Johannes Brahms (1833–1897)

Integrale delle sinfonie

Giovedi 22 aprile 2021

Sinfonia n.3 in fa maggiore op.90
Sinfonia n.1 in do minore op.68

Giovedi 29 aprile 2021

Sinfonia n.2 in maggiore op.73
Sinfonia n.4 in mi minore op.98

Orchestra Sinfonica Nazionale della RAI
Daniele Gatti, direzione

 

Torino, in diretta dall’Auditorium RAI Arturo Toscanini, giovedì 22 e 29 aprile 2021 ore 20

Appena una settimana dopo la splendida esecuzione dell'integrale delle sinfonie di Schumann al Palau de la musica di Barcellona, Daniele Gatti continua la sua maratona romantica all'auditorium RAI di Torino con l'integrale delle quattro sinfonie di Johannes Brahms. Distribuito su due giorni a distanza di una settimana e trasmesso in streaming sul sito Raiplay.it, questo viaggio musicale esplora il materiale di Brahms in una dimensione estetica che è la firma di uno dei più grandi interpreti di oggi.

 

 

Concerto disponibile sur Raiplay.it

https://www.raiplay.it/video/2021/04/OSN-Daniele-Gatti-dirige-le-sinfonie-di-Brahms-con-lOrchestra-Rai-a107ecf7-2c3b-48f0-842e-9b3b029308ff.html

Da una penisola all'altra, la primavera musicale è finalmente in corso, anche se le norme sanitarie non sono sempre d'accordo sulle distanze di sicurezza, la presenza o l'assenza del pubblico… "verità sotto i Pirenei, errore oltre". Daniele Gatti è stato accolto con enorme successo da parte del pubblico presente in sala al Palau de la Musica di Barcellona, ma a Torino si è dovuto accontentare delle telecamere dell'Auditorium "Arturo Toscanini". Un altro fatto importante : gli ottoni e i legni sono qui distanziati a scacchiera e a buona distanza dal direttore. Questo di certo dà meno disturbo della distanza imposta agli stessi strumenti in un recente concerto Schumann alla Semperoper di Dresda, ma costringe comunque a un controllo costante dell'equilibrio e dell'omogeneità dei timbri.

Sotto la direzione di Daniele Gatti, troviamo questo principio di organicità nell'orchestra di Brahms, che ci invita a non dissociare gli elementi dell'organizzazione generale. Il risultato è un insieme di linee di forza che circolano all'interno di un quadro rigoroso, con la volontà di controllare la durata e concentrare il discorso in un quadro preciso. Brahms ha aspettato molto tempo prima di scrivere le sue quattro sinfonie. Si dice spesso che queste opere sono il culmine di un'epoca e di uno stile – un'estetica che ha le sue radici nella scrittura dei concerti per pianoforte, dove gli interventi solistici non sono sempre distinti dall'ampio flusso orchestrale. Ma sempre in Brahms, questa moderazione, che si potrebbe pensare inibente, fa implodere la struttura a immagine di ciò che Gustav Mahler, muovendo i suoi primi passi nel mondo della sinfonia, avrebbe fatto poco dopo. Qui, una porta si apre e si chiude… con il riferimento strutturale di una forma sonata invariabile che regola la respirazione su una dimensione eminentemente classica.


Le sinfonie di Brahms offrono un ampio respiro, ma senza il mal di montagna acuto che spesso affligge l'alpinista-ascoltatore delle sinfonie di Bruckner. Brahms non cerca mai di nascondere i margini ; al contrario, li lascia ben in vista, come se la scelta dei confini fosse parte integrante della contemplazione del quadro. A differenza di Schumann, e ancor più di Bruckner, Mahler e Richard Strauss (che ha preferito il poema sinfonico alla "sinfonia"), Johannes Brahms fu il pittore sonoro di una sensibilità allo spazio. L'offuscamento dei confini tra i paesaggi interni ed esterni lo terrà definitivamente lontano dalla nozione di soggetto e di dramma lirico.
Meno estroverso di Schumann, la tavolozza brahmsiana sembra sempre limitata dalla dimensione dell'intimo e dall'impressione di un paesaggio che parla attraverso di lui. Ed è proprio verso questo Brahms intimo che è diretta la lettura di Daniele Gatti con l'Orchestra Sinfonica Nazionale della RAI. Un Brahms potente ma senza la massiccia grandiloquenza della nostalgica scuola Furtwängler-Abendroth, senza la tenerezza a volte dolce e "viennese" che fraintenderebbe Bruno Walter… un Brahms del nostro tempo, che alterna il virtuoso al terreno, con un sostegno attento al canto che ne esalta la fragilità e l'intensità.

Concerto del 22 aprile

Sinfonia n°3 in Fa maggiore op.90

Gatti sceglie un ordine insolito (opus 90 e opus 68, poi opus 73 e opus 98), che pone le due estremità del ciclo alla conclusione delle due serate. La Terza Sinfonia apre il procedimento. La più breve e famosa di tutte le sinfonie di Brahms trova qui un colore e una trasparenza dei diversi piani notevole. Fin dall'inizio, l'opera si immerge nella pienezza e nella morbidezza di un allegro con brio che Gatti costruisce in piani e contropiani infinitamente dettagliati, con una chiara distinzione di tempo e intensità nel gioco di risposte tra legni e archi. Il bellissimo passaggio fa maggiore – fa minore e il modo in cui si crea la tensione nella circolazione del tema ne è una testimonianza. L'andante è costruito in echi successivi intorno all'intervento iniziale del clarinetto di Enrico Maria Baroni. L'ondeggiamento armonico contrasta con la progressione melodica che alla fine invade l'intero discorso durante la lunga conclusione del movimento. Uno dei vertici di questa serata, un poco allegretto di grande bellezza, tentacolare e opalescente – che trova nell'estrema sottigliezza del rubato che Daniele Gatti realizza un'agogica che evita definitivamente l'alternanza di durezza e dolcezza che sempre vi si sente. Si deve sentire qui come, nella risposta al primo tema, i legni improvvisamente sussultano e accelerano e come, subito dopo, il languore bello e trasparente degli archi evoca improvvisamente il fantasma di un adagio di Mahler. Dal silenzio estremo che precede la ripresa del tema nel corno solista alla curva perfetta che unisce oboe, fagotto e clarinetto, tutto qui tocca una perfezione che onora direttore e musicisti. È quasi con rammarico che ci lasciamo scivolare nel tumultuoso allegro conclusivo. In questa brillante architettura angolare e verticale, l'Orchestra Sinfonica Nazionale della RAI è meravigliosa nella sua richiesta di rigore e dettaglio, con cui Gatti sottolinea il ritorno alla calma proprio alla fine, come un vasto e lento respiro.

Sinfonia n. 1 in do minore, op. 68

Con il passaggio al do minore eminentemente beethoveniano della Prima Sinfonia, ci lasciamo subito alle spalle le ambiguità modali della precedente per entrare in un mondo di linee più vigorose e assertive. Gatti non rinuncia però a lavorare sul materiale sonoro con un lusso infinito di sfumature, come dimostra questa iniziale in cui le percussioni non schiacciano mai in modo grandiloquente. Il gesto vivace si aggiunge a una tavolozza timbrica di sfumature crude e fulve che contrastano con la morbidezza dell'andante sostenuto. La linea dell'oboe di Francesco Pomarico si avvolge nel curioso disegno melodico, precedendo il dialogo molto bello degli archi e dei fiati. Il vibrato leggermente teso e concertante del violino di Roberto Ranfaldi dissipa per un attimo questo bel clima, rapidamente ripreso dall'indolenza e dall'ondeggiare dei clarinetti nel poco allegretto e grazioso. La bacchetta dà al tema un bello spazio espressivo, allungandolo ai confini per segnare la ripresa. L'inizio dell'ultimo movimento è volutamente scuro, come un preludio d'opera drammatica, con il corno solista di Ettore Bongiovanni e il flauto solista di Giampaolo Pretto che conversano ai margini del silenzio prima dell'uscita di questo "Inno alla gioia" dal sorriso sempre bonario. Gatti tiene il famoso modello a distanza, preferendo sottolineare la tonicità degli attacchi e dei piani. Il canto sgorga in un flusso teso, con una frenesia irresistibile e quasi magnetica, fino agli ultimi accordi.

Concerto del 29 aprile

Sinfonia n°2 in Re maggiore op.73

Per il secondo concerto, ci sono alcuni cambiamenti nell'orchestra, in particolare Alessandro Milani come primo violino (di spalla) e legni segnati dal ritorno di Nicola Patrussi all'oboe, Luca Milani al clarinetto, mentre l'ottimo Giampaolo Pretto rimane al posto. Capiamo fin dalle prime battute che l'orchestra è ancora all'apice come nella settimana precedente. Basta ascoltare per convincersene, la statura, l'eleganza e la forza con cui Daniele Gatti dispiega la nitidezza dei cromatismi e cura il fraseggio del primo tema. Il dialogo pastorale dei fiati e il vibrato vaporoso degli archi contrastano con l'ansia dei tempi, a volte veementi, a volte languidi, ma sempre a diretto sostegno del canto. Qui e nell'adagio non troppo, si leggono gli effetti di questa quadratura del cerchio molto brahmsiana con cui il compositore combina la spontaneità dell'espressione e il legame con la severità della forma sonata. L'allegretto grazioso prolunga questo clima rasserenante come un sorriso su un volto, mentre nell'allegro con spirito, il rincorrersi tra toni fugaci e seri sottolinea la codetta e tutta la ricapitolazione finale, che fruscia con un'energia davvero vertiginosa.

Sinfonia n. 4 in mi minore, op. 98

Brahms ha voluto collocare la sua "grande" Quarta Sinfonia in un'articolazione tra il presente e il passato, con questo finale in forma di passacaglia che volge le spalle all'audacia formale della generazione a venire. Gatti spinge la plasticità degli arpeggi iniziali verso un discorso di grandeur non ostentata, riflettendo un sentimento di nostalgia e inevitabilità. Scritto senza una sola battuta di ripetizione, questo allegro non troppo si diffonde nello spazio sonoro come per azione capillare con, nella concertazione, questa volontà di esporre i temi come si sistemerebbero i colori su una tela. Tra la flessuosità deli legni e l'incandescenza degli archi, il materiale sonoro si tiene "nel palmo delle mani," come se si stesse dipingendo un affresco, con un'urgenza e un'espressione senza paragoni. Ci vuole questo ampio silenzio che precede l'andante moderato per ritrovare la pienezza armonica e lo strato melodico e malinconico. Unico vero scherzo di tutte le sue sinfonie, questo terzo movimento ha un cinguettio e una sospensione che Gatti non esita a modulare scolpendo le linee di tempo che sottolineano tutta la natura fulgida e complessa della scrittura. Condurre a memoria con un risultato così impeccabile di impostazione e resa espressiva è una performance la cui bravura non smette mai di stupirci. Non possiamo dimenticare né le ombre lente né, soprattutto, il tono duro, volontario e combattivo del grandioso Allegro energico e passionato finale, meno apoteotico che una vera e propria lezione di direzione d'orchestra. Il gesto non enfatizza mai troppo ma ottiene sempre questo velluto di timbri, questa linea mai untuosa ma sempre mutevole, con dettagli che ne rivelano altri – un'efflorescenza senza limiti. L'abilità di Gatti nel guidare i vincoli e i climax di questa musica è assolutamente sorprendente. Qui lascia che la linea esploda in una raffica di ritmi spezzati, con una calibrazione infinitesimale di pianissimi che rasenta la coreografia sonora, tra cavalcate e successioni. Questo opus 98 si conquista con grande difficoltà : non ci lascia mai accomodare nell'ascolto di un comodo Brahms, sostituendo invece la figura di un eroe pieno di umanità e modernità.

Concerto disponibile sur Raiplay.it

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David Verdier
David Verdier è professore, e critico in varie riviste francesi di musica e spettacolo.

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