Altro motivo di affermazione è una sistematica capacità di relazione con la natura e l’arte del Salento, il territorio circostante. Classiche Forme organizza molti dei suoi appuntamenti nelle cittadine viciniori, e aiuta così a riscoprire bellezze storico-artistiche e architettoniche assai diffuse nella provincia. E tali proposte non sono una tantum, dal profilo “mordi e fuggi” di sapore colonialista. No : si tratta di serate che sono pensate e costruite proprio in attiva collaborazione con i soggetti creativi del luogo, per far conoscere il territorio e contribuire alla valorizzazione dei siti minori, anche agricoli, dove poi il visitatore scopre bellezze insospettate. Infatti in queste serate c’è sempre una bella partecipazione di appassionati che affrontano anche un breve viaggio in automobile, oppure usano il pullmann da Lecce, messo a disposizione con piccola spesa.
E ancora, un’altra ragione del successo sta nella ricerca di un’attiva interazione con istituzioni e soggetti impegnati nello sforzo sociale di miglioramento e recupero del territorio. Esempio virtuoso è il rapporto di Classiche Forme con Fondazione Sylva, un’istituzione che si dedica a piantare alberi tipici del luogo, nella difesa della biodiversità ambientale, e a combattere il batterio dal nome botanico “xylella fastidiosa”, che in questi anni ha devastato, e ridotto a scheletri impressionanti, immense distese e piantagioni di olivi, con danni gravissimi che adesso si cerca di fermare e riparare. Il Festival, insomma, insieme alle proposte artistiche partecipa a una rete di relazioni che si traducono in una visibile vicinanza e fidelizzazione del pubblico.

Ne abbiamo avuto conferma nei concerti che abbiamo seguito. Nel primo, a Corigliano d’Otranto nell’antico Castello Volante – oggi di proprietà comunale, sede di molteplici eventi artistici, ma anche di intrattenimento – si è avuta una serata che ha offerto una pagina di Rossini, e una di Beethoven. Di Gioachino Rossini è stato eseguito il Duetto per violoncello e contrabbasso, pezzo di un certo respiro (si articola in tre movimenti), composto nel 1824. La mano ormai esperta del Pesarese, al tempo già una celebrità, emerge dal vigore e dall’agiata disinvoltura che nutre l’intesa tra i due strumenti, e che già si dispiega nell’Allegro introduttivo. I bravissimi interpreti Aleksey Shadrin, violoncellista, e Giorgio Magistroni, contrabbasso, riempiono poi di accattivante lirismo le volute melodiche dell’Andante, concludendo infine nella colorita vivacità dell’Allegro zingarese.

Pezzo forte della serata è stato il Settimino in mi bemolle maggiore per archi e fiati op. 20, che Beethoven compose sul finire del 1799 e l’inizio del 1800. Ai giorni nostri è un lavoro di non frequente ascolto, anche perché alle nostre orecchie occorrono sette interpreti tutti di valore, e ovviamente non è semplice incontrarne la comune disponibilità. Tale esigenza non era invece così pressante quando questa musica apparve e fu stampata, per destinatari che magari erano poco più che amatori. Infatti questo Settimino ebbe ampia circolazione, facendo anche conoscere più largamente il nome dell’autore. Si aggiungeva a una letteratura, diffusa anche commercialmente, di musiche d’intrattenimento che era alimentata da una quantità di forme consimili, quali serenate, cassazioni, divertimenti e via continuando, che a volte fungevano addirittura da colonna sonora di eventi mondani, e non di rado erano eseguite all’aperto.
A Corigliano, Classiche Forme ha assemblato una formazione di eccellenza : Liya Petrova, violinista bulgara ma di base a Parigi, Giuseppe Russo Rossi, viola, Aleksey Shadrin, violoncello, Annelien van Wauwe, clarinetto, Andrea Cellacchi, fagotto, Mirko Landoni, corno, Giorgio Magistroni, contrabbasso. Ovviamente sono emersi la luminosità e i connotati di una partitura concepita su un disegno di fattura impeccabile, anche se non affiorano slanci e concatenazioni del Beethoven maggiore ; d’altra parte, come s’è detto, questo pezzo doveva aderire allo stile tipico di queste composizioni. Piuttosto si è fatta notare la stoffa straordinaria della violinista, che con energica consapevolezza ha saputo guidare il gruppo a un livello qualitativo nel quale le varie individualità si sono fatte valere e apprezzare. E l’esibizione dei sette interpreti ne conferma la provenienza da esperienze e complessi di grande prestigio.

Del tutto diverso il profilo di un altro concerto, ospitato a Supersano nel caratteristico spazio della Masseria Le Stanzìe, azienda agricola nelle campagne di Lecce ; concerto nel quale si è avuta la prova dell’apertura del Festival anche ad altri linguaggi. Qui, su un palco all’aperto e con il pubblico seduto a semicerchio su file concentriche di balle di paglia, la musica proposta è apparsa coerente con l’ambiente naturalistico e rurale. In locandina, una composizione di sapore new age, del violinista Alessandro Quarta, ben noto anche come interprete rocker, nonché funambolo del suo strumento. Quarta, accompagnato dai Solisti Filarmonici Italiani guidati da Federico Guglielmo (un autentico lusso), e da Giuseppe Guadagnino al pianoforte, ha eseguito il suo lavoro intitolato I 5 elementi, concerto-opera per violino, pianoforte e quintetto d’archi.
