Nel nuovo allestimento del Teatro delle Muse di Ancona il regista Luca Silvestrini toglie completamente tutti i riferimenti illuministici, gli ideali massonici, i presupposti storici, gli elementi giusnaturalistici, al fine di evidenziare l’aspetto favolistico e, con esso, quello umano e sentimentale di una vicenda che dunque evita ogni intellettualismo, in modo da suscitare nello spettatore quello stupore istintivo che consente poi a ciascuno di dare una lettura personale ai fatti narrati, senza sovrastrutture obbligate. In questo sono di notevole aiuto le coreografie dello stesso regista (affidate a Martina Auddino, Carmine Di Pace, Simone Donati, Emma Paciotti) e i costumi di Stefania Cempini, che creano immagini suggestive soprattutto del serpente di inizio e fine e degli uccelli richiamati da Papageno. A completare la parte tecnica le scene e le luci di Lucio Diana : le prime sono essenzialissime, una pedana circolare rialzata e un basso fondale bianco con portone centrale, le seconde sono antinaturalistiche, a evidenziale la dimensione favolistica del racconto, una essenzialità scenica che nulla toglie alla fruibilità. Lo spettacolo scorre via piacevolmente, leggero e comprensibile, la vicenda umana e sentimentale dei protagonisti è in primo piano e costituisce il filo conduttore.
La direzione di Giuseppe Montesano ha forse messo poco in evidenza la leggerezza e la trasparenza della partitura, prediligendo un suono materico nella sostanza e allargato nei tempi, che ha ingenerato l’impressione di un certo appiattimento delle dinamiche sonore. Buona la prova dell’Orchestra Sinfonica Rossini, peraltro particolarmente portata in questo repertorio.
Nel cast è emersa Maria Laura Iacobellis : la sua Pamina ha voce importante, limpida e pulita, talmente nel ruolo per accento, colore e voluminosità del timbro, che accanto a lei ha un poco faticato il Tamino di Antonio Garès, soprattutto nel registro acuto, non proprio a fuoco.
Bravo Abramo Rosalen, il cui Sarastro è solido e udibile nelle note gravi, in grado di annullare la sua giovane età per rendere bene i panni autorevoli del maturo sacerdote-padre. Carmine Riccio ha avuto la rara capacità di rendere Monostatos credibile nei tratti voluti dagli autori (forse l’unico vero cattivo in modo irrimediabile) ma, al tempo stesso, di alleggerirlo con una ironia prettamente napoletana, cosa che ha sicuramente reso ancora più incisivo il personaggio.
Levent Bakirci è Papageno, giusto dal punto di vista vocale e splendido dal punto di vista attoriale ; accanto a lui adeguata la Papagena di Jennifer Turri. Brigitta Simon è una Regina della Notte che calca sui tratti della crudeltà (a cominciare dal costume, nerissimo) e non ha difficoltà a snocciolare le agilità fino al registro sovracuto, affrontato con naturalezza. Una menzione particolare per i tre Fanciulli (Sofia Cippitelli, Caterina Piergiacomi e Giovanni Tartufoli), preparati da Gian Luca Paolucci e provenienti dalle fila dell’Associazione Corale Pueri Cantores Zamberletti. A completare il cast le tre Dame (Khatia Jikidze, Sarah Hakobyan e Nutsa Zakaidze), i due Sacerdoti-Armigeri (Alessandro Ravasio e Alessandro Fiocchetti) e il Coro lirico marchigiano Vincenzo Bellini preparato da Riccardo Serenelli.