Convince pienamente la scelta del regista Leo Muscato di ambientare negli anni Sessanta del Novecento l'opera pucciniana, mantenendo totale fedeltà alla storia e al plot, al punto che il libretto sembra adattato alla riscrittura registica attuale, quando invece tutto è già presente nella stesura originale. Il compositore scelse di retrodatarla rispetto alla sua epoca, in modo da situarla in un momento di fermento intellettuale e giovanile, dunque prima dei moti del 1840 ; oggi un periodo simile diventa perciò necessariamente quello degli anni Sessanta del secolo scorso.
Ecco dunque la soffitta, a cui si accede da una botola, che pare un appartamento di giovani universitari : Rodolfo alle prese con il lavoro di giornalista fa ticchettare una “Lettera 22”, Marcello dipinge con lo spazzolone (e il pavimento è coperto da un telo con bave di colore rosso), Schaunard suona la chitarra elettrica esprimendo la sua anima rock e Colline non si separa dai suoi libri di filosofia trascinandoli in un carrellino. Nel secondo quadro, colorato e divertente, la festa al bar diventa un party di Natale in stile musical : i coristi ballano e cantano sui cubi, gli arredi sono zebrati come i vestiti dei camerieri, la banda ricorda i Boney M., Parpignol spinge un albero della cuccagna, i bambini hanno in mano colorati palloncini (blu, bianchi, rossi) che poi volano nel cielo.
Il terzo quadro mostra l'altro volto degli anni Sessanta, le proteste operaie e gli scontri con la polizia per il riconoscimento dei diritti dei lavoratori. Siamo davanti alle fonderie d'Enfer, una lunga barricata confina gli operai dentro la fabbrica, guardati a vista da poliziotti in tenuta antisommossa, mentre gli spazzini sono intenti a rimuovere i cubetti di porfido appena lanciati dai contestatori. Il rimando all'originale è raffinato : un cartellone in un angolo propone il menu del bistrot d'Enfer. Musetta arringa gli operai come una sindacalista, Marcello dorme in un camioncino oltre le barricate. Seduti su una panchina solitaria in proscenio, Mimì e Rodolfo sembrano i celebri fidanzati di Peynet.
Nel quarto quadro siamo di nuovo nella soffitta, ma il tempo è trascorso e i ragazzi se ne vanno, imballando i pochi averi dentro scatoloni chiusi con lo scotch, che trasportatori in tuta portano via in seguito al pignoramento eseguito da Benoit per il mancato affitto. Il passaggio dal primo al secondo momento del quadro è assai efficace : un taglio di luce con effetto cinematografico trasporta il pubblico dalla soffitta alla camera di un ospedale. Del tutto convincente quindi anche l’ultima parte ambientata nella stanza della clinica, sia per i tempi in cui la rappresentazione si svolge, sia per la crudezza del momento, che risulta emotivamente ancora più efficace e commovente. La disperazione di Rodolfo diventa straziante quando gli amici lo trattengono dall'abbraccio con l'amata, ormai morta. Nel finale i quattro giovani e Musetta restano in ombra, mentre una luce evidenzia la scritta sul muro “combat avec nous pour vivre libre”.
La scena di Federica Parolini è perfetta, sobria e colorata al tempo stesso sui toni prevalenti dei tre colori francesi, simbolo universale dei valori fondanti le società contemporanee (i due cambi scena a vista sono essi stessi una azione alla quale assistere piacevolmente). Le giuste coreografie rendono il valzer di Musetta un momento di alto spettacolo. Gli splendidi e fantasiosi costumi di Silvia Aymonino sono esaltati dalle perfette luci di Alessandro Verrazzi, riprese da Ludovico Gobbi.
Leo Muscato è regista sensibile e di grande talento, in grado di applicare la cura attoriale della prosa anche all'opera lirica e così scolpendo personaggi a tutto tondo e conferendo all'azione grande pregnanza drammaturgica. Muscato pone al centro di tutto il ruolo del cantante-attore e ricorre a pochi, economici (ma poeticissimi) elementi per ricreare un mondo. Due idee esemplificative : il tavolo creato con l'accatastamento delle valigie e la tovaglia di fogli di giornale, che non rimandano alla vita dei barboni ma alle poche, elementari necessità dell'uomo non sovrastrutturato : l'amicizia, l'amore, il lavoro ; la luna è un tondo di luce che rischiara un quadrato azzurro, che pare la proiezione dello sguardo da una finestra senza affacciarsi. Ben collaborano i cantanti, tutti impegnati in prove interpretative di bravura : a ogni movimento ne corrisponde un altro, azione e reazione in ogni gesto in modo da catturare l'attenzione dello spettatore, consentendo di seguire perfettamente il dipanarsi della storia narrata da Puccini. Notevole il lavoro di Alessandra De Angelis nella ripresa registica a capo di un cast giovane e italiano.
Tutti i cantanti sono tra loro assai affiatati e perfettamente credibili nei ruoli, elemento essenziale in una regia di tal sorta. Mariangela Sicilia rende il personaggio di Mimì particolarmente intenso e vibrante, coerente sia con la scrittura pucciniana che con la lettura registica ; attorialmente è intensa nel contegno schivo e insicuro ; la voce è capace di pianissimi, soprattutto nel primo e nel quarto atto, assai suggestivi, e conquista per la sensibilità delle mezze voci. Daniela Cappiello è una Musetta brillante, dotata di verve e comunicativa, spigliata e decisa, non l'aspra civetta che spesso si ascolta ; nel valzer è perfettamente a suo agio nel ballare al centro di quattro boys. Valerio Borgioni è un Rodolfo decisamente giovane e istintivo, di cui si apprezza lo slancio e la facilità nel registro acuto che appare sicuro. Mario Cassi infonde simpatia e calore a Marcello con una voce baritonale morbida e ben sorvegliata. Un plauso al Colline ricciuto di Riccardo Fassi per nobiltà interpretativa e la linea di canto curata con cui ha affrontato ogni battuta, compreso il canto legato in “Vecchia zimarra”. Vincenzo Nizzardo ha dimostrato buoni dote istrioniche nei panni di uno Schaunard dall’anima rock, riscuotendo il successo da parte del pubblico. Con loro, del tutto adeguati, Alessandro Pucci (Parpignol), Francesco Pittari (Benoit) e Giacomo Medici (Alcindoro). A completare il cast Davide Filipponi (Un sergente dei doganieri), Gianni Paci (Un doganiere), Andrea Ferranti (Un venditore), il Coro Lirico Marchigiano ottimamente preparato da Martino Faggiani e applaudito anche per la perfetta e non facile prova attoriale, la Banda Salvadei (che nell’aspetto richiama quasi il gruppo musicale dei Cugini di campagna) e i Pueri Cantores perfettamente preparati da Gian Luca Paolucci.
Il Maestro Valerio Galli, giovane e dotato, offre una lettura funzionale alla narrazione con una ritmica avvincente ricca di pathos e slancio ; la direzione si è rivelata sensibile nel non prevaricare le voci fornendo loro giusto sostegno e ha creato un buon afflato in buca, per cui l'Orchestra Filarmonica Marchigiana lo segue convinta e il suono ottenuto è morbido ; qualche larghezza nei tempi consente al canto di ben dispiegarsi, soprattutto nei momenti più espressamente lirici.
Prossime rappr. : venerdì 2 agosto 2024 ore 21, mercoledì 7 agosto 2024 ore 21, domenica 11 agosto 2024 ore 21