Quando ci rivolgiamo al recente passato, ci accorgiamo che ormai Abbado ha raggiunto i “miti del passato”, come Toscanini, Walter, Furtwängler, Karajan, ognuno con un profilo specifico, insostituibile, ciascuno legato al tempo in cui si è svelata la sua arte.
Abbado non può quindi rinnovare in noi stupore e emozione in diretta ; è ormai inscritto nel nostro immaginario musicale. Ma non soltanto.
Per coloro che hanno vissuto molti anni “scanditi” dai suoi concerti e dalle sue rappresentazioni d’opera, si è aperto un vuoto che va al di là della musica stessa, è il vuoto per l’assenza dell’attesa che la precedeva, delle serate senza fine ad evocare le emozioni provate, in sé effimere ma in realtà così durature.
Un’iniziativa recente su RbbKultur, radio berlinese, sta facendo comprendere bene quale fosse la personalità di Claudio Abbado : in una serie di 26 puntate il giornalista Kai Luehrs-Kaiser sta raccontando il percorso artistico di Abbado, con ascolti scelti in modo molto accurato e intelligente. Un omaggio che parte dagli esordi e attraversa ovviamente il periodo berlinese di Abbado, successore di Karajan alla guida dei Berliner Philharmoniker.
Sempre a Berlino è stato accolto l’archivio personale di Claudio Abbado, presso la Staatsbibliothek di Berlino. Non c’è che dire : fra Abbado e Berlino si è intessuta una forte relazione, sulla quale sarebbe appassionante riflettere.
A sette anni dalla sua scomparsa molti di noi si interrogano sulle tracce indelebili che Abbado ha lasciato in noi ; per molti è stato un maestro di vita, nel senso che attraverso di lui abbiamo imparato qualcosa di più del mondo e di noi stessi. E questo non perché esponesse una sua particolare filosofia : tutto quello che aveva da dire lo esprimeva nella musica e, se doveva parlare, preferiva parlare di calcio !
Ognuno di noi ha il suo ascolto “shock”, il suo incontro memorabile con Claudio Abbado : può essere il Don Carlo del 1968 o quello del 1978 alla Scala, oppure il Simon Boccanegra, o Boris Godunov, oppure una sinfonia di Mahler coi Berliner o con la London, Il Tristano a Salisburgo, l’elenco non finirebbe mai. Sarebbe interessante chiedere a ognuno degli ex-abbadiani itineranti quale sia stata la sua serata indimenticabile.
Nonostante un’innegabile “dipendenza” che Abbado ha creato nella sua vasta schiera di estimatori, nessuno ha sviluppato un fanatismo esclusivo, anzi, si può dire che ci abbia educato alla “tolleranza musicale”; del resto una cosa che ripeteva sempre era che prima di tutto bisogna essere capaci di ascoltare, di ascoltare tutti.
L’altro aspetto meraviglioso era che ogni volta si trattava di una scoperta nuova : le sue interpretazioni non erano mai a imitazione di altre celebri e mai uguali nemmeno a se stesso. Partiture arcinote brillavano di nuova luce sotto la sua bacchetta. Il suo rapporto con la musica è sempre stato intimo, interiore, non è stato mai corrotto dalla ricerca del successo o della convenienza, di qualsiasi tipo.
E’ stato sicuramente il suo modo di porsi verso la musica, con un atteggiamento umile e profondo al tempo stesso, nella ricerca dell’essenza della musica per diventarne il tramite verso l’ascoltatore, a produrre tante interpretazioni indimenticabili : non hai mai voluto essere un protagonista, non un direttore-dittatore, ma un servitore della musica, se così si può dire. E’ così che ha indotto in chi lo ha amato e seguito in tanti anni un atteggiamento di apertura all’ascolto, di disponibilità, di desiderio di condividere, in definitiva di gioia sia individuale che collettiva. Gioia che continua a rivivere in noi nel suo ricordo.
Grazie, Claudio, ancora una volta.