Felice coda di primavera, a dire il vero quanto mai piovosa anche per Torino, quella che vede in cartellone la musica di Gioachino Rossini con quattro appuntamenti a tema concentrati in questo mese di giugno.
Se la musica del pesarese all’inizio dell’800, partendo dalle costruzioni mozartiane, definì in breve le convenzioni formali che avrebbero portato il mondo del melodramma sin quasi alla soglia del novecento, è quanto mai interessante girovagare anche solo per gioco tra momenti poco noti e legami con chi venne dopo di lui.
Ecco, dunque, una mini rassegna che accanto alle tappe obbligatorie (sinfonie mai uscite dal repertorio anche quando le rispettive opere erano pezzi da museo dimenticate negli scaffali, un sempreverde come lo Stabat Mater, una versione semiscenica ridotta del Barbiere di Siviglia) accosta elaborazioni di Britten, Respighi, originali dai Péchés de vieillesse ed un prezioso fuori programma beethoveniano.
Protagonista assoluto il direttore James Conlon la sera di giovedì 7 giugno. Sin dalle prime battute il suo Stabat Mater convince sotto tutti gli aspetti.
L’attacco sereno e deciso, elegante, cala la musica nel mondo dei grandi oratori, liberandolo dall’abusata abitudine di dirigerlo come fosse un’opera lirica travestita dietro il paravento del latino. Colpisce all’inizio la sonorità limpida e pulita dei violoncelli, e l’abilità nel far sorgere un suono raccolto, toccante a scapito delle dimensioni e dello stile di un’orchestra che guarda ormai alla fine dell’ottocento.
Poi, quando occorre, l’orchestra gonfia i muscoli, ottimamente coadiuvata dal Coro dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia che, guidato dal maestro del coro Ciro Visco, è una vera sicurezza in termini di colore e precisione degli interventi.
Un gradino sotto, il quartetto dei solisti vocali è importante ma solo genericamente corretto. Al soprano Carmen Giannattasio e al mezzosoprano Marianna Pizzolato sono affidate le parti femminili.
Della prima colpiscono la presenza scenica e la voce bella e piena nel registro centrale. Più problematica l’espressione e la salita ai (non molti) suoni acuti : belli sono gli interventi nel duo Quis est homo qui non fleret e nell’Andante mosso Eia mater fons amoris, meno coinvolgente e un po’ generico il canto nel quartetto Sancta Mater istud agas e più di una difficoltà si percepisce nell’aria Inflammatus et accensus.
La seconda si mette in evidenza nella cavatina Fac ut portem christi mortem e gli interventi nei brani che la vedono coinvolta con gli altri solisti suonano convincenti.
E’ il tenore Edgardo Rocha ad essersi cimentato con uno squillante re bemolle del Cujus animam, ed è stato questo il momento migliore della sua aria, afflitta del resto da una voce di volume modesto, sovrastata dall’orchestra nell’arco dell’intera serata e dal fraseggio piuttosto uniforme.
Rimasto a Torino dopo il successo riscosso nel ruolo di Daland nell’esecuzione in forma di concerto dell’Olandese Volante con l’Orchestra Rai, il basso Kristinn Sigmundsson ha sostituito l’indisposto Ildebrando D’Arcangelo risultando il più convincente tra i solisti del quartetto vocale. La voce non può sfoggiare un timbro di basso particolarmente soggiogante ma l’interprete si riscatta con una tecnica sicura, una musicalità raffinata, un tono narrativo commosso ma mai sopra le righe ed alla fine ne esce a testa alta tanto nel Pro peccatis quanto nei suoi autorevoli interventi dell’Eia mater fons amoris.
Dopo il quartetto Quando corpus morietur diretto da Conlon senza bacchetta, tocca alla fuga finale del Coro suggellare una serata segnata dalla preziosa lettura del proprio direttore musicale.Al termine del concerto generosi applausi per tutti gli interpreti.
Niente musica vocale il 15 giugno, per la quale il cartellone prevedeva in origine la presenza del direttore Fabio Luisi e del basso-baritono Luca Pisaroni, alle prese tra l’altro con pagine meno note dalla Gazza ladra, Guillaume Tell, Le siège de Corinthe e Semiramide. Per un’improvvisa indisposizione del cantante, nella prima parte del concerto abbiamo ascoltato una interessante esecuzione dell’Ottava sinfonia di Ludwig van Beethoven, degna di una grande bacchetta quale quella del genovese Luisi. In sin dei conti, vera o presunta che sia la celebre visita di Rossini a Beethoven, esplorare i legami tra questa sinfonia e il pesarese è un’intuizione più che ragionevole, e la lettura di Luisi ci restituisce, soprattutto nei primi due movimenti, una musica non asettica, piuttosto franca e cordiale, coinvolgente, calda. Il passo deciso ma non affrettato consente al direttore di lavorare efficacemente sulla dinamica e, nel secondo movimento, di enfatizzare il lato gioioso del brano. Degna di nota, tra le altre, la sezione delle viole per l’intensità e i timbri che ha saputo trovare nel primo movimento.
Nella seconda parte del concerto, dopo una sinfonia dall’opera Semiramide all’altezza della fama del brano, sale in cattedra la genialità dell’orchestrazione di Benjamin Britten alle prese con musiche di Rossini nelle due suite op. 24 ed op. 9.
E’ un vero e proprio caleidoscopio sonoro quello che investe alcuni dei brani tratti dalle Soirées musicales, con un vertice della serata in quello straordinario luna park disneyano che è il notturno dell’op. 24, una dolcissima, incantevole ninna nanna dove il genio di un compositore illumina quello dell’altro.
Si respira in queste pagine di Britten, più che nel resto del concerto, la quintessenza del genio pesarese, quel gusto per gli effetti sonori sfrenati e soggioganti, per l‘iperbole canora in apparenza più sfrontata ma sempre figlia di una padronanza totale dei mezzi espressivi in cui le pagine vocali originariamente previste avrebbero dovuto immergerci.
In chiusura di serata, a suggellare l’ottima prova dell’orchestra e di Luisi, ancora Rossini con una fragorosa esecuzione della sinfonia dal Guillaume Tell prima del caloroso e prolungato applauso del pubblico.
La rassegna è proseguita il 21 giugno con un concerto di sinfonie rossiniane e La boutique fantastica di Ottorino Respighi sotto la guida di Enrico Dindo, impegnato anche al violoncello per Une larme dal IX volume dei Péchés de vieillesse, e si concluderà con una selezione di brani del Barbiere di Siviglia il 28 giugno.