Sarà oggetto della prossima tournée in Giappone, dal 16 al 26 giugno – insieme al Rigoletto firmato da Alessio Pizzech per la regia – il nuovo allestimento del Barbiere di Siviglia di Rossini, prodotto dal Teatro Comunale di Bologna, con il sostegno di Automobili Lamborghini. Un Barbiere agile, a colori vivaci, ma decisamente convenzionale. Manuela Gasperoni disegna una scenografia semplice, che si cambia a vista e sa di cartone animato, con la facciata di una casetta e antistante giardino nel primo atto, e un’ampia soffitta nel secondo. In questi spazi, la regia di Federico Grazzini – con costumi di Stefania Scaraggi e luci di Daniele Naldi – si dispiega su linee tradizionali, al di là degli intenti metateatrali, dichiarati nel programma di sala, e che in scena si riducono a poche idee, tipo le due insegne che calano dall’alto al principio e alla fine, o la palla di demolizione che appare nei finali d’atto. E non convincono l’ouverture inutilmente sceneggiata, né il coro iniziale, dotato di uniformi militari e minacciosi strumenti da banda, del tutto incongrui alla situazione. Più vivace la presentazione di Figaro come autentico factotum e tuttologo, da giardiniere a imbianchino a postino.
Il tutto non è sostenuto granché dalla latitante incisività della concertazione di Federico Santi, sul podio di orchestra e coro (quest’ultimo istruito da Alberto Malazzi), che per parte loro adempiono onestamente ai propri compiti. La direzione di Santi è pulita, e asseconda i cantanti ; ma è uniforme, e poco energica quando la partitura richiede lo scatto dinamico e la verve che pulsano nelle vene della vicenda. Certo, tra regia e direzione d’orchestra, ci vuole abilità per rendere a tratti noioso il primo atto di un Barbiere…! La compagnia di canto ha visto, per l’ultima replica, l’innesto di Diego Godoy nei panni del Conte d’Almaviva, e di Vincenzo Nizzardo in quelli di Figaro. Giovani entrambi, si sono disimpegnati abbastanza bene. Il tenore Godoy ha dato al suo Conte bello smalto vocale e nitida dizione ; considerata la freschezza di mezzi, avrà tempo di consolidare il maggior peso interpretativo, e quindi la proprietà stilistica, che occorrono al suo personaggio. Ben incamminato nel ruolo di Figaro è il baritono Vincenzo Nizzardo, che assolve con disinvoltura il movimento attribuitogli dal libretto e dalla regia. Interessante la sua stoffa vocale, che insieme alla futura maturazione artistica promette di procurargli ulteriore profondità espressiva.
Cecilia Molinari – anch’ella molto giovane, ma temprata da formative esperienze pesaresi – è una Rosina dal velluto pieno e omogeneo, appropriata nel fraseggio come nelle agilità e nella nitidezza del canto ; acquistando la mordacità e il brio dovuti al personaggio, diventerà impeccabile. Buffi di lungo corso si sono confermati Marco Filippo Romano e Andrea Concetti. Il primo è un Bartolo perfettamente in parte, sia sul piano scenico sia su quello vocale, dove esibisce una sicurezza interpretativa e una gamma di accenti che scandiscono la sua figura a tutto tondo. E così il Basilio di Andrea Concetti, che al timbro e al peso della sua vocalità affianca doti interpretative e attoriali che completano ogni sfumatura del personaggio. Spiritosa come occorre è la Berta di Laura Cherici, che risolve efficacemente la sua aria. I comprimari Nicolò Ceriani, apprezzabile Fiorello, Sandro Pucci, un ufficiale, e Massimiliano Mastroeni, Ambrogio, completano la schiera.