L’apoteosi salvifica che chiude la partitura trascina il pubblico a un’ovazione entusiasta. Orchestra, coro, solisti di canto, direttore mietono caldi applausi. Accanto agli apprezzamenti, tuttavia, L’Olandese volante (Der fliegende Holländer) prodotto da Santa Cecilia, per la bacchetta del finlandese Mikko Franck, che ha l’incarico di principale direttore ospite, desta anche qualche perplessità, proprio nella concertazione. Certo, il ruggito della tempesta di mare, con cui inizia l’ouverture, è travolgente sotto il gesto energico di Franck. E dall’orchestra emerge l’onda di un suono memorabile, tellurico. Un suono incisivo, fortemente identitario tanto nella resa della bufera, come per altri colori in successivi momenti dell’opera. Però la vigorosa interpretazione di Mikko Franck sceglie una lettura decisamente epica, romantica in senso stretto, accesa in coloriti e dinamiche, sempre dal mezzo forte in su. Ovviamente orchestra, coro e cantanti, e in fin dei conti il pubblico, sono contenti di un direttore che lasci suonare e cantare, senza dosare a sufficienza i rispettivi equilibri.
Ciò che è mancato a questo Olandese volante è il versante dell’introspezione, della ricerca di sfumature più raccolte, pensose, tormentate ; dosi e tinte di espressività sono lasciate al gusto dei solisti. Sicché, dopo l’impressionante ouverture, non incide come dovrebbe l’importante monologo dell’Olandese. Il baritono scozzese Iain Paterson dispiega con volenterosa correttezza la grande pagina, ma non riesce a proiettare come si dovrebbe la sua ombra angosciante sulla vicenda, a trasmettere l’enigmatica profondità del mistero che lo avvolge, e che egli diffonde attorno a sé. E, nell’insieme, il suo racconto scorre piuttosto uniforme.
Sorprendente il soprano statunitense Amber Wagner, Senta, per prestanza e freschezza di mezzi, ben degni di un’interprete wagneriana. La sua cospicua vocalità, che non teme i volumi dell’orchestra, è complessivamente ben governata lungo il divenire, e il progressivo astrarsi, del personaggio che via via si approssima al sacrificio liberatore. Magari, nella prima parte della ballata, occorreva moderarne la spinta sull’attacco di ogni frase ; e anche questo spettava al concertatore. Però va sottolineato il contorno plastico che Amber Wagner sa disegnare, negli accenti del percorso lungo il quale Senta si dirige all’esito fatale, via via distaccandosi dalla circostante realtà.
Semplicemente perfetto Matti Salminen, cantante wagneriano di lungo corso e di luminosa carriera, rassicurante nella proprietà delle sue inflessioni. Il Daland del basso finlandese non potrebb’essere più calzante : di volta in volta burbero, paterno, sussiegoso, calcolatore, è un personaggio che respira di vocalità piena e calda, e di sfumature adeguate a ogni piega espressiva. Nei panni di Erik, il tenore Robert Dean Smith, altro interprete con importanti esperienze wagneriane. Curiosamente, la sua voce appare sfocata nel duetto con Senta, e in tutto l’atto secondo ; ma nell’ultimo atto, e nel grande terzetto, esibisce la giusta temperatura espressiva e vocale, che lo conduce a marcare una presenza appassionata e convincente. Impeccabile l’altro tenore, Tuomas Katajala, che incide sensibilmente con il suo Timoniere, narrato con vocalità sicura e briosa nel tratto, pienamente omogenea nel timbro, a completare un cast che nell’insieme è di qualità medio-alta ; al quale si aggiunge decorosamente il mezzosoprano Tiziana Pizzi, nel ruolo della nutrice Mary.
Congiuntamente alla bella prova dell’orchestra, l’esibizione del coro, istruito da Ciro Visco, è smagliante nella personalità sia timbrica sia interpretativa, e offre ancora una prova di convincente duttilità espressiva. Peccato soltanto, ma qui si ritorna ai limiti della concertazione, che nella suggestiva pagina del terzo atto, di fronte al coro festante dei marinai norvegesi, la lettura di Mikko Franck non marchi come si deve lo scarto conturbante con il coro degli olandesi sul vascello fantasma, coro che deve apparire terrificante nel suo tenebroso livore. Osservazioni che non toccano il pubblico, prodigo come s’è detto di applausi scroscianti.