Angel and Visitations, questo il titolo del lavoro, finora ineseguito a Santa Cecilia, di Einojuhani Rautavaara (Helsinki 1928–2016), il maggior compositore finlandese del secondo Novecento. Stimato e incoraggiato, ancora in giovane età, da Jan Sibelius in persona e dalla fondazione che ne reca il nome, Rautavaara ha sviluppato i suoi studi dapprima alla Juilliard School di New York. Poi, conseguita una borsa di studio, poté proseguire nel Tanglewood Music Center, allievo di Roger Sessions e di Aaron Copland. Proprio da quest’ultimo, Rautavaara ha assorbito l’attitudine ad attingere ispirazione sia da suggestioni naturalistiche, sia dalle intime pulsioni della moderna sensibilità metropolitana. E ha saputo far proprie tali spinte, senza allinearsi a dogmi e settarismi di certa avanguardia musicale europea, ma anzi esprimendo in piena libertà una dimensione di contenuti e di linguaggio, che indirettamente lo avvicina all’esempio di Olivier Messiaen, anche per un certo alone di misticismo e di religiosa sensibilità, che affiora sovente nel musicista finlandese.
Il motivo degli angeli ritorna più volte nel percorso creativo di Rautavaara, in diverse partiture. Ma non si tratta di angeli benefici e tutelari, come noi siamo abituati a concepirli. Sono piuttosto figure ambivalenti, oscillanti tra dimensione divina e terrena, ben distinti da entità demoniache ma anche da esse inscindibili, come insegnano la letteratura teologica e certe credenze comuni. Sono angeli spaventevoli, il cui abbraccio potrebbe anche soffocare. Sono precisamente gli angeli delle Elegie duinesi di Rainer Maria Rilke, che Rautavaara racconta di aver letto nel 1978, stesso anno di composizione di Angel and Visitations. Si tratta di un lavoro di ampie dimensioni, circa venti minuti, per organico piuttosto nutrito, che inizia su un impalpabile, evanescente affresco affidato soprattutto agli archi. Questo clima onirico prende via via quota e colore, in una dimensione suggestiva e irreale, che è poi spezzata dalla sovrapposizione di improvvise e minacciose sortite di ottoni. Il racconto prosegue per episodi successivi, che si alternano come in un’astratta visione. Molto attenta la direzione di Mikko Franck, che con gesto sensibile e sicuro valorizza le sfumature della complessa tavolozza. La partitura ne risulta illuminata in ogni piega : un compito impegnativo, nel quale si sono confermate le pregevoli doti di Franck, che ha guidato l’orchestra a un esito di alta qualità.
È seguito il Concerto n.°1 in re maggiore per violino e orchestra op. 19 di Sergej Prokof’ev, che ha segnato l’esordio della giovane Alina Pogostkina sul palcoscenico romano. Con la sua struttura inconsueta, che propone un andamento pacato nei due movimenti estremi, a incorniciare lo “Scherzo : vivacissimo” dell’episodio centrale, questo concerto è il più noto dei due creati dal compositore russo. Nella sua voce calda e suadente, il violino della Pogostkina ha disegnato con incisiva intraprendenza il dialogo con l’orchestra. Affascinante morbidezza nella pagine cantabili, autorevole energia in quelle più concitate e impervie tecnicamente ; un confronto serrato, nel quale la solista russa ha impresso il segno di un’indiscutibile personalità.
La seconda parte della locandina era occupata dai Quadri di un’esposizione di Mussorgkij, nell’orchestrazione di Ravel. E qui Mikko Franck ci ha fatto riascoltare questa pagina come non accadeva da anni, pennellandone a piene mani l’arcobaleno di colori, con la soddisfatta collaborazione dell’orchestra. Pagina che oggi invece vive di esecuzioni spesso più sofisticate e contenute, che un certo gusto radical-chic dei nostri tempi impone, per timore di scivolare in un facile compiacimento sonoro. Ma bisogna sottolineare che la solida concertazione di Franck, e il suo controllo di equilibri e colori, hanno reso giustizia alle finezze e alle pastellature di Mussorgskij-Ravel, tenendosi alla larga da cadute di stile. A onor del vero, la trionfale conclusione era troppo sonora. Però la personalità interpretativa di questo giovane direttore ha certamente destato impressione, per la chiarezza di idee e la capacità di realizzarle.
Di notevole interesse il concerto di questo giovane direttore che ha pienamente colpito nel segno le esigenze di molti spettatori di conoscere e apprezzare nuovi talenti. Naturalmente grazie anche a siti propositivi e attenti come questo.
Complimenti per questa esaustiva recensione che conferma ancora una volta la sensibilità e la preparazione di Wanderer e del giornalista Saponaro per avvenimenti musicali di perfetta qualità.