A cominciare dall’Orchestra Filarmonica Marchigiana, affidata alla bacchetta giovane ma esperta di Vincenzo Milletarì. La sua formazione è avvenuta con Riccardo Muti e si sente la mano del Maestro : la conduzione di Milletarì è sicura e matura, indugia sui momenti lirici e intimi ma non tralascia il necessario vigore dei momenti più incalzanti.
Luciano Ganci affronta il ruolo del titolo con sicurezza di voce e di emissione, non teme le salite in unacuto che resta saldo e sonoro, come anche le discese nel grave. Roberta Mantegna ha voce importante e bene impostata e privilegia i toni intimi per rendere una Leonora innamorata e dolente. Massimo Cavalletti è un baritono verdiano di esperienza ma, in questo caso, il suo Conte di Luna è parso monocorde e poco curato nel registro alto.
Su tutti ha dominato la Azucena di Veronica Simeoni, in quella che rimarrà forse una delle migliori performance degli ultimi anni : la voce non scurissima ha grande espressività e spazza via la trita consuetudine del ricorso a una voce “sgraziata” per la zingara, quando invece la Simeoni esplora con grande cura ogni singola piega del ruolo, dando risalto a un personaggio che può essere complesso, trasmettendo al pubblico grandi e ripetute emozioni, ripagate con ripetuti applausi a scena aperta e un vero trionfo nel finale. Buona la prova di Davide Giangregorio, a cui spetta la lunga introduzione di Ferrando alla vicenda, e di Fiammetta Tofoni, affettuosa Ines accanto a Leonora. Con loro, corretti, Didier Pieri (Ruiz), Gianni Paci (Un vecchio zingaro) e Alessandro Pucci (Un messo). Eccellente la prova del Coro Lirico Marchigiano, soprattutto nelle sezioni maschili, preparato da Martino Faggiani con l’ausilio di Massimo Fiocchi Malaspina.
Pubblico rapito dall’alto livello del concerto, accompagnato da immagini fotografiche di Ernesto Scarponi, proiettate sul muro dell’Arena (non necessarie ma non disturbanti) e completato dalle luci di Ludovico Gobbi. Applausi ripetuti durante la rappresentazione e nel finale.