo passato, così che rimangano tracce anche personali da condividere con i lettori appassionati di opera, che non hanno avuto la possibilità di avvicinarsi a tali monumenti, e che al momento sono particolarmente privi di avvicinarne altri (se ce ne sono di comparabili) e, data la cascata di cancellazioni, probabilmente lo saranno ancora per molto tempo a venire.

Per capire l'importanza di questo incontro con Leyla Gencer, bisogna tornare all'inizio del mio interesse per l'opera (un'altra cronaca evocherà forse questi momenti).
Quando ho iniziato ad andare a teatro e ad ascoltare dischi, ancora ignorante e curioso di tutto, ho letto avidamente molti critici musicali per scoprire quali opere conoscere e quali cantanti fossero da ascoltare assolutamente.
Leyla Gencer era una delle grandi, ingigantita e glorificata dalla stampa specializzata, soprattutto dal suo più costante lodatore, Sergio Segalini, ormai deceduto, che evocava calorosamente le esibizioni in cui cantava… perché Leyla Gencer non cantava in Francia e comunque cantava poco fuori dall'Italia.
In Italia è stata una grande star, e ha cantato regolarmente fino alla fine degli anni Settanta. Arrivò sul mercato lirico alla fine degli anni Cinquanta, in contemporanea con la Sutherland di cui condivideva il repertorio. Il mercato discografico non poteva supportare troppe dive con un profilo simile, e così Gencer parte per il suo volere e parte per la situazione del mercato ha registrato poco. Ma è stata senza dubbio la più piratata delle cantanti, e i dischi che abbiamo di lei sono essenzialmente Live, dove scopriamo questa tecnica superiore, questo timbro scuro e questo modo quasi unico di cantare un ruolo.

Così ho vissuto i miei primi anni d’opera scoprendo questa voce attraverso il disco, ma ho avuto la possibilità di ascoltarla una sola volta, la mia prima sera alla Scala (che simbolo!), ed è stato alla Piccola Scala, la vigilia di un Boris Godunov di Liubimov che Claudio Abbado dirigeva alla "grande" Scala.

La locandina della mia prima serata alla Scala

Volevo assolutamente sentire il mito che si era costruito nella mia testa, ma, in questa occasione, lei cantava un repertorio lontano dal suo e dei ruoli che hanno fatto la sua gloria e che avevo sognato di sentire. Era infatti Lady Billows nell’ Albert Herring di Benjamin Britten… In tempo di carestia pane di vecce, ma comunque, lei era lì, in carne e ossa, nella bella cornice della Piccola Scala stupidamente distrutta durante i lavori del 2000.

Avendo vissuto a Milano per un bel po' di tempo e frequentando la Scala quotidianamente o quasi quotidianamente, La si vedeva spesso in teatro, o in concerti dedicati a giovani cantanti : era all’epoca, come la Tebaldi , la Simionato, o Valentina Cortese, uno dei personaggi nel mondo dell'opera scaligera.
Nel 1992 sono stato invitato nella commissione giudicatrice del Concorso Toti dal Monte di Treviso, concorso importante per l'epoca e allora quasi unico nel suo genere. L'obiettivo era quello di scegliere un cast completo per un'opera da rappresentare a Treviso in autunno, i cui vincitori sarebbero stati formati e preparati dalla Bottega che Peter Maag aveva fondato (ved. gli articoli di Maurizio Jacobi su Peter Maag e Leyla Gencer).
E oltre a Peter Maag, c'erano, come era accaduto anche nella commissione del 1991 e ci ha ricordato Maurizio Jacobi nel suo articolo, nientemeno che Magda Olivero, Leyla Gencer, Regina Resnik, quei tre mostri sacri che facevano parte dei miei miti giovanili. L'opera in concorso era La Sonnambula e la giuria si era spaccata in due al momento del dunque : chi premiare tra una brava giovane coreana o Patrizia Ciofi ? La giuria non ha premiato Patrizia Ciofi. Errare humanum est.

Magda Olivero era scultorea : aveva la fissità della statua, non diceva altro che sì o no all'audizione dei candidati, Regina Resnik girava attorno al resto della giuria per discutere e Leyla Gencer, con un aforisma, una frase umoristica o cinica, lasciava cadere il suo verdetto. Tre modalità diverse. Magda era molto riservata, Regina era la più comunicativa. Leyla era per me un po' altera e distante.

Ma come spesso accade nei concorsi, i rapporti tra i membri della commissione si creano durante i pasti.
E lì, Leyla era ben lontana dal ritratto non sempre lusinghiero che mi era stato fatto di lei : era infatti vivace, dotata di senso dell'umorismo, sensibile e molto reattiva, era particolarmente commovente se si trattava di parlare della Turchia (era ovviamente fortemente a favore dell'ingresso della Turchia nella "Comunità" europea, come dicevamo all'epoca).

La statua di Leyla Gencer di fronte all'Opera di Ankara

Viveva a Milano, in un superbo appartamento nel centro della città, ma non aveva mai smesso di mantenere i legami con il suo paese d'origine, che visitava spesso, e che non ha mai smesso di onorarla. Era molto attenta agli altri. Ero all'epoca di un'obesità piuttosto problematica e lei si sedeva volontariamente a tavola davanti a me per "guardarmi" e limitare i miei impulsi verso un cibo sempre abbondante e delizioso – lo sa chi conosce il Veneto -, mi rimproverava con vera sollecitudine che mi sorprendeva e commuoveva . Ci vedremmo poi spesso a Milano e frequentavo regolarmente i suoi corsi di perfezionamento.

Non era una di quelle cantanti che, ascoltando un principiante, metteva istintivamente a confronto il proprio passato e il proprio modo di cantare : ascoltava prima di tutto la tecnica, l'accuratezza – a volte con un po’ di irritazione – ma aveva un rapporto pur senza concessioni ma umano con i suoi allievi. Ho partecipato a pasti in cui era circondata dai suoi allievi e si sentiva che scorreva non solo l'ammirazione ma anche l'affetto, per cui c'era un'atmosfera davvero calorosa. Era una di quelle donne dalle grandi frequentazioni pubbliche, che sapeva come proteggersi quando ne aveva bisogno, ma che sapeva anche lasciarsi andare quando nasceva la fiducia.
Ho un ricordo molto forte di una di queste masterclass da qualche parte nell'hinterland del nord di Milano. Una giovane cantante si faceva sentire, Leyla stava su uno sdraio (aveva problemi alle gambe), io ero nelle ultime file e una voce mi sorprese per la precisione, per la freschezza vocale, per la bella tecnica. Ovviamente la mia attenzione era stata catturata e pensavo fosse una giovane ragazza eccezionalmente dotata, ma mi sono presto reso conto che non era lei che cantava, ma ascoltava Leyla che le faceva sentire come avvicinarsi all'aria con una voce sorprendentemente giovane, e delicata. Cantava (all'epoca aveva 75 anni) e sono stati due o tre minuti incredibili. Si è fermata molto rapidamente, rifiutando di spostare l'interesse su di lei.  Che momento !

Ascoltando le sue registrazioni, si rimarrà stupiti dalla sua tecnica, dalla sua personalità, dall'effetto prodotto sul pubblico (entusiasta) e dalla voce cupa e imponente, permettendosi anche effetti inaspettati da dare il brivido con un canto eminentemente moderno, pensato, di una presenza incredibile.

Ancora una volta, se si vuole capire cosa significa cantare, posso solo fare riferimento alle sue registrazioni pirata e ai pochi estratti di youtube che si trovano online, e che aiutano a mettere ordine nelle idee e nelle gerarchie.

 

 

 

 

 

 

 

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