Leyla Gencer è stata una delle figure mitiche dell'opera lirica e soprattutto del Belcanto, nel periodo d'oro del canto italiano, quando Maria Callas, Renata Tebaldi, Joan Sutherland, Beverley Sills si dividevano il mercato discografico. In quegli anni, dall'inizio degli anni Sessanta, un'altra stella trionfò sui palcoscenici essenzialmente italiani, Leyla Gencer, che difese il grande repertorio romantico, le regine di Donizetti, Norma, I Puritani, e i grandi ruoli del Belcanto, ma anche Lady Macbeth del Macbeth di Verdi, Odabella di Attila, o Elena dei Vespri Siciliani. Una figura che poi è stata coinvolta in attività di formazione per giovani cantanti, universalmente rispettata fino alla sua scomparsa a Milano nel 2008. Maurizio Jacobi evoca Leyla Gencer con la sua sensibilità e il suo umorismo discreto.

 

La prima volta che incontrai Leyla Gencer di persona, fu in occasione dell’insediamento della Commissione del Concorso Toti Dal Monte del 1991, che presiedevo ; l’opera era Così fan tutte ; la preparazione dei vincitori era affidata alla Bottega diretta da Peter Maag.
Leyla Gencer era stata una grande cantante, una delle massime protagoniste della Donizetti Renaissance, considerata la rivale (turca) della Callas (greca); all’epoca era responsabile artistica dell’As.Li.Co,   che selezionava (e seleziona tutt’ora) giovani cantanti europei, fornendo loro un percorso di formazione di alto livello ; godeva fama di severità.

Si presentò alla riunione con un portamento regale.
In commissione c’erano altre due regine : una anche di nome, Regina Resnik, docente a NewYork e a Parigi ; l’altra la mitica ma ben presente Magda Olivero, colei che Francesco Cilea aveva ritenuto insostituibile nel ruolo di Adriana Lecouvreur.
Tutte e tre erano famose non solo per le qualità vocali, ma anche per il carisma scenico (anche fuori dal palcoscenico, che dominavano ancor prima di aprir bocca semplicemente entrandovi).
Per di più, Leyla Gencer e Regina Resnik (significativamente entrambe grandi interpreti di Lady Macbeth) avevano avuto e avevano parte in eventi politici e storici del ‘900 ; la prima era ambasciatrice culturale della Turchia nel mondo, la seconda testimone ovunque della Shoah ; la prima aveva già una propria statua di notevole dimensione davanti al Teatro di Ankara, la seconda aveva già un proprio grande ritratto nel foyer del Metropolitan di New York ; la prima aveva cantato a Milano ai funerali di Arturo Toscanini, diretta da Victor De Sabata ; la seconda era stata la prima cantante ebrea ad esibirsi a Bayreuth dopo la seconda guerra mondiale, nel ruolo di Sieglinde nel Ring diretto da Clemens Krauss nel 1953.
Le tre Dive si scrutavano e misuravano a vicenda con prudenza, rivolgendosi con affettata educazione l’una verso l’altra ; ciò che mi destava una vaga inquietudine.
Durante la discussione, Leyla Gencer se ne uscì con una delle sue improvvise e folgoranti battute, che non erano immediatamente recepite come tali, perché aveva un modo di esprimersi abbastanza sussiegoso, ma diventavano irresistibili a scoppio ritardato.
Dopo l’attimo necessario per capire che era stata proprio la Diva ad avere detto una cosa spiritosa, e che era una manifestazione di complicità, il clima si fece per tutte (e con sollievo per tutti) assai amicale.
Era fatta così : sembrava a prima vista altezzosa, ma dietro l’apparenza vi era una persona sensibile, disponibile all’amicizia, ed anche affettuosa.
Entrò a fare parte dell’Eurobottega, che era un gruppo molto unito e quindi anche umanamente protettivo ; ma ciò comportava recarsi in varie città e teatri per audizioni e concorsi ; lei aveva qualche difficoltà di spostamento, ma veniva ovunque fosse necessario e con entusiasmo ; solo una volta mi telefonò per dirmi che le dispiaceva moltissimo, ma non poteva, perché doveva partecipare ad un ricevimento ufficiale dato dal  Presidente della Repubblica Italiana, con il risultato di esser anche costretta a rimanere a pranzo con “tutti quei noiosi ambasciatori”.

Non mi è sembrata poi così severa come insegnante : capiva subito i talenti e li valorizzava ; è vero che non era indulgente con chi non aveva l’umiltà di comprendere che certi livelli non li poteva raggiungere ; ma scoraggiando per tempo i non dotati faceva solo il loro bene, perché nel mondo in realtà spietato delle professioni teatrali, poche cose sono più frustranti dell’accorgersi a posteriori di essere un cantante mediocre senza possibilità di avere un pubblico diverso dagli ammiratori nel Centro Parrocchiale.
Privilegiava la tecnica, senza la base della quale non si può arrivare all’interpretazione ; lei stessa, nel calcare le scene, aveva curato maniacalmente il controllo del fiato e del volume, a supporto di un timbro che diventava per intelligenza interpretativa appropriato ad ogni momento psicologico del personaggio interpretato ; e poi, voce piena nei centri, sublime nei piani e nei pianissimi, nitida e timbrata negli acuti facilissimi.
Ne risultavano appunto interpretazioni indimenticabili, purtroppo poco documentate.
E’ un peccato che il suo ricordo, per chi non l’ha sentita dal vivo, derivi quasi esclusivamente da registrazioni pirata di prestazioni dal vivo ; non voleva legarsi a case discografiche, e lei stessa si autodefiniva scherzosamente “Regina dei Pirati”.

Regina, come tanti personaggi femminili da lei interpretati.
Era aristocratica, ma non per diritto ereditario, bensì avendo conquistato giorno per giorno, caparbiamente, il posto elevato che le competeva nel mondo dell’interpretazione, senza trucchi tecnologici e senza soggezione alle leggi di mercato.
Forse aveva ragione : un mito è tale se la sua realtà rimane misteriosa ; su sua richiesta, le sue ceneri sono state disperse nel Bosforo, insieme a tante sue mitiche interpretazioni.

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