Il regista Davide Livermore vuole sottolineare la forza rivoluzionaria del testo e della musica e racconta una storia circolare, che si apre e si chiude con il duello fra Don Giovanni e il Commendatore. I due allora restano a terra in proscenio per tutta la durata dello spettacolo a ricordare perpetuamente il fatto, tornando poi al duello ai due finali di atto, come se Don Giovanni rivivesse la propria morte o ripensasse a un evento tanto drammatico che lo ha turbato, al punto che in diversi momenti dell’opera egli sembra colpito da una vertigine che lo blocca in scena e distorce le immagini proiettate sul muro dello Sferisterio.
La scenografia, dello stesso Davide Livermore, è costituita da sbalorditive proiezioni tridimensionali sullo smisurato muro dell’Arena maceratese, con immagini della scena del teatro romano di Orange e altre funzionali al racconto, come ad esempio i volti di donne in istantanee fotografiche nel momento in cui Leporello elenca il “catalogo”.
I costumi sono contemporanei per Don Giovanni e Leporello e settecenteschi per gli altri cantanti : in alcuni casi, soprattutto per i ballerini, veli sul volto consentono incontri ravvicinati nel rispetto della normativa anti-Covid 19. Sicuramente molto del merito della riuscita dello spettacolo va a D‑Wok, videomaker, e Antonio Castro, luci : le due componenti hanno infatti un ruolo essenziale e portante. Unici elementi scenici due autovetture che consentono l’ingresso e l’uscita dal palco dei cantanti, insieme a una carrozza con nero destriero a mescolare i secoli e le suggestioni.
Livermore indaga l’attualità della tensione rivoluzionaria del Don Giovanni pensato da Mozart e Da Ponte, tensione ben attualizzata dal rapporto tra la materialità delle vicende e la virtualità digitale attraverso le quali esse vengono rappresentate. L’idea registica è bene evidente e facile da seguire per gli spettatori, ai quali essa fornisce spunti di riflessione sull’oggi.
Francesco Lanzillotta, direttore musicale del MOF, sale sul podio in una serata caratterizzata da freddo pungente ed esagerata umidità, al punto che la stessa resa musicale un poco ne risente. Il suono manca di quella leggerezza e della trasparenza tipicamente mozartiane proprio per questioni ambientali ma il direttore ha gesto preciso e garantisce il rispetto dei tempi e un ideale raccordo tra palco e buca. Poco in risalto il fortepiano affidato a Claudia Foresi ; corretta l’Orchestra Filarmonica Marchigiana nella sua esecuzione.
Anche i cantanti sembrano aver risentito delle difficili condizioni ambientali della serata, pur tutti garantendo prestazioni di grande professionalità e alto livello.
Mattia Olivieri ha il fisico giusto per il ruolo del titolo e, fortunatamente, evita gigionerie restando invece sobrio ed elegante per tutta la durata della rappresentazione ; la voce è forte di impasti cromatici scuri, sicura nell’emissione. Buona spalla gli fa Tommaso Barea, un Leporello che non mette in ombra il protagonista e lo accompagna, vocalmente e di fatto, nel lungo flash back che muove dal suo iniziale recitativo “Chi è morto, voi o il vecchio?”.
Giovanni Sala è un garbato Don Ottavio che non delude nell’attesa aria “Dalla sua pace”.
Sul versante femminile spicca la Donna Anna di Karen Gardeazabal : il soprano restituisce il temperamento passionale e aristocratico della nobildonna con notevole varietà di accenti ; la voce è piena, duttile e controllata e rifulge, ad esempio nelle colorature perfettamente cesellate di “Non mi dir bell’idol mio”. Valentina Mastrangelo ha capacità e voce ma il timbro ci è parso un poco aspro per la drammaticità di Donna Elvira.
Corretti Lavinia Bini (Zerlina), Davide Giangregorio (Masetto) e Antonio Di Matteo (Commendatore), come anche il Coro Lirico Marchigiano, preparato da Martino Faggiani con l’ausilio di Massimo Fiocchi Malaspina.
Vivo successo di pubblico con prolungati applausi anche durante la rappresentazione : da rilevare che, a causa del distanziamento previsto dalla normativa, i posti in vendita sono circa un terzo della capienza totale dell’Arena e ciò crea un singolare effetto straniante.