Programma

Rudi Stephan (1887–1915)
Musik für Orchester in einem Satz (1912)

Richard Strauss (1864–1949)
Metamorphosen
Studie für 23 Solostreicher

-

Johannes Brahms (1833–1897)
Sinfonia Nr. 4 mi minore op.98

Wiener Philharmoniker

Kirill Petrenko, Direttore

 

3.Abonnementkonzert, Vienna, Großer Musikvereinssaal, 8 e 9 dicembre 2018

Nella Großer Musikvereinssaal di Vienna calorosi applausi per Kirill Petrenko, di ritorno sul podio degli Abonnementkonzert dei Wiener Philharmoniker, a distanza di quasi tre anni dalla prima, ed unica, apparizione.
In programma musiche di Rudi Stephan e Richard Strauss che mettono in evidenza il velluto sonoro degli archi e dei legni dell’orchestra.
Nella seconda parte del concerto, omaggio alla tradizione viennese con una lettura contrastata della quarta sinfonia del genius loci ad honorem Johannes Brahms.

Johannes Brahms vigila a pochi passi di distanza, dall’altra parte della strada al limitare dei giardini di Karlsplatz, intento a comunicare l’influenza che ebbe sulla vita musicale della Vienna, e dunque del mondo musicale tutto, di fine ottocento.
Era arrivato da Amburgo, Germania luterana del profondo Nord, e vi si installò per gli ultimi vent’anni di vita. Un’eternità da nume tutelare.

Monumento a Johannes Brahms in Karlsplatz.

Oggi troneggia con sguardo indecifrabile, guardando dall’alto verso il basso, quello stesso sguardo che avrà riservato mille volte ad esecutori alle prese con le sue composizioni, magari le magistrali elaborazioni da camera che ad ogni occasione stupiscono per comunicare stati d’animo prima mai percepiti ancora dopo infiniti ascolti.
Il monumento eretto a sua gloria insiste ad equa distanza tra la Karlsgasse, in cui terminò la sua esistenza all’attuale civico 4, e l’ideale palcoscenico della celebrazione della sua scienza, quel Musikverein nella cui sala principale, degna controparte di una cattedrale barocca, una delle migliori al mondo per estetica ed acustica, periodicamente si svolge il rito degli Abonnementkonzert dei Wiener Philharmoniker.

Arrivare qui, essere invitati a dirigere un fine settimana quest’orchestra davanti al suo fedele pubblico di abbonati (si dice che occorrano tredici anni di attesa prima di poter sottoscrivere anche solo parzialmente un abbonamento ex-novo, da far impallidire persino l’altra cattedrale inespugnabile per definizione, il Festspielhaus di Bayreuth!), per un direttore d’orchestra corrisponde alla consacrazione.

L’appuntamento è d’obbligo per il russo Kirill Petrenko che, anzi, vi ritorna per la seconda volta, dopo il debutto dell’aprile 2016((2 e 3 aprile 2016, in cartellone Felix Mendelssohn-Bartholdy, Sinfonia nr. 3, op. 56, "Scozzese" e Gustav Mahler, Das Lied von der Erde, solisti Robert Dean Smith e Elisabeth Kulman. Petrenko aveva diretto lo stesso programma con la Bayerisches Staatsorchester nel 5. Akademiekonzert il 14 e 15 marzo 2016 nel Nationaltheater di Monaco di Baviera, solisti Peter Seiffert e Christian Gerhaher)) avvenuto allora a poca distanza dalla nomina a Direttore designato dei Berliner Philharmoniker, fatto questo che lo aveva portato sotto i riflettori ben oltre i trionfali cicli dell’Anello del Nibelungo diretti a Bayreuth tra il 2013 e il 2015, ristretti pur sempre ad un ambito di fedelissimi.
Con queste premesse, per il terzo concerto della stagione di abbonamento 2018/2019, l’attenzione non poteva che incentrarsi sull’opera 98, la quarta ed ultima sinfonia di Johannes Brahms, eseguita nella seconda parte del concerto.
Per una singolare casualità, quest’opera è risuonata al Musikverein con i Wiener la volta precedente, la 259esima secondo gli annali, domenica 11 gennaio 2017, sotto la bacchetta di Christian Thielemann, il direttore che sino all’ultimo rimase in gara per il podio di Berlino, ben più accreditato dell’outsider Petrenko, ed in competizione, casomai, con il lituano Andris Nelsons ((A dire il vero, il percorso che porta alla scelta del direttore stabile dei Berliner è ancor più articolato e, soprattutto, misterioso del conclave pontificio. Nulla che sia trapelato è dato per certo e non ci si può che affidare a poche e non autorizzate indiscrezioni, in assenza di informazioni ufficiali)).
Incroci “pericolosi” ad altissima quota nello star system direttoriale : Thielemann ha appena terminato la direzione del concerto di Capodanno 2019 che già viene annunciata per il 2020 la direzione di Nelsons, a quando quella di Petrenko ?

La Großer Saal del Musikverein vista dalla galleria.

L’avvicinamento a Brahms è particolarmente meditato : di recente l’attenzione di Petrenko si è più volte concentrata sulle sue opere, popolando il cartellone con il Concerto per violino e violoncello ((dopo le serate a Monaco di Baviera, ecco la mini tournée ad Amburgo e New York di cui un parziale resoconto qui4)), con la Prima sinfonia in Israele ((Vedere l'articolo di Wanderer)), con una trascinante Seconda sinfonia ((magistrale anche l’abbinamento con la musica di Schönberg nei concerti di Monaco di Baviera e Lugano, ved. articolo di Wanderer)) e la medesima Quarta sinfonia dell’ottobre 2018 ((anche questa oggetto dell’attenzione di Wanderer)) di ritorno dalla trasferta in Estremo Oriente.

Eccoci alla sinfonia : lascia senza fiato l’avvio degli archi dell’Allegro non troppo con i violini primi e secondi che travolgono con tutto il velluto sonoro e l’indugio infinitesimale di cui sono capaci, un suono dolce ma al tempo stesso malinconico, di cui i Wiener sono depositari inarrivabili ed ideale per questa sinfonia così identificata nell’atmosfera tardo crepuscolare.

Detto del mirabile clima sonoro restituito dagli interventi dei legni spiace, tuttavia, evidenziare anche una certa genericità degli ottoni (talvolta al limite del confuso come nella sezione E) e degli archi stessi, in particolare nei passi pizz. (pizzicato, sezione C dalla battuta 57), che pure sarebbero un altro marchio di fabbrica dei Wiener, apparsi questa volta un po’ sottotono.

Aspetti che scompaiono nell’avvio del successivo Andante moderato che si impone per l’imperioso e sonoro incipit dei corni che prelude, questa volta felicemente, all’ingresso in pizz. degli archi, decisamente più a fuoco che nel movimento precedente, per lasciare poi l’attenzione al clarinetto di Daniel Ottensamer, ora languido ora appassionato ora dolce ma espressivo come dalla battuta 106.

A giudicare dall’esplosione iniziale, diremmo che l’Allegro giocoso sia piuttosto inteso come marziale, tralasciando gli aspetti di danza a favore di impeto e sonorità piuttosto evidenti, sempre precise ma in talune occasioni (sezione B) al limite del meccanico.

L’Allegro energico e passionato coglie nel segno quando, dopo una esposizione decisa e marcata, tutti gli archi dalla misura 33 inondano la sala con un suono caldo ed appassionato (f ben marcato largamente) sino alla muscolosa esplosione della sezione C, che prelude alla sospensione dell’espressivo e intenso solo del flauto (un bravissimo Walter Auer) che prende avvio alla battuta 97, prima di avviarsi alla efficace perorazione finale.

Applausi per Kirill Petrenko al termine del primo concerto.

Questo è uno dei misteri dell’interpretazione : avendo a disposizione un'orchestra straordinaria come i Wiener Philharmoniker, da entrambe le parti può non scoccare la scintilla delle occasioni irripetibili e il risultato complessivo, esente da errori e pur di altissimo livello, essere meno coinvolgente di altre volte.

Ancor più valore assume, dunque, l’intesa raggiunta da Petrenko con la sua Bayerisches Staatsorchester, per quanto poco sia lecito sostenere confronti di questa natura, che è oggi testimone di una simbiosi interpretativa basata su una totale unità di intenti che porta a risultati di altissimo valore musicale difficilmente eguagliabili.

Kirill Petrenko ringrazia il pubblico al termine del secondo concerto.

Reso conto del “pezzo forte” Brahmsiano, occorre ora tornare alla prima parte del concerto, che ha visto in programma due pagine di elevato interesse ma rara esecuzione.

Rudi Stephan visse a cavallo del cambio di secolo tra l’ottocento e i novecento, morì sul fronte ucraino della Grande Guerra nel 1915.
Resta a ricordarcelo una manciata di composizioni di gusto tardo romantico tra cui spiccano alcuni lieder, due Musik für Orchester in einem satz (1910 e 1912)  e una Musik für Geige und Orchester (1913).
L’Autore non sentì la necessità di fornire indicazioni programmatiche sull’ispirazione di queste composizioni per orchestra, legittimando in qualche misura l’ipotesi che avesse almeno intenzione di intraprendere un percorso verso uno stile espressionista ed oggettivo che superasse il modello di Richard Strauss.
In precedenza, una sola volta i Wiener Philharmoniker hanno suonato musica di Stephan, quando nell’ottobre 1978 nel cartellone del 1.Abonnementkonzert comparve la Musik für Geige und Orchester, sotto la bacchetta di Christoph von Dohnányi e con Christian Altenburger violino solista.
Per parte sua, Kirill Petrenko diresse quest’ultimo brano e la seconda Musik für Orchester in einem satz, la più nota delle due, alla testa dei Berliner Philharmoniker nel dicembre 2012.
Senza sconvolgere il panorama musicale, si tratta con quest’ultima composizione di un poema sinfonico di gusto tardo ottocentesco che alterna tempi lenti a tre vitalistici episodi veloci che lasciano quanto meno assaporare richiami alla musica di Salomè e intravedere scatti novecenteschi alla Stravinskij.
Ancor più caratterizzate le tre introduzioni che oscillano tra citazioni del clima musicale ciaikovskijano (Patetica e Manfred, soprattutto) ed echi wagneriani : per non lasciar spazio a dubbi e far capire da che parte stava, Stephan affida ad un solo di corno inglese il compito di materializzare Tristano in sala.

Con queste premesse si capisce come Petrenko sia oggi il direttore ideale per queste musiche e questi climi sonori. Ne esalta i pregi tramite una direzione precisissima e rigorosa che però non mette freno a generose ondate di suono avvolgente (di cartapesta sin che si vuole ma pur presenti in larga misura nella produzione dell’epoca), e lascia che le prime parti dei Wiener si mettano in bella mostra (non mancano l’appuntamento il primo violino Rainer Honeck e l’oboe di Alexander Öhlberger) con un suono luminoso ed infallibile.
Solamente ventitrè archi restano sul palco per Metamorphosen di Richard Strauss, per questo ricamo musicale in cui lo spirito tedesco piange sulla propria tragedia.

Il titolo del brano non contribuì mai a risolvere il senso dell’opera, non applicandosi chiaramente (o solamente!) il senso di metamorfosi, che per sua natura rappresenta più un divenire che una semplice variazione.
Il mistero si scioglie forse in quelle citazioni dei giganti tragici beethoveniani, la quinta e la terza sinfonia : il Destino e la Marcia funebre sono quelli della Germania che piange la fine della sua gloria culturale trascinata nel baratro dall’illusione imperialista, con tutti gli orrori che la follia si portò dietro.

Petrenko non ci impone una interpretazione o l’altra, lascia che con micrometrica precisione il tessuto sonoro si srotoli nell’intreccio delle varie sezioni degli archi e che sia ognuno a meditare sul senso del brano senza propendere per aspetti estremi, giocando su impercettibili variazioni dinamiche e riscoprendo momenti di tenerezza inattesa.

Applausi finali del pubblico al termine del secondo concerto.

Al termine di entrambi i concerti, tenutisi come da tradizione il sabato pomeriggio e la domenica mattina, calorosi e ripetuti applausi del pubblico hanno accolto l’orchestra ed il direttore Petrenko.

 

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Paolo Malaspina
Paolo Malaspina, nato ad Asti nel 1974, inizia a frequentare il mondo dell’opera nel 1989. Studia privatamente canto lirico e storia della musica parallelamente agli studi in ingegneria chimica, materia nella quale si laurea a pieni voti nel 1999 presso il Politecnico di Torino con una tesi realizzata in collaborazione con Ecole Nationale Supérieure de Chimie de Toulouse. Ambito di interesse musicale : musica lirica e sinfonica dell’ottocento e novecento, con particolare attenzione alla storia della tecnica vocale e dell'interpretazione dell'opera lirica italiana e tedesca dell'800.

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