Programma

14 giugno 2023

Johann Sebastian Bach (1685–1750)
Partita n. 3 in mi maggiore BWV 1006
1.Preludio-
2.
Loure
3.Gavotte en Rondeau
4.Menuet I
5.Menuet II
6.Bourrée
7.Gigue

Sonata n. 2 in la minore BWV 1003

  1. Grave
  2. Fugue
  3. Andante
  4. Allegro

Sonata n. 3 in do maggiore BWV 1005

  1. Adagio
  2. Fugue (Alla breve)
  3. Largo
  4. Allegro assai

 

15 giugno 2023

Johann Sebastian Bach (1685–1750)
Sonata n. 1 in sol minore BWV 1001

  1. Adagio
  2. Fuga (Allegro)
  3. Siciliano
  4. Presto

Partita n. 1 in si minore BWV 1002

  1. Allemande
  2. Double
  3. Courante
  4. Double
  5. Sarabande
  6. Double
  7. Bourrée
  8. Double

Partita n. 2 in re minore BWV 1004

  1. Allemande
  2. Courante
  3. Sarabande
  4. Gigue
  5. Chaconne

Leonidas Kavakos, violinista

Ravenna, Basilica di Sant'Apollinare in Classe, 14 e 15 giugno 2023, Ore 21.30

Giunto alla piena maturità artistica, il cinquantacinquenne Leonidas Kavakos ha compiuto un passo fondamentale nella vita di ogni grande violinista, cimentandosi con uno dei massimi monumenti dell’arte violinistica, le sei Sonate e Partite di Johann Sebastian Bach. Le ha prime incise e ora le ha eseguite al Ravenna Festival per la prima volta in Italia 

La basilica di Sant’Apollinare in Classe ha accolto un vasto pubblico accorso ad ascoltare Leonidas Kavakos, invitato dal Ravenna Festival a suonare in due concerti le sei Sonate e Partite di Bach. È stata indubbiamente una splendida scenografia per il violinista greco, che aveva alle sue spalle gli splendidi mosaici di epoca bizantina dell’abside e dominava gli ascoltatori dall’alto dei dodici gradini che separano il presbiterio dalla navata. Mentre in molte chiese ed altri edifici storici alla bellezza del luogo non corrispondono adeguate condizioni d’ascolto, la basilica ravennate ha anche un’eccellente acustica, indispensabile per ascoltare questa delicata musica per violino solo nelle condizioni migliori anche in fondo alla vasta navata.

Precedentemente Kavakos aveva registrato in una chiesa di Berlino queste stesse composizioni, pubblicate in due cd nel 2022 col titolo Sei Solo.

Questo non deve indurre a credere che cerchi nella musica di Bach l’aspetto mistico e religioso. come alcuni grandi interpreti di un lontano passato, quali Schweitzer e Casals : va detto quest’interpretazione di ascendenza romantica è stata coroborata da studi moderni, che hanno individuato citazioni di corali luterani non solamente nei movimenti delle Sonate ma anche in alcune danze delle Partite. La sua interpretazione non tende neanche alla nobile severità e alla purezza neoclassica di Milstein, Grumiaux e altri violinisti di un passato meno lontano. E nemmeno pretende di essere ‘storicamente informata’: in un’intervista Kavakos ha affermato che “un arco barocco è molto utile per imparare come approcciarsi a questa musica e ti porta a suonarla come dovrebbe essere suonata ; ma una volta che hai questa conoscenza, non c'è nessun arco d'epoca che possa eguagliare la capacità di un arco di Tourte o Peccatte”. E se ha scelto l’accordatura barocca, abbassando di circa un semitono il diapason, non è per scrupolo filologico ma perché “apre il suono del violino […] crea spazio in modo che le note basse suonino effettivamente come note basse : poiché il violino è uno strumento ad alta frequenza, generalmente gli manca la profondità dei registri più gravi”. Inoltre Kavakos opta per una quasi totale assenza di vibrato ma non sapremmo dire se sia l’influsso delle esecuzioni ‘storicamente informate’ o una sua autonoma scelta.

Ma allora com’è la sua interpretazione ? È diversa da ogni altra, è personale ma non arbitraria. Cercando di spiegare sinteticamente : la sua lettura è oggettiva, perché è fedelissima al testo (abbellimenti compresi), esegue tutti ritornelli, si mette totalmente al servizio della musica di Bach . Ma allo stesso tempo è soggettiva, perché cerca ogni volta un’interpretazione diversa in funzione delle caratteristiche di ogni singolo movimento, così come sceglie un’intensità e un colore diversi per ogni nota, anche per le singole note che costituiscono un accordo ! Ci vuole una tecnica dell’arco prodigiosa per ottenere questo risultato, che lascia stupiti e ammirati, ma non è affatto un’esibizione virtuosistica, perché, se il suo intento fosse dimostrare quant’è bravo, Kavakos potrebbe fare con minore fatica cose ben più appariscenti. Semmai nasce talvolta il sospetto che ci sia una dose di manierismo in questa ricerca di differenziare microscopicamente ogni singola nota : accade, per esempio, nel meraviglioso Andante della Sonata n. 2, che, suonato così, rischia di diventare frammentario. Ma nella maggior parte dei casi il risultato è straordinario, in particolare nelle fughe, dove le linee contrappuntistiche risaltano con perfetta chiarezza : si può ben capire che alla fine della prima fuga in ordine di esecuzione, quella della Sonata n. 2 sia esploso uno spontaneo applauso, fuori luogo ma giustificato dalla bellezza di ciò che si è ascoltato.

Indubbiamente questo modo di suonare Bach esige molta concentrazione da parte dell’ascoltatore, perché ogni minimo dettaglio assume molta importanza, eppure non è un’esecuzione seriosa, perché i momenti sereni e distesi si alternano a quelli cupi e le danze ai momenti severi : come detto, Kavakos non segue uno standard unico per ogni pagina di Bach e sotto le sue dita ogni movimento è diverso, profondamente diverso.

Il primo concerto inizia (l’ordine d’esecuzione è lo stesso seguito nei suoi due cd) col Preludio della Partita n. 3 e per l’ascoltatore è subito uno choc, per il combinato disposto del tempo formidabilmente veloce e della differenziazione di ogni singola nota : questo turbine di note dal colore sempre leggermente diverso l’una dall’altra si risolve in una sorta d’iridescente nebbia sonora, anche  per l’uso costante del colpo d’arco noto come bariolage, che crea un effetto come di bordone. Segue la Loure, molto lenta, da cui scompare ogni riferimento al ritmo di danza, che in Bach è debole ma sussiste. Viceversa la Gavotte en rondeau conserva all’inizio, ma soltanto all’inizio, la sua grazia rococò.

Nell’Adagio iniziale della Sonata n. 3 Kavakos rinuncia al suo caleidoscopio di timbri e adotta un tempo molto lento, a tratti quasi strascicato. E, dopo un’altra splendida Fuga, il breve Largo è tranquillo, pensoso. Ma il movimento finale, è ancor più che Allegro assai, – così indica Bach – e diventa un pulviscolo di note, ognuna chiara e perfetta, ma talmente veloci che l’effetto è come di una scia sonora, perché l’orecchio fatica a separarle l’una dall’altra. Dunque generalmente i tempi sono più rapidi del consueto, spesso molto più rapidi, ma non mancano le eccezioni.

Come accennato, l’approccio di Kavakos a Bach è sempre diverso e imprevedibile. E infatti la sera successiva molte cose cambiano. La pietra di paragone è il Preludio della Sonata n. 3, eseguito alla fine del concerto come ultimo bis a conclusione del ciclo bachiano : ebbene, questa volta è decisamente più lento di come lo avevamo ascoltato all’inizio della sera precedente. In effetti non solo in questo bis ma in tutto il secondo concerto i tempi (con alcune eccezioni) sono lenti, talvolta lentissimi. È il caso dell’Adagio e dell’Allemande che aprono rispettivamente la Sonata n. 1 e la Partita n. 1. Il tempo molto lento e il ritmo libero conferiscono alla Sarabande della Partita n. 1 qualcosa di ultraterreno e lasciano emergere il raccoglimento quasi religioso di questa musica, fino ad allora assenti nell’interpretazione di Kavakos. Però in questa stessa Partita il Double della Corrente ha la velocità di un fulmine e la Bourrée (Bach la definisce Tempo di Borea) è scatenata. Infine nella Ciaccona della Partita n. 2, tenuta in serbo come gran finale, le arcate – fino ad allora cortissime – diventano più lunghe, il suono più omogeneo e le dinamiche più morbide, valorizzando splendidamente la cantabilità dolcissima del movimento più celebre di questa raccolta : in questo caso Kavakos non rifiuta di attribuire a Bach una spirituale patina romantica – forse antistorica ma sicuramente suggestiva – e il ciclo dei Sei Solo si chiude in modo profondamente emozionante.

Già durante il primo concerto gli applausi erano stati più che calorosi, ma alla fine del secondo tutti gli ascoltatori erano in piedi ad applaudire entusiasticamente. E certamente sarebbero rimasto ad ascoltare ancora a lungo, non accontentandosi dei due bis concessi, che tuttavia sono sicuramente stati un sforzo generoso da parte di Kavakos, dopo un concerto come questo, che, suonato come lo ha suonato lui, è un vero tour de force.

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Mauro Mariani
Mauro Mariani ha scritto per periodici musicali italiani, spagnoli, francesi e tedeschi. Collabora con testi e conferenze con importanti teatri e orchestre, come Opera di Roma, Accademia di Santa Cecilia, Maggio Musicale Fiorentino, Fenice di Venezia, Real di Madrid. Nel 1984 ha pubblicato un volume su Verdi. Fino al 2016 ha insegnato Storia della Musica, Estetica Musicale e Storia e Metodi della Critica Musicale presso il Conservatorio "Santa Cecilia" di Roma.
Crediti foto : © Zani Casadio

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