Giacomo Puccini (1854–1924)
Tosca (1900)
Melodramma in tre atti
Libretto di Luigi Illica e Giuseppe Giacosa dal dramma La Tosca di Victorien Sardou
Prima assoluta il 14 gennaio 1900 al Teatro Costanzi de Roma

Direzione musicale : Zubin Mehta
Maestro del Coro : Lorenzo Fratini
Coro di voci bianche : Wolfgang Götz

Floria Tosca : Anna Netrebko
Mario Cavaradossi : Jonas Kaufmann
Il Barone Scarpia : Luca Salsi
Cesare Angelotti : Alessandro Spina
Sagrestano : Alfonso Antoniozzi
Spoletta : Francesco Pittari
Sciarrone : Giulio Mastrototaro

Carceriere : Adolfo Corrado
Un pastore : Cecilia Bartoli

Salzburger Festspiele und Theater Kinderchor
Orchestra e Coro del Maggio Musicale Fiorentino

 

Salisburgo, Grosses Festspielhaus, 24 maggio, ore 15

Il Festival di Salisburgo-Pentecoste 2021 si è concluso in uno sfavillio di lusso, in un Grosses Festspielhaus che era il più pieno possibile (50%), con una Tosca che era festosa come ci si aspettava e si sperava. Ci voleva per coronare un'edizione 2021 dedicata a Roma Aeterna molto ben fatta, ma piuttosto seria. Il pubblico aveva bisogno di questa festa, e senza dubbio anche gli artisti, molti dei quali non avevano cantato per sette mesi davanti al pubblico. Così Cecilia Bartoli ha proposto di concludere questa edizione con il capolavoro di Puccini che si svolge in alcuni dei più bei monumenti di Roma. Inoltre, durante lo spettacolo, alcune diapositive selezionate dei luoghi hanno illustrato i tre atti. Ma al di là della schiera di stelle, è stata senza dubbio l'orchestra del Maggio Musicale Fiorentino e il suo direttore più prestigioso, Zubin Mehta, a dare alla performance qualcosa di più delle Tre stelle dell'opera che hanno illuminato il giorno.

 

Inizialmente, accanto a Jonas Kaufmann, Tosca doveva essere Anja Harteros e Scarpia Sir Bryn Terfel, come cinque anni fa sul palco di Monaco di Baviera, mentre nella buca c’era un certo Kirill Petrenko . A causa delle conseguenze del COVID, Terfel non ha potuto venire, e Anja Harteros si è ritirata. Così Luca Salsi e Anna Netrebko, che stanno provando il Macbeth di Verdi a Vienna (Prima il 14 giugno), sono arrivati a Salisburgo e il colore della serata è stato leggermente cambiato.

Anna Netrebko è la diva del giorno nel senso degli anni '50, quando c'erano vere dive che facevano notizia e frequentavano la Jet Set. C'era la Tebaldi (che creò Tosca con Karajan nel 1958 nella produzione Wallmann a Vienna, ancora in repertorio), c'era la Callas, che abbellì le notti della Scala, Parigi e altri teatri. Tosca rimarrà uno dei suoi due o tre ruoli più importanti.

Applauso finale : Orchestra del Maggio Musicale Fiorentino, Luca Salsi, Anna Netrebko, Jonas Kaufmann, Zubin Mehta ; Cecilia Bartoli

Stasera, Anna Netrebko, in un vestito (per il primo e secondo atto) sontuoso, coerente con la trama, ma cambia nel terzo atto per un altro di un colore più pastello, ma dello stesso tipo lussuoso, cioè non proprio adatto a una supposta fuga a Civitavecchia …

Tutto il cast canta senza spartito (questo è il minimo), ma poi cerca di "recitare" al minimo, ed è a volte un po' ridicolo, lontano dalla vivacità de La Clemenza di Tito di due sere prima, sempre in versione concertante, ma con uno sforzo più marcato di drammatizzazione. La fine del secondo atto, tra Luca Salsi che si spegne in piedi in un ultimo rantolo di morte, e la diva che fa gesti magniloquenti come Sarah Bernhardt nelle brutte serate, non aiuta la tragedia.

Ma non importa a nessuno, perché il pubblico è venuto per godersi l'opera come il mito gliela fa amare : frustrato dal melodramma negli ultimi mesi, il pubblico si nutre avidamente di gesti magniloquenti e gole dorate, senza imbronciare il proprio piacere. Il trionfo finale, la standing ovation, i sorrisi su tutti i volti (che si potevano vedere nonostante le maschere FFP2 obbligatorie): questa serata è stata un cibo eccezionale per i 1000 presenti affamati : una rigenerazione.

Cecilia Bartoli ha quindi sentito la necessità di programmare una serata un po' fuori dal comune, dove gli spettatori presenti potessero abbandonarsi al puro piacere delle stelle della lirica, dell'opera e della musica di Puccini, che rimane un formidabile stimolatore di emozioni liriche. Si è persino messa in scena come pastore nel terzo atto, vestita con un Lederhose ! Non « per esserci » o per mania di protagonismo, ma per affermare simpaticamente la sua presenza come direttore artistico che accoglie gli artisti.
Insomma, tutti hanno urlato a squarciagola senza mai annoiarsi, e soprattutto par queste voci impressionanti che hanno lasciato tutti di stucco.

Applauso finale da vicino : Orchestra del Maggio Musicale Fiorentino, Luca Salsi, Anna Netrebko, Jonas Kaufmann, Zubin Mehta ; Cecilia Bartoli

Era la Tosca dell'anno ? Dato che i teatri hanno aperto in modo più che parziale, forse si può dire così. Ma probabilmente non oltre, e non necessariamente per ragioni strettamente musicali : l'arrosto era ricchissimo, ma ancora di più il fumo.

È stato Zubin Mehta, 85 anni, che pur dirigendo seduto, ha mostrato una notevole energia nel produrre un Puccini chiaro e limpido, intento ad accompagnare i cantanti – anche se il volume era al limite del controllo e sul punto di coprire una voce o l'altra.  Ma l'orchestra è stata all'altezza delle aspettative, senza un intoppo, con un suono carnoso e sontuoso, a volte prorompente, e sempre luminoso. Grandi gesti da parte di un Mehta dimagrito, ma energico, sempre molto preciso, mai routinier (anche se in altre occasioni ha potuto esserlo), preoccupato di tutte le sfumature, senza dubbio anche felice di questo trionfo, di questo ritorno al pubblico : ha dato molto di sé in questo ritorno all'attività musicale dopo un periodo in cui è rimasto lontano dai podi anche per malattia. Secondo me, è stata probabilmente la parte più commovente della serata vedere questo direttore d'orchestra, che ha passato gli ultimi cinquant'anni al vertice dei direttori del mondo, e che qui ha dominato l’insieme e ha saputo distillare una bella emozione dalla sola forza dell'orchestra. Il concerto era stato provato ed eseguito a Firenze il 19 maggio, con altri due protagonisti (Saioa Hernandez e Francesco Meli) ma il resto del cast era identico, così come l'imponente coro alla fine del primo atto (diretto dall’eccellente Lorenzo Frattini).

Zubin Mehta, Alfonso Antoniozzi (Sagrestano)

Per quanto riguarda i cantanti, i piccoli ruoli erano molto ben distribuiti, a cominciare dal veterano Alfonso Antoniozzi come Sagrestano, ma anche un buon numero di voci che stiamo cominciando a vedere nei cast della penisola come Francesco Pittari (Spoletta) o Giulio Mastrototaro (Sciaronne) senza dimenticare Alessandro Spina, interessante basso (Angelotti), Adolfo Corrado (Carceriere) né infine una principiante, Cecilia Bartoli come pastore che abbiamo citato sopra, gesto di omaggio alla visita delle forze fiorentine.

Dei tre protagonisti, il premio va senza dubbio a Jonas Kaufmann che conferma di essere (e da molto tempo) un Mario Cavaradossi eccezionale. Naturalmente, i brontoloni noteranno, come sempre, il suo timbro scuro e poco mediterraneo. Tuttavia, nessuno dei Mario "mediterranei" del giorno riesce a dire il testo con questa verità, con questa profondità. "E lucevan le stelle" è un momento incomparabile, nel modo in cui interiorizza, nel modo in cui fa suonare le mezze-voci di cui è padrone assoluto, per trasformarle in momenti di meditazione, pur mantenendo la voce potente. Questo è il momento clou della serata, e Mehta sembrava spingerlo discretamente al bis, che il pubblico avrebbe accolto con fervore. Momento antologico.
Ha ceduto un po' in "Recondita armonia" e soprattutto nel "Vittoria" del secondo atto, alla facilità di potenti acuti tenuti (quasi) oltre il ragionevole cedendo un po’ all'istrionismo, ma questo non è troppo peccaminoso  a riguardo dell'intera esecuzione : l'intelligenza del testo e le sfumature nel modo di modulare le parole sono tali da perdonare tutto. Rimane il riferimento nel ruolo perché ha anche inventato un modo di cantare quasi unico per la sua voce.

Luca Salsi (Scarpia), Zubin Mehta

Luca Salsi offre uno Scarpia tutto d'un pezzo : il brutale bastardo che sarebbe perfettamente a suo agio in una messa in scena "fascista" alla maniera della vecchia produzione di Jonathan Miller, anche se gli va riconosciuto un po' più di controllo rispetto alla Scala del 2019. Non si può dire che faccia suo il senso delle sfumature. La voce è potente, molto presente (finale del primo atto impressionante nonostante un'orchestra un po' forte), ma il testo è più buttato che cesellato. Probabilmente è una questione di gusti, ma a me piace il gelido e raffinato Scarpia, che fa della sua eleganza una fonte di terrore. Non è il caso di questo Scarpia.

Atto terzo : Zubin Mehta, Jonas Kaufmann, Anna Netrebko

Rimane la Divissima Anna Netrebko, più Diva che cantante, ma che mostra sempre questa voce insolente, di rara purezza, con un timbro vellutato, una potenza incredibile (alcuni acuti sembrano uscire dal cielo) e un'omogeneità unica dai bassi agli acuti che rende la sua performance impressionante.

Ma è davvero Tosca malgrado tutto ciò ? Ci commuove davvero ? Non ne sono molto convinto. Alcuni cantanti con la metà delle sue risorse sono totalmente il personaggio che diventa allora un'incarnazione : era il caso della Callas e di poche altre. Netrebko è “la Diva che canta Tosca”, giocando con quella voce unica, ma non con il resto. Il testo non è sempre chiaro e le sfumature non sono sempre presenti come se il testo non fosse sempre interiorizzato – e per questo non sempre ben detto. La Netrebko interpreta Tosca, con due abiti diabolicamente glamour, ma non la incarna mai. Il risultato ? Una sensazione di stupore per chi ascolta questa voce, ma un'assenza di emozione se non quella che sarebbe nata dal puro amore per lo strumento vocale. Così il Vissi d'arte è cantato a meraviglia, ma senza un vero coinvolgimento se non la preoccupazione che ogni momento chiave sia ben scandito : non si sente mai la disperazione, ma solo la preoccupazione del "Bel canto". E nel duetto dell'ultimo atto, l'emozione è portata da Kaufmann, non dalla Netrebko. Detto questo, la voce è unica.

Naturalmente, come tutti, non mi sono negato il piacere di godermi questa Tosca, segno obbligatorio offerto alla ripresa delle attività, il trionfo necessario per far rinascere il mito dell'Opera e dare un tocco finale a un Festival di Pentecoste che è stato davvero notevole. E ha funzionato oltre le aspettative. Ma stasera, la vera dimostrazione di grandezza è stata data da Kaufmann, Mehta e dall'orchestra che ricorda il suo glorioso passato.

Jonas Kaufmann, Anna Netrebko, Zubin Mehta e orchestra.

 

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