Il ritorno alla Scala di Francesca da Rimini dopo decenni di assenza fa parte del vasto progetto culturale del teatro, impegnato a valorizzare il repertorio italiano di ogni epoca, compresi i titoli caduti ingiustamente nell’oblio. Come l’opera composta nel 1914 da Riccardo Zandonai trentenne su libretto di Tito Ricordi tratto dall’omonimo dramma di D’ Annunzio, accolta con grande successo e rimasta a lungo presente sui palcoscenici non solo italiani. Alla Scala debuttò nel 1916 con Gino Marinuzzi sul podio e con Rosa Raisa e Aureliano Pertile protagonisti, seguiti nel tempo da altre illustri bacchette e grandi voci fino a una memorabile edizione diretta da Gianandrea Gavazzeni nel 1959, con Magda Olivero e Mario del Monaco. Ma oggi è quasi sconosciuta.
La riscoperta si preannuncia affascinante. “Lo è la partitura”, afferma Fabio Luisi, “che rispecchia innanzitutto l’immaginifico dannunziano interpretato da Zandonai con grande fantasia e raffinato virtuosismo coloristico, in sintonia con i versi del libretto che Tito Ricordi aveva tratto dal dramma del Vate. Linguaggi, l’uno e l’altro, inusuali per l’epoca e dunque di forte carattere innovativo. Dal punto di vista musicale sono evidenti anche le influenze wagneriane, da quello letterario lo è la svolta simbolista dei poeti di quegli anni, che trascendeva la tradizione dell’opera italiana ancora legata allo stile romantico e verista”. L’opera viene eseguita nella sua versione integrale, senza i tagli operati in anni successivi alla creazione e non autorizzati dall’autore. La stupefacente ricchezza dell’orchestrazione che la caratterizza, definita dai critici del tempo “un mare sinfonico” quale non si era mai ascoltato nel repertorio operistico italiano contemporaneo, è arricchita dalla presenza di alcuni strumenti antichi : “Abbiamo scelto”, precisa il Maestro, “tra quelli inseribili nelle sonorità di un’orchestra moderna”.
David Pountney, con lo scenografo Leslie Travers e la costumista Marie-Jeanne Lecca, ha puntato su un’altra componente ineludibile dell’opera : “All’inizio del ventesimo secolo esisteva nelle classi colte un diffuso gusto medievalista, che abbiamo cercato d'interpretare guardando al Medioevo del soggetto come lo vedevano D’Annunzio e dopo di lui Tito Ricordi e Zandonai. In questa prospettiva, scene e costumi sono improntati a un immaginario lontano dalla fredda precisione storica”. Elemento portante dello spettacolo è una grande struttura cilindrica, che all’interno ospita le stanze dove Francesca vive la sua drammatica storia d’amore mentre all’esterno evoca le battaglie che fanno da sfondo alla vicenda. “Un modo”, aggiunge il regista, “ per dare giusto rilievo ai due mondi contrapposti, quello femminile del sogno e della sensualità che dominano il carattere di Francesca, e quello brutale degli scontri armati. Ricordando che l’anno della composizione e della diffusione dell’opera erano quelli a cavallo della prima Guerra Mondiale”.
Per rilanciare una rarità occorre una compagnia di canto giovane, dinamica e di sicuro talento, qual è quella che la Scala ha riunito. Nella parte di Francesca brilla il soprano Maria José Siri, già applaudita all’inaugurazione del 7 dicembre 2016 come protagonista della Butterfly diretta da Riccardo Chailly nella versione del 1904. Paolo, l’uomo negato a Francesca come sposo e che lei ama ricambiata, è interpretato da Marcelo Puente, non nuovo in questo svettante ruolo tenorile. Il baritono Gabriele Viviani e il tenore Luciano Ganci, rispettivamente nei panni del marito Gianciotto impostole con l’inganno, e del feroce Malatestino, danno voce ai due personaggi del versante nero del dramma. Il mezzosoprano Alisa Kolosova tratteggia la delicata figura della sorella di Francesca.
Questa importante ripresa di un’opera tanto significativa per illustrare l’epoca culturale in cui è nata, entra nell’ampio palinsesto “Novecento Italiano” varato dal Comune di Milano, che per tutto il 2018 attraverso centocinquanta eventi sta illustrando il cammino dell'arte, della musica, del design, della cultura e della società milanesi del secolo scorso. E coincide con le celebrazioni del Settecentenario della morte di Dante, in omaggio a uno dei Canti più celebri e più amati della Divina Commedia, quello dedicato a Paolo e Francesca.