Sono già in vendita da qualche giorno i biglietti per il festival Donizetti Opera del 2017 (www.donizetti.org, www.vivaticket.it). La manifestazione, dedicata da Bergamo al suo “figlio” più illustre, si svolgerà dal 22 novembre al 4 dicembre prossimi. E poiché il Teatro Donizetti, la sala più grande della città (1.100 posti circa), sarà in ristrutturazione, tutti gli appuntamenti, giocoforza, si terranno tra le antiche mura veneziane di Bergamo Alta, tra la deliziosa bomboniera del Teatro Sociale (500 posti circa, costruito ai primi del 1800 su progetto di Leopoldo Pollack, allievo del Piermarini, il padre del Teatro alla Scala), e i fastosi interni rinascimentali e barocchi della basilica di Santa Maria Maggiore. La necessità diventa virtù, insomma, e soprattutto un’occasione in più per visitare i “sacri” luoghi donizettiani che si trovano negli immediati dintorni : la cupa, fredda, umida, poverissima casa natale del Maestro, in Borgo Canale, e il Museo Donizettiano con i suoi cimeli, allestito fin dai primi del ‘900 nell’antico palazzo dell’Opera Pia Misericordia Maggiore.
I titoli operistici, scelti con il supporto scientifico della Fondazione Donizetti diretta da Paolo Fabbri, saranno concentrati in due weekend consecutivi, e sono rarità : di Donizetti, il giovanile Pigmalione, suo debutto assoluto nel teatro musicale, scritto nel 1816, e Il borgomastro di Saardam, anno 1827, opera buffa del periodo napoletano ; di Johann Simon Mayr, invece, il maestro bavarese (ma bergamasco di adozione) che di Donizetti fu mentore e insegnante, e che è sepolto accanto a lui a Santa Maria Maggiore, la breve farsa Che originali !.
Di richiamo ancora maggiore, però, sono tre altri appuntamenti che completano il festival : anzitutto, lunedì 4 dicembre, al Teatro Sociale, il recital di Juan Diego Florez (al suo unico appuntamento italiano dell’anno : ci sarebbe già una lista d’attesa), accompagnato al pianoforte da Vincenzo Scalera ; inoltre, mercoledì 29 novembre, “compleanno” di Donizetti, nella cornice di Santa Maria Maggiore, la Messa da Requiem che il Maestro di Borgo Canale scrisse per la morte di Bellini (direttore Corrado Rovaris, il soprano Carmela Remigio tra i solisti); e infine, giovedì 30 novembre, di nuovo al Sociale, il Pygmalion, scena lirica-melologo scritta dal filosofo ginevrino Jean-Jacques Rousseau, su musica di Horace Coignet e dello stesso Rousseau, con la voce recitante dell’antropologo francese Marc Augé (Ruben Jais dirige l’orchestra laBarocca).
Per Francesco Micheli, direttore artistico, il festival vuole essere “una lunga festa di compleanno” offerta al genio del luogo. Una festa accompagnata da slogan giovanilistici e ammiccanti come “Donizetti è rock” o “Donizetti revolution”. I lusinghieri risultati di pubblico e di botteghino ottenuti nel 2016 (l’anno di Rosmonda d’Inghilterra, di Olivo e Pasquale, di un recital di Leo Nucci e di un concerto straordinario diretto da Riccardo Muti alla testa dell’Orchestra “Cherubini”) parrebbero dargli ragione. Micheli ha 45 anni, è bergamasco, si è formato a Milano tra la scuola “Paolo Grassi” e l’Aslico, è direttore artistico allo Sferisterio di Macerata e da tre anni, ormai, è tornato a casa. Anche nella sua città, come ha fatto altrove, per esempio mettendo in scena rassegne liriche sperimentali come Opera Off, veste i panni del divulgatore brillante. Al quotidiano locale più importante, l’Eco di Bergamo, di recente ha detto : “L’opera è come una nonna. Sembra provenire da un altro mondo, poi però scopri che può essere più vicina a te che non i tuoi genitori. Ecco, io sono come la badante della lirica…”. Il suo scopo dichiarato è quello, da “badante”, di attrarre pubblico giovane. In questa direzione vanno le “anteprime under30” delle opere in cartellone (in pratica, prove generali riservate ai giovanissimi, con biglietti a 10 euro) e, in questo 2017, Il tormentone, un lavoro teatrale di nuovo allestimento tratto dalla farsa di Mayr Che originali ! e riservato al pubblico delle scuole : vi si cimenteranno, tra gli altri, gli allievi del Laboratorio sulla vocalità donizettiana e l’ensemble dell’Accademia del Teatro alla Scala.
Passando invece alle scelte artistiche di fondo : i titoli di quest’anno, tutti, sono nuovi allestimenti e produzioni della Fondazione Donizetti. Formano un cartellone raccolto, quasi intimo, e non solo perché andranno in scena nel prezioso scrigno del Teatro Sociale.
Pigmalione (che sarà rappresentato il 25 novembre e l’1 e il 3 dicembre in coppia con la farsa di Mayr Che originali!, nel cui cast figurano Bruno De Simone e Chiara Amarù) è un esile atto unico, una “scena drammatica” di argomento mitologico che Donizetti scrisse tra il settembre e l’ottobre del 1816, a 19 anni di età, quando ancora era allievo del liceo musicale bolognese di Padre Stanislao Mattei, dove aveva studiato anche Rossini. È stato rappresentato per la prima volta in assoluto soltanto il 13 ottobre 1960, proprio a Bergamo, direttore Armano Gatto. Il musicologo e regista teatrale Francesco Bellotto ne scrisse in modo non molto favorevole, si direbbe : “Non siamo certi che l’opera –anche in considerazione di una certa modestia di intenti spettacolari (è qualcosa di appena più complesso di una cantata per tenore solo, con un ridotto intervento di un soprano alla conclusione)- avesse ricevuto al tempo occasione per una rappresentazione pubblica in forma scenica…”. Si preannuncia quindi come una sfida importante quella di dare dignità a questo lavoro. Ci proveranno interpreti di tutto rispetto, come il celebre tenore Antonino Siragusa, il soprano Aya Wakizono, il direttore Gianluca Capuano alla testa dell’Accademia del Teatro alla Scala e, in regia, la coppia di artisti francesi Cécile Roussat e Julien Lubeck, già allievi di Marcel Marceau. Interessante è il legame sotterraneo tra questo titolo, il cui libretto, non originale, era stato scritto da Antonio Simeone Sografi per il celebre Pimmalione di Cimadoro (Venezia, 1790), e il Pygmalion di Rousseau (1762), che ispirò proprio il lavoro di Sografi.
Quanto al Borgomastro di Saardam (24 e 26 novembre, e 2 dicembre) si tratta di un melodramma giocoso in due atti su libretto di Domenico Gilardoni, creato al Teatro del Fondo di Napoli il 19 agosto 1827 : lo stesso anno di Olivo e Pasquale e delle Convenienze e inconvenienze teatrali. Ne esiste, salvo smentite, una sola incisione, del 1973, realizzata a Zaanstad (nome moderno di Saardam) con cantanti quali Renato Capecchi e Philip Langridge, direttore Jan Schaap. Qui, a Bergamo, non andrà in scena nella versione originaria, peraltro ardua da ricostruire, con dialoghi parlati in napoletano, ma in quella milanese del 1828, con i recitativi musicati. È un’opera di argomento “russo”. Protagonista è lo Zar Pietro il Grande che, trovandosi a lavorare in incognito come carpentiere nella cittadina olandese di Saardam, favorisce l’unione di Flimann con Marietta, figlia del borgomastro. Direttore sarà Roberto Rizzi Brignoli (Orchestra e Coro Donizetti Opera), regista il cineasta Davide Ferrario al debutto nel teatro musicale. Nel cast, Andrea Concetti, Giorgio Caoduro, Juan Francisco Gatell, Irina Dubrovskaya, Pietro Di Bianco, Aya Wakizono.
La Messa di Requiem per soli (soprano, contralto, tenore e due bassi), coro a 4 voci miste e orchestra, sarà eseguita in Santa Maria Maggiore, ossia nel luogo in cui, pur scritta nel 1835 per commemorare la morte di Vincenzo Bellini, fu suonata e cantata per la prima volta solo nel 1870, e dove sarebbe stata portata nuovamente nel 1897, nell’anno del primo centenario della nascita di Donizetti. Si tratta di un altro pezzo di esecuzione estremamente rara, testimonianza doverosa dell’arte che Gaetano Donizetti ebbe nello strumentale e nel repertorio sacro. Sarà diretta dal bergamasco, ora direttore dell’Opera di Philadelphia, Corrado Rovaris, che ritorna nella sua città dopo il successo di pubblico e di critica dell’Anna Bolena del 2015.
Infine, un breve ma doveroso cenno storico. Il festival di cui si è sintetizzato il programma giungerà fra qualche mese alla sua seconda edizione, ma la vicenda delle celebrazioni donizettiane a Bergamo, un filo che si è riallacciato di recente, è lunga e gloriosa. Tutto cominciò nel 1875, quando le salme di Donizetti e di Mayr furono traslate dentro Santa Maria Maggiore : per l’occasione Amilcare Ponchielli scrisse una Cantata a Gaetano Donizetti. Nel 1897, primo centenario dalla nascita del Maestro, si programmarono a Bergamo (con esiti peraltro tribolatissimi) Favorita, Elisir e Lucia, direttore Arturo Toscanini. E ancora, e soprattutto : dal 1948 cominciò quella che poi sarebbe stata chiamata, a buon diritto, “Donizetti Renaissance”.
Proprio nell’ottobre 1948, primo centenario della morte di don Gaetano, i complessi del Teatro alla Scala, diretti da Gianandrea Gavazzeni e Franco Capuana, portarono al Teatro Donizetti La Favorita con Giulietta Simionato e Cesare Siepi, la Betly (prima rappresentazione nel XX secolo), il Poliuto e la quasi sconosciuta Il campanello dello speziale. Negli stessi giorni il Nuovo Quartetto Italiano (Borciani, Pegreffi, Farulli, Rossi) suonava l’integrale dei quartetti per archi di Donizetti… Fu l’inizio di un movimento, di pubblico e di critica, animato non solo da opere e concerti, ma anche da convegni, tavole rotonde, mostre, edizioni critiche che, snodandosi tra il Teatro delle Novità di Bindo Missiroli e il festival “Donizetti e il suo tempo” curato dal mai abbastanza compianto Riccardo Allorto, “ebbe il significato di un rinnovamento del gusto e di un ampliamento del repertorio lirico”. La parole sono proprio di Allorto. Le scrisse per il catalogo della mostra del 1995 “Donizetti – itinerari di un musicista europeo” (catalogo Mazzotta), snocciolando anche numeri : “Fra le 744 opere rappresentate alla Scala tra il 1900 e il 1945, Donizetti fu presente solo con L’elisir d’amore, Don Pasquale, Lucia di Lammermoor, Linda di Chamounix e La figlia del reggimento (in italiano), oltre a una peregrina Lucrezia Borgia”.
Oggi, per fortuna, molto, o tutto, è cambiato. E Bergamo, con i suoi festival, dalla metà del ‘900 in poi ha fatto la sua parte, ospitando prime rappresentazioni moderne o prime italiane di opere come Maria Stuarda (1958), Marin Faliero (1966), Les Martyrs (1975), Gianni di Parigi (1988), Elisabetta al castello di Kenilworth (1989), L’assedio di Calais (1990) o La Favorite (1991 : “prima” in lingua originale e in edizione critica). Donizetti, al giorno d’oggi, può ben dirsi un compositore restituito nella sua interezza al grande pubblico.