Nato per i teatri di Palermo e Torino e poi ripensato per l’ampio spazio aperto dello Sferisterio, il Macbeth di Emma Dante riesce a rendere concrete e visibili le componenti intime del testo e della musica, come la forza primordiale della natura, nel primo atto espressa con streghe e satiri, il corpo umano sacro e violato di Duncan rappresentato come una scultorea deposizione di Cristo con lavaggio rituale della candida pelle, lunghe scie di sangue che diventano vestiti e mantelli, il metallo dei cancelli che separa e isola, la foresta dal sapore siciliano composta da basse piante di fichi d’India.
La scena essenziale di Carmine Maringola è creata da elementi in continuo movimento che si scompongono e si ricompongono, si spostano a creare ambienti mentali e fisici sempre nuovi. I costumi di Vanessa Sannino hanno una forte componente simbolica sia nei materiali (pelli e pellicce) sia nei colori (rosso, bianco, nero-grigio). Essenziali per la riuscita dello spettacolo e soprattutto per l’impatto emotivo nello spettatore le coreografie di Manuela Lo Sicco, mirabilmente messe in scena da mimi e figuranti. Le luci perfette, spesso di taglio, di Cristian Zucaro completano la componente tecnica, dando alla scena un senso naturalistico e antinaturalistico al tempo stesso, dove i notturni, mentali e non, dominano il tempo e lo spazio, idealmente sovrastati dall’incombente muro di mattoni.
Francesco Ivan Ciampa dà una lettura mirabile della partitura, assecondato da una buona prova dell’Orchestra Filarmonica Marchigiana : tempi ritmati ma non veloci, suoni evocativi ma non manierati, amalgama ruvido che alla perfezione rende il senso dell’opera. Ciampa dirige con forte senso teatrale un’orchestra che suona davvero bene : la tinta cupa, nevrotica e notturna che la regia esalta è attraversata musicalmente da lampi lividi e ansiogeni fin dalla prima scena, dominata da un telo bianco macchiato di rosso, quasi un intestino in perenne subbuglio.
Roberto Frontali è un Macbeth di gran classe, un signore nel contegno e nell’atteggiamento dilaniato dalle profezie e da una ambizione su cui calca la mano la Lady, interpretata da una Saioa Hernandez in stato di grazia : raramente si era ascoltata, soprattutto all’aperto, una voce altrettanto espressiva e bella in ogni sua componente, accompagnata da una grande capacità attoriale. Frontali ha dei centri vellutati e solidissimi, è sicuro nel registro alto e ben timbrato in quello grave : è un interprete che decide di non imporsi in modo forte ma di esprimere al meglio ogni piega del personaggio. Hernandez ha una linea di canto ben appoggiata e controllatissima, sicura e prodiga di musicalità nelle agilità ; il risultato è una Lady irresistibile e tormentata al tempo stesso. Alex Esposito ci ha abituato a perfette interpretazioni, vocali e attoriali, in altri repertori e ci ha qui positivamente sorpreso : il suo Banco è meditato, di forte rilievo e scavato in profondità. Giovanni Sala è un Macduff di grande efficacia. Credibili Fiammetta Tofoni (Dama di Lady Macbeth) e Rodrigo Ortiz (Malcolm). Con loro sono adeguati tutti i comprimari : Giacomo Medici (Medico), Cesare Kwon (Domestico / Sicario / Araldo), Bruno Venanzi (Prima apparizione), Giulia Gabrielli (Seconda apparizione / Terza apparizione), Francesco Cusumano (Duncano) e Nunziatina Lo Presti (Fleanzio). Giova ricordare la giusta presenza scenica e l’interpretazione del Coro Lirico Marchigiano preparato da Martino Faggiani e che qui ha un ruolo quasi da protagonista.
Il pubblico risponde molto positivamente : tutte esaurite le recite di un titolo non usuale nei teatri, soprattutto estivi, molti applausi a scena aperta e un trionfo per tutti alla fine.