Legandosi al tema di fondo della rassegna – “Per ritrovare il filo ; 19 serate intorno al mito di Arianna” – la Antonacci ha aperto con il monteverdiano Lamento di Arianna. Bisognava sentirlo, il suo “recitar cantando”: nessuno spazio a compiacimenti vocali, ma al contrario accenti intensi e toccanti di una donna desolata e addolorata. E quindi, in primo piano, la fragilità dell’amante abbandonata che, nonostante il tradimento, non sa reprimere lo slancio verso Teseo né lo struggimento con cui lo invoca. Tutto in una linea di canto espressiva e avvolgente. Con plastica sensibilità, l’artista ha poi trovato inflessioni differenti per il personaggio di Ottavia, in Disprezzata regina dall’Incoronazione di Poppea. Qui l’anima femminile è declinata con toni pungenti, che stigmatizzano consapevolmente l’irriconoscenza e il cinismo maschili. Due figure femminili, e due distinti stati d’animo, che la cantante con agiata naturalezza dipinge a tutto tondo.
Tutt’altra atmosfera nella successiva pagina di Monteverdi, Vi ricorda, o boschi ombrosi. La celebre canzonetta dall’Orfeo ha trovato tutti i freschi, vividi colori della sua precaria gaiezza, mentre la pagina seguente, tratta dalla Médée di Charpentier, è stata finemente risolta nel suo meditato caleidoscopio di mezze tinte. Fin qui era la prima parte della locandina, nella quale Anna Caterina Antonacci è stata accompagnata dall’Orchestra Cremona Antiqua, concertata da Antonio Greco, anche al cembalo e all’organo. Un solido ensemble di specialisti, che non ha soltanto sorretto la cantante, ma si è fatto apprezzare per proprio conto anche in pagine strumentali di Frescobaldi, Monteverdi, e Muffat, alternate al canto.
La seconda metà del concerto ha visto la presenza al pianoforte di Francesco Libetta, che ha fatto da partner di lusso alla Antonacci, ma ha anche offerto pregevoli episodi solisti : una personale trascrizione di una Serenata di Leonardo Leo, attinta alla commedia per musica Amor vuol sofferenza ; una trascrizione di Gieseking del Lied Ständchen di Richard Strauss ; infine, una mirabile lettura del raveliano Jeau d’eau, il cui ondivago flusso è stato pennellato con tocco leggero e gusto squisito dal virtuoso salentino.
Ai momenti pianistici la Antonacci ha alternato alcuni autori moderni. Di Ottorino Respighi ha scelto Sopra un’aria antica, su testo tratto dal dannunziano Poema paradisiaco : pagina intessuta di eleganti disegni armonici di sapore decadentista, coerenti alle atmosfere testuali. A seguire, tre pagine dalla Canzone dei ricordi, raccolta di sette liriche composta da Giuseppe Martucci a fine Ottocento, pagine intrise di suggestioni postwagneriane. Oscillando sagacemente fra ironia e tragedia, nell’amara e beffarda resa della Antonacci, La Dame de Monte-Carlo di Francis Poulenc ha introdotto i pezzi francesi, nei quali la cantante ha esibito un’elegante tavolozza di sfumature, sorretta da pronuncia impeccabile, come si è potuto apprezzare anche ne Les chemins de l’amour, sempre di Poulenc. Infine, di fronte agli applausi scroscianti e instancabili, come prezioso bis L'amour est un oiseau rebelle, da Carmen. Prezioso perché l’accento raccolto ed elegante di questa grande artista ha illuminato un volto inconsueto della fanciulla andalusa, còlta in un raccoglimento lontano dal cliché della “femme fatale”.