A chiudere la trilogia rossodesiderio va in scena la ripresa del Rigoletto che debuttò con successo nel 2015. Federico Grazzini ha spostato la vicenda all’oggi e l’ha ambientata all’ingresso di un luna park probabilmente abbandonato, dove si aggira una banda di malavitosi alle dipendenze di un signorotto. La scena fissa di Andrea Belli lascia visibile l’alto muro in mattoni dello Sferisterio e contorna l’apertura centrale con la bocca spalancata di un pagliaccio dagli occhi sporgenti e sgranati. Ai lati tende circensi bicolore a forma di casetta a strisce bianche e rosse, con vicino il baracchino per l’acquisto dei biglietti. Una roulotte sulla destra e un camioncino sulla sinistra consentono di ricreare la casa di Gilda e la locanda di Sparafucile. Alti lampioni illuminano il piazzale al di fuori del luna park, dove sostanzialmente avviene tutto. I costumi di Valeria Donata Bettella chiariscono il tempo dell’azione e sono appropriati alle scelte registiche. Perfette le luci di Alessandro Verazzi (riprese da Ludovico Gobbi) che, pur privilegiando effetti naturalistici, conferiscono allo spettacolo i toni di una cupa drammaticità che scivola sempre più nell’incubo.
Grazzini affronta l’opera con coerenza e attinenza a testo e musica : la regia mantiene i caratteri del libretto e i personaggi restano praticamente identici. Nessuno stravolgimento, dunque ; anzi, la scelta di Grazzini di far apparire in scena nel finale il fantasma di Gilda ha risolto quello che forse è un limite drammaturgico, la lunghezza della scena con Gilda morente dentro il sacco tra le braccia del padre e i suoi acuti a piena voce. L’omicidio avviene nel camioncino di Sparafucile e il sacco viene gettato fuori ; Rigoletto resta solo, il furgone pian piano si sposta e, nell’ombra, si vede Gilda in sottoveste bianca, immagine spirituale della donna morente e replicata nel sacco da una controfigura : il dialogo tra lei e il padre, perfettamente coerente con le parole cantate, è credibile ed emozionante.
Va premesso che le condizioni ambientali, un forte vento nel primo atto e una serata di grande umidità, non hanno favorito la resa musicale. Giampaolo Bisanti privilegia tempi larghi per lasciar spiegare il canto e amalgamare le diverse componenti della partitura e l’Orchestra filarmonica marchigiana suona con grande professionalità e impegno : la riapertura di alcuni tagli ha reso ancora più interessante l’allestimento. Il complesso di palcoscenico, puntuale nei suoi interventi, è la Banda Salvadei.
Amartuvshin Enkhbat è stato una rivelazione, la sorpresa della serata : la voce è profondamente espressiva, morbidissima, dai toni caldi e vellutati ; il suo Rigoletto è il clown del luna park che si traveste per far divertire la banda di malavitosi e prestare piccoli servizi al suo capo ; non ha una vera e propria gobba ma, considerato “diverso” dagli altri, finisce con l’assumere una posa sghemba soprattutto quando è in mezzo agli altri ; emozionante il finale con il personaggio che finisce a braccia allargate davanti alla bocca del clown, che pare urlare all’infinito la maledizione in un incubo senza fine (credo si possa dire senza dubbi che sarà un Rigoletto di riferimento per i prossimi anni).
Durante il prologo Gilda e Giovanna si sistemano nella roulotte trovata per loro da Rigoletto ; Claudia Pavone ha il fisico e la voce per una Gilda giovane e indifesa con agilità piene e ben sostenute ; grande merito, nel primo atto, va alla Giovanna di Alessandra Della Croce, attorialmente efficace : gli ampi gesti delle braccia, il muoversi non in linea retta, il ruolo determinante, nei fatti espresso con una mimica facciale intensa. Enea Scala ha dimostrato bella presenza scenica e innate capacità attoriali, seppure la prestazione vocale è parsa non a fuoco nella tessitura alta che caratterizza il ruolo del Duca, ma da rimarcare la generosità della prestazione. Sparafucile è il fascinoso di Simon Orfila e la Maddalena della brava Martina Belli ha fisico da modella, abbigliata da prostituta come le altre ragazze, su tacchi vertiginosi e con microvestiti, che ronzano attorno al furgone-bar. Adeguati vocalmente Matteo Ferrara (Marullo) e Vasyl Solodkyy (Matteo Borsa). Poco tonante il Monterone di Seung-Gi Jung : il ruolo è breve ma fondamentale per il senso della storia e qui la maledizione non risuona abbastanza drammatica. Con loro Cesare Kwon (Conte di Ceprano), Anastasia Pirogova (Contessa di Ceprano), Gianni Paci (un Usciere di corte) e Raffaella Palumbo (un Paggio della duchessa): “Al suo sposo parlar vuol la duchessa” ben si accompagna al gesto moderno del porgere il cellulare che ha in mano. Il coro lirico marchigiano, preparato da Martino Faggiani insieme a Massimo Fiocchi Malaspina, bene esegue ogni parte ed efficacemente sta in scena in linea con i dettami registici, come nel secondo atto, quando descrive con movenze ritmate il rapimento di Gilda.
Ottimo spettacolo,belle scelte registiche,un impatto davvero eccellente