Due fattori hanno caratterizzato le tre serate. Da una parte, la buona partecipazione di pubblico, che in questo genere di musica non ti aspetteresti lontano dalle metropoli. Dall’altra, la notevole qualità e varietà di linguaggi. Nella prima sera si è tenuta un’azione scenica, con declamazione di poesie in dialetto e in lingua, e con musica elettronica live e flauto. Il programma ha inteso rendere omaggio a uno scrittore e poeta del luogo, Luigi Melilli, nel centenario della nascita. Il compositore Danilo Santilli ha creato musiche e live electronics, accompagnando azione e letture con un tessuto musicale ad hoc, concepito sull’intreccio di suoni di sintesi da un lato, e dall’altro di suoni concreti registrati nell’ambiente naturale del luogo. La serata successiva ha dato spazio sia a opere elettroacustiche dal vivo, sia a lavori di musica acusmatica, vale a dire di musica per altoparlanti. Da citare Soundings in Pure Duration n.° 2a, lavoro acusmatico per suoni percussivi ed elettronici, del compositore statunitense James Dashow. È un’opera che fa uso di una grande varietà di suoni percussivi preregistrati, buona parte dei quali di origine africana e latino-americana. Ha poi destato intensa suggestione Yoghi Manuela, lavoro di Giorgio Nòttoli sul respiro Ujjayi (“respiro vittorioso”),tecnica yoga di controllo del respiro, che aiuta a rasserenare la mente, migliorare la respirazione, e rafforzare l’organismo. Intriso di delicato raccoglimento, questo pezzo presenta una graduale sovrapposizione di differenti strati e timbri sonori, eterogenei ma interconnessi, sorreggendo il respiro che progressivamente evolve.
È stato un lavoro di Lorenzo Pagliei a introdurre il concerto finale : L’Aleph, pagina acusmatica per suoni di gong elaborati elettronicamente. Il pezzo attinge il titolo dall’omonimo racconto di Jorge Luis Borges, ed è realizzato coi suoni di un enorme gong (207 cm di diametro), sorgente sonora unica e perciò affascinante, capace di produrre suoni di eccezionale potenza e qualità. Ne emerge un caleidoscopio inesauribile di suoni, da tenui a dirompenti, che ci fa capire come sia impossibile investigarne tutte le risorse, così come dal racconto di Borges si evince che non è dato delimitare l’infinito in una forma precisa. All’ascolto, l’effetto di questa musica è simile al respiro di un essere misterioso, un po’ come il monolite di Odissea nello spazio. Acusmatico anche Étude de sons, di Gregorio Jiménez, professore di composizione elettroacustica e tecnologia musicale nel laboratorio, da lui fondato, del Conservatorio di Valencia. Commissionato dall’istituto di musica elettroacustica di Bourges nel 2009, il lavoro percorre ed esplora molti materiali, diversi fra loro : suoni brevi o lunghi, concreti o astratti, gravi o acuti, opachi o luminosi, suoni che si avvicinano o si allontanano, e così via.
Di sapore “new age”, quasi pop, appare Dusk, recente creazione di Massimiliano Cerioni. È un pezzo audiovisivo, una pagina pensosa, ispirata dai colori morenti del crepuscolo di una lunga giornata nell’emisfero boreale. Lavoro fondato su uno spesso agglomerato di timbri elettronici, esso appartiene alla categoria della musica-drone, caratterizzata da sonorità estremamente dilatate, e dal lento sviluppo di dense fasce sonore. Frammenti di un discorso rumoroso, di Federico Scalas, nel titolo ammicca al titolo di un saggio del grande linguista Roland Barthes, dove però il discorso non è rumoroso ma “amoroso”. Si tratta di un montaggio di suoni e rumori, nel quale emerge un uso pienamente libero di materiali, linguaggi, tecniche di sintesi accanto a suoni e rumori di origine concreta.
Musica visuale, nella quale cioè il compositore coordina il suono con l’immagine di riferimento, è quella di Things I have seen in my Dreams, di João Pedro Oliveira, musicista portoghese che, dopo aver condotto anni di studio in Lisbona, ha perfezionato la sua formazione nell’Università di Stony Brook, presso New York. Largamente eseguito e premiato sulla scena internazionale, Oliveira esibisce un nutrito catalogo di composizioni, che vanno dal teatro musicale a pagine per orchestra, a lavori da camera, a musiche elettroacustiche e video sperimentali.
Kilian Schwoon, musicista tedesco che si è formato in Germania, dove attualmente insegna composizione elettroacustica all’Università di Brema, vanta un’intensa attività come interprete e ricercatore nel campo del live electronics, che tra l’altro lo ha portato a realizzare progetti di Luciano Berio in importanti sedi internazionali. Il suo Umbrische Fenster – studio acusmatico su suoni elettroacustici all’aria aperta – nacque nel 2001 in seno a un festival estivo che si tiene a Panicale, in Umbria, donde il titolo del pezzo. Invitato in quell’occasione, con altri compositori, a creare pagine ispirate da materiale registrato in loco, Schwoon ha allestito questo lavoro di delicato profilo, concepito per inglobare suoni della piazza e suoni elettronici, appunto come “finestre” in mezzo a strutture sonore che evolvono e si relazionano con i suoni attinti in paese.
A confermare la qualità della rassegna, e a concludere la serata e il festival, Tree Blossom IV, quarta versione (2018) di un lavoro audiovisuale di Christian Banasik, compositore tedesco di origine polacca, ospite d’onore della manifestazione. Basanik è importante figura nel campo della musica elettroacustica, attivo nella città di Düsseldorf, dove insegna all’Università nel Dipartimento di suono e immagine. Purtroppo l’epidemia di Covid 19 ha impedito l’arrivo anche di alcuni giovani studenti del Dipartimento. Ma Basanik è stato comunque protagonista di un interessante incontro con il pubblico, prima del concerto. L’ideazione di Tree Blossom IV deriva dalla colonna sonora che, anni fa, lo stesso Basanik aveva creato per sonorizzare un film muto, un documentario del 1929 su un’antica festa popolare che si svolgeva ogni anno a Werder, cittadina vicino a Berlino. Quella musica era originalmente composta per pianoforte e campionatore, controllati da MIDI. La stesura attuale si basa su quella colonna sonora, ma la espande in termini di atmosfera ed espressività emotiva e spaziale, nel senso che i suoni del pianoforte vengono elaborati, e mescolati a voci fissate su registrazioni degli anni trenta, echeggiando anche motivi tratti dall’Opera da tre soldi di Weill-Brecht, coeva al film originario e alle registrazioni d’epoca. E poiché il video è stato rielaborato con gusto attuale, in sintonia con la veste musicale, da questa riscrittura emergono sfumature di colore, movimenti ritmici, spezzoni di motivi concreti. E il tutto ha contribuito a creare un’atmosfera rarefatta, e di forte pregnanza, che ha concluso il Festival con un suggello del tutto peculiare.