Mit Flügeln, die ich mir errungen,
in heißem Liebesstreben
werd’ ich entschweben
zum Licht, zu dem kein Aug’ gedrungen.
Sterben werd’ ich um zu leben.
Aufersteh’n, ja aufersteh’n
wirst du, mein Herz, in einem Nu !
Was du geschlagen
zu Gott wird es dich tragen ! ( Friedrich Gottlieb Klopstock, V mov.)
Con ali, che ora sono mia conquista,
in uno slancio vivo e caldo
d’amore, io volerò in alto
verso la luce che nessuna vista ha penetrato mai.
Io morirò per vivere.
Risorgerai, certo, risorgerai,
mio cuore, in un istante !
Tutto ciò che avrai vinto e conquistato
a Dio ti condurrà. »((trad. italiana di Quirino Principe))
Per aspera ad astra.((trad. Su fino alle stelle attraversando le difficoltà))
E’ un percorso rigoroso e serrato quello per il quale Riccardo Chailly ci conduce attraverso la Seconda sinfonia di Gustav Mahler, in cartellone al Teatro alla Scala per tre serate da rammentare per il pregevole esito complessivo.
Uno Chailly in ottima forma, dal gesto elegante e coinvolgente, che inaspettatamente e in maniera originale non parte dal racconto di una tragedia immanente ma ci mette davanti agli occhi gli esiti di una tragedia passata, di cui rimane nel primo movimento il segno del dolore, asettico e straniato. E’ questo un viaggio, dunque, che non può che prendere avvio con sonorità al limite del cameristico, un quadro sonoro spaesato senza esplosioni o squassi primordiali.
Ci racconta l’esasperazione al confine della rassegnazione di chi deve ripartire sui resti dell’esistenza e si guarda attorno, senza trovare parole o lacrime per piangere.
Una lettura coerente marcata da una costante attenzione alla tenuta ritmica e alla scansione del tempo che scorre, così tanto sottolineato dal pizzicato dei contrabbassi.
L’ingresso dell’arpa è un raggio di luce che si insinua per un attimo nella desolazione ma, appunto, lo è solo per un attimo.
Dopo un momento di pausa che fa respirare la sala e con il necessario distacco, nello spirito dell’indicazione mahleriana anche se non nel difficile dettato((Hier folgt eine Pause von mindestens 5 Minuten in partitura, trad. Segue una pausa di almeno 5 minuti)), un immaginario sipario dischiude un’atmosfera del tutto nuova, contraddistinto dall’eleganza e dalla leggerezza del tessuto orchestrale, apparentemente un altro mondo sonoro che si ricollega alla viennesità più classica. La maestria del direttore e dell’orchestra strappano un timido spontaneo applauso al termine del secondo movimento.
Con uguale felicità interpretativa lo scherzo che segue, in cui Mahler riutilizzò il materiale della Predica di Sant’Antonio da Padova ai pesci dall’inesauribile riserva di idee del Des Knaben Wunderhorn, scivola via sotto la bacchetta di Chailly con l’argento vivo addosso, energico e vibrante, a tratti marcatamente parodistico e sbilanciato verso il novecento.
Giunto alla vertice dell’opera, alle prese con tanto materiale tematico e musicale Mahler non mostrò ancora l’abilità che lo porterà alla magistrale sintesi dei capolavori della piena maturità.
Sotto la scure della rigorosa coerenza con quanto ascoltato in precedenza, non stupisce dunque che i due ultimi movimenti finiscano per lasciare allo scoperto alcuni momenti contraddittori dell’opera e risultino quelli meno a fuoco della serata.
Non vi ritroviamo l’enfasi consolatoria della parola, lo slancio sfrenato verso la risurrezione o l’abbagliante assertività finale, ma nei momenti migliori una tesa, calibrata e talora sofferta ascesa ad un vertice ritenuto e controllato, non immemore della desolazione iniziale.
A sostituire le interpreti originariamente previste, l’americana Erin Morley e la svedese Anna Larsson sono due discrete interpreti poco più funzionali alla resa complessiva. Precisa e corretta la vocalità del soprano, non particolarmente coinvolgente per espressione e colore ; dal timbro ormai usurato e vuota nei gravi la voce del contralto cui si deve, comunque, il principale fremito emozionale della serata per il suo Der Mensch liegt in größter Pein !
Ancora una volta degna di lode l’esecuzione dell’Orchestra del Teatro alla Scala che ha ben sostenuto, soprattutto con le sezioni dei legni e degli ottoni, la direzione del Maestro Chailly e, del pari, quella del Coro.
Al termine della serata, calorosi e meritati applausi per tutti gli interpreti.