Giuseppe Verdi (1813–1901)
Rigoletto (1851)

Direzione musicale : Daniele Gatti
Regia : Damiano Michieletto

Maestro del Coro : Roberto Gabbiani
Scene : Paolo Fantin
Costumi : Carla Teti
Movimenti coreografici : Chiara Vecchi
Luci : Alessandro Carletti
Regia video : Filippo Rossi

 

IL DUCA DI MANTOVA Iván Ayón Rivas
RIGOLETTO Roberto Frontali
GILDA Rosa Feola
SPARAFUCILE Riccardo Zanellato 
MADDALENA Martina Belli 
GIOVANNA Irida Dragoti **
IL CONTE DI MONTERONE Gabriele Sagona 
MARULLO Alessio Verna
MATTEO BORSA Pietro Picone
IL CONTE DI CEPRANO Matteo Ferrara
CONTESSA DI CEPRANO Angela Nicoli
PAGGIO Marika Spadafino
USCIERE Leo Paul Chiarot

** diplomato della “Fabbrica” Young Artist Program del Teatro dell’Opera di Roma

Orchestra e Coro del Teatro dell’Opera di Roma

Nuovo allestimento del Teatro dell’Opera di Roma

Roma, Teatro dell'Opera al Circo Massimo, Il sabato 18 luglio 2020

È una vera e propria sfida che l'Opera di Roma ha raccolto in questo mese di luglio 2020. Per salvare la sua stagione estiva, di solito alle Terme di Caracalla, nel rispetto della distanza sociale per il pubblico e gli artisti, si è trasferito al Circo Massimo, tra il Palatino e l'Aventino, dove è stato costruito un gigantesco dispositivo che ha permesso l'installazione di una fossa larga più di 50 metri per permettere ad ogni leggio di essere a 1,50 metri di distanza l'uno dall'altro e di gradinate dove i posti a sedere erano distanti un metro. Così, per celebrare il ritorno dell'opera lirica di grande repertorio, è Rigoletto in un originale allestimento di Damiano Michieletto che è stato proposto come apertura della stagione estiva per tre recite sotto la direzione musicale di Daniele Gatti, in attesa di un Barbiere di Siviglia e una Vedova Allegra. Il risultato è un tour de force, un'organizzazione eccezionale, con un esito musicale di grande livello, ovviamente dipendente da condizioni tecniche drastiche. È un gran bene per l'estate, per lo spettacolo, per il Teatro, ma cosa sarà in autunno ?

Rigoletto scena finale : Roberto Frontali (Rigoletto) e la trasfigurazione di Gilda (sullo schermo) mentre giace nei fiori

La scelta di Rigoletto può essere facilmente spiegata. Da un lato è uno dei titoli della trilogia popolare verdiana che può essere perfettamente adatto a una stagione estiva, dall'altro l'opera risponde alle esigenze dei protocolli sanitari vigenti, non avendo un grande coro (un solo coro maschile), infine oltre al fatto che ogni orchestra lirica in Italia conosce questa opera fondamentale del repertorio, l'Opera di Roma l'ha prodotta nel 2018 (Regia di Daniele Abbado), già diretta da Daniele Gatti, e l'orchestra è quindi già preparata per il suo approccio.
Era impossibile riprendere quest'ultima produzione e l'Opera di Roma ha chiesto a Damiano Michieletto una produzione ad hoc, adattata all'enormità del luogo, alle esigenze sanitarie di distanziamento (anche sul palcoscenico).
Questa è un'altra risposta all'emergenza Covid, dopo la produzione  della Fenice (Ottone in villa di Vivaldi), che è rimasta nello spazio chiuso del teatro.
Diverse soluzioni sono state considerate come alternativa alle Terme di Caracalla, la cui buca era troppo piccola per consentire all'orchestra di essere dispiegata nelle condizioni desiderate. La scelta è caduta sul Circo Massimo, uno spazio ampio e ben delimitato, situato in un'area turistica e facilmente accessibile.

Dal lato degli spettatori, i gradini ospitano poco meno di 1500 spettatori su posti separati da almeno 1 m (due in due o isolati) su una trentina di file. Ovviamente, si pone la questione della distanza dal palcoscenico, a cui risponde sia un inevitabile sistema sonoro, sia la presenza di un gigantesco schermo, che fa parte della messa in scena, e che permette anche uno sguardo più avvicinato agli artisti.

Damiano Michieletto traspone come al solito la trama, questa volta nell'atmosfera della malavita degli anni '80, dove Rigoletto è come l'anima dannata del caid del luogo (il duca), mentre è proprietario di una giostra da fiera, il set è composto essenzialmente da auto dell'epoca (oltre che da un furgone e una carovana) e da una giostra da fiera.

Roberto Frontali (Rigoletto), davanti ai fiori della morte

È un set efficiente e mobile (firmato dal solito complice di Michieletto, Paolo Fantin), e l'uso delle auto permette di rispettare le distanze fisiche senza sforzarsi, ci si nasconde dietro, ci si arrampica dentro, e quindi da un veicolo all'altro i personaggi (costumi carini dell'altra complice Carla Teti), tutti dotati di guanti, si disperdono naturalmente e l'abbondanza di nebbia permette di mascherare i personaggi (in una Mantova fantasticata la cui nebbia, come sappiamo, fa parte del DNA). Lo spazio e la precisione dei movimenti richiedevano un importante e sapiente lavoro coreografico (Chiara Vecchi) e una gestione video il più possibile ravvicinata (Filippo Rossi).
L'ampiezza del palcoscenico (1500 m²) permette anche di distribuire tutte le comparse (la corte, o meglio la banda), mentre il coro canta insieme all'orchestra, rispettando il protocollo sanitario, così come l'orchestra di scena, nascosta sui lati.

Lo schermo, come abbiamo detto, ci permette di vedere l'azione da vicino (il palcoscenico è enorme, il pubblico è piuttosto lontano), ma ci permette anche di leggere l'anima dei protagonisti : ricordi dei tempi felici in cui Rigoletto portava la sua famigliola al mare, con Gilda da bambina, – la moglie defunta è come una replica della figlia, un modo per dimostrare che l'amore che Rigoletto ha per Gilda è una sorta di rinvio del suo amore per la madre, o il "suicidio" finale di Gilda che affonda nell'acqua. Un'altra idea è che i fiori sempre presenti sono come corone funebri, luogo della morte e della maledizione, un letto di fiori su cui il cadavere di Gilda riposerà alla fine come trasfigurato. Ma l'uso del video, con la telecamera il più vicino possibile ai volti, che ovviamente ricorda quello che Frank Castorf fa da anni, era ben lungi dall'avere il ruolo drammaturgico decisivo che il dialogo schermo/palcoscenico può avere nei lavori del regista tedesco, siamo rimasti essenzialmente nell'illustrativo.
Rigoletto nella malavita, l'idea era già stata sfruttata (brillantemente) da Jonathan Miller all'ENO due o tre decenni fa, una delle produzioni di punta di quest'opera, e così Michieletto non inventa nulla, adatta l'idea alle condizioni del momento, e ci riesce bene : visto il dispositivo, visti i requisiti sanitari. Non si chiede di più ed è difficile cedere alla raffinatezza che si sarebbe potuta sviluppare in un teatro chiuso. È un lavoro di un grande professionista, più dettagliato di quanto sembri a prima vista, soprattutto nella pittura dei personaggi, e vedremo, soprattutto di Gilda.

Il rapimento di Gilda

Certo, si potrebbe rimproverare l'apertura troppo grande del dispositivo scenico che non filtra nessuno dei rumori della strada, dei clacson, delle macchine, ma anche gli ospiti dei bar vicini piuttosto rumorosi, ma è questa anche la dolce notte romana e, nella felicità di esserci, c'era anche questa dolce vita estiva : difficilmente si potrebbe chiedere il silenzio religioso del teatro chiuso. Ma conoscevamo le regole del gioco.
La questione musicale è quindi un po' più delicata, il dispositivo costruito ad hoc non ha nulla che possa aiutare il suono a diffondersi un po' naturalmente, e quindi, in questo teatro all'aperto, senza pareti né involucro acustico, tutto è necessariamente sonorizzato.
All'inizio è un po' disturbante, ma la diffusione del suono è stata anche studiata per essere non invasiva, per apparire quasi naturale, con la distanza desiderata, e abbastanza chiara. Per le voci, questo è generalmente appropriato, perché non appaiono "gonfie" o "aiutate", per l'orchestra è ovviamente un po' più difficile, ma anche qui il lavoro degli effetti sonori non tradisce nulla delle intenzioni del direttore d'orchestra, ma al contrario permette di cogliere al meglio ciò che egli voleva fare.

Nel contesto, lo spettatore, troppo felice di ascoltare l'opera dal vivo (e Verdi, del resto), troppo felice di essere nel cuore della notte romana, e troppo felice di trovare qualcosa dell'atmosfera di uno spettacolo nonostante le maschere, l'allontanamento, la presa di temperatura e per di più senza intervalli, ma con due brevi pause tra un atto e l'altro), fa buon viso a cattivo gioco : ripetiamolo, hanno osato questo spettacolo  e dobbiamo salutare l'impresa orchestrata dal sovrintendente Carlo Fuortes, che, sostenuto dal Comune di Roma, è riuscito a proporre un festival estivo, che all'inizio era tutt'altro che certo.

Il cast riunito è abbastanza forte da emozionare e coinvolgere lo spettatore nel melodramma verdiano e alcune delle voci più importanti del canto italiano sono presenti.

Tutti i ruoli meno importanti sono stati tutti svolti con onore e, soprattutto, grazie alla precisione del lavoro di Michieletto, sono stati tutti ben profilati e meritano di essere menzionati, da Gabriele Sagona (Monterone), Irida Dragoti (Giovanna), Alessio Verna (Marullo) e Pietro Picone (Borsa) alla contessa Ceprano (Angela Nicoli) e la pagina (Marika Spadafino).

Molto soddisfacenti la seducente Maddalena di Martina Belli e il potente Sparafucile di Riccardo Zanellato, il duo Sparafucile/Rigoletto (una delle chiavi di lettura dell'opera) ha funzionato bene in particolare grazie all’interpretazione di Zanellato, molto controllato e molto contenuto.

Il Duca era Iván Ayón Rivas, già Duca (cast B) della produzione del 2018 a Roma. Il personaggio e il profilo molto tipico di giovane truffatore arrogante hanno ben funzionato nel contesto voluto dal regista, e il giovane tenore peruviano con un timbro caldo, una voce ben controllata e una tecnica sicura è uscito con tutti gli onori, mai istrionico, mai caricaturale, ha lavorato davvero bene il ruolo e dato una bella prova musicale seguendo con precisione le indicazioni di Daniele Gatti.

Rosa Feola (Gilda)

Rosa Feola era Gilda, nuova nel cast poiché nel 2018 Gilda era Lisette Oropesa (occupata a Madrid per La Traviata in questo periodo). La Oropesa aveva indubbiamente una presenza vocale più matura, ma Rosa Feola aveva la voce e lo sguardo voluto dalla regia : Gilda è un'adolescente che scopre sia la potenza del suo corpo che l'amore, non è in questa regia l’ingenua vittima del brutto duca o dei suoi compagni. Fin dalla sua prima apparizione, la vediamo tornare a casa vestita da giovane ragazza che esce da una discoteca con un vestito attillato e si spoglia rapidamente per indossare jeans e un maglione casual quando suo padre torna a casa. La ragazza sa bene cosa vuole… e non quindi è così ingenua. La Gilda di Michieletto è una giovane ragazza in preda al desiderio, felice di piacere e che crede di scoprire l'amore… Rosa Feola è quindi un misto di ingenuità e doppiezza che esprime con un canto sicuro, luminoso, con una presenza reale sul palco, Anche lei (grazie a Gatti) è ben lontana dall'esposizione istrionica della voce, ma al contrario psicologicamente più impegnata (nel Caro nome in particolare) e testarda nella sua decisione finale, di una rara accuratezza psicologica.

Roberto Frontali (Rigoletto)

Last but not least, Roberto Frontali sta diventando il Rigoletto di riferimento : siamo lontani da caricature, buffonerie e interpretazioni incrostate dalla tradizione. C'è nel suo approccio una profondità psicologica, una sensibilità che trasforma completamente il personaggio. Si dà un nuovo sguardo, non al padre abusivo accecato dall'amore della figlia – certamente un elemento importante – ma a colui che, di fronte a un mondo di prepotenti dedicati quotidianamente dal male, è costretto a entrare nel gioco, in particolare quello degli assassini ; la questione della maledizione (La maledizione fu il primo titolo previsto da Verdi) lo costringe suo malgrado a sposare il male e a portarsi verso l’omicidio. Siamo all'opposto dell'espressionismo. È un Rigoletto sottile, devastato dall'interno, con un canto pieno di inflessioni e una sorprendente varietà di colori, un canto quasi "impressionista" (inteso come il contrario dell'espressionismo) che ne fa l'inevitabile Rigoletto di ogni grande teatro. Grandissima interpretazione.

Ma la chiave di volta dell'ensemble è Daniele Gatti, la cui direzione è incredibilmente audace, nonostante le condizioni sonore sopra menzionate. Il discorso su un Verdi liberato dagli intarsi della tradizione è tutt'altro che nuovo, ne abbiamo sentito parlare con Claudio Abbado e anche con Riccardo Muti, alle soglie degli anni Ottanta. Ricordiamo le polemiche che Muti aveva scatenato eliminando gli acuti di "Di quella Pira" nel suo Trovatore fiorentino al punto che la questione degli acuti da eliminare divenne segno di una rilettura : non si fanno acuti non scritti.
Daniele Gatti va oltre. Ci ha concesso un'intervista che pubblicheremo a breve in cui entra nel dettaglio delle sue opzioni, ma fin dall'inizio la sua direzione sposa un disegno psicologico che Gatti legge nella stessa partitura verdiana, dove alcune notazioni sembrano essere state trascurate dalla tradizione interpretativa, spesso condotta fin dalla nascita dell'opera lirica da cantanti desiderosi di brillare o di mostrarsi a loro vantaggio, da cui la singolare libertà che alla fine prende piede al posto del testo musicale.

Gatti nota in Rigoletto una rottura con le opere più o meno contemporanee di Verdi, una musica meno esuberante, più cupa (uso del contrabbasso e del violoncello solista), alla ricerca di nuovi colori in linea con lo sviluppo drammatico.  Poi i ritmi cambiano. "Questa o quella", l'aria iniziale del Duca, viene fatta con ritmo più contenuto, più aulico, senza volgarità perché Verdi scrive sulla partitura la parola “elegante”. Quindi il ritmo segue la didascalia verdiana. Il “Caro nome” è il canto di una giovane ragazza che scopre l'amore, non può cantare questa aria in modo brillante, ma al contrario etereo, stupito… Tutta la lettura di Gatti vuole dimostrare che Verdi si è dedicato a dipingere musicalmente tutti gli elementi psicologici del dramma.
Così questa direzione, questa concertazione è piena di nuovi colori, con una lettura quasi intima di sorprendente chiarezza : già due anni fa si poteva apprezzare la sua profondità, ma sembra che Gatti sia andato ancora oltre, trovando in Rigoletto l'altro capolavoro assoluto di Verdi, accanto a Falstaff. Per questo motivo è un peccato che le condizioni acustiche non siano state ideali per apprezzarne meglio i dettagli.

Questa particolarissima produzione di Rigoletto, eseguita in condizioni così sorprendenti, rende giustizia alla partitura verdiana. Di solito le stagioni estive non sono il momento più adatto per raffinate reinterpretazioni. Ma qui è il contrario. La lettura musicale di Gatti rivela una nuova scrittura, nuove scoperte, nuovi ritmi e anche una nuova pittura del personaggio principale, grazie all'eccezionale interpretazione di Roberto Frontali, che ha trovato qui il suo grande ruolo.

Gilda trasfigurata (Rosa Feola) nella scena finale

 

 

 

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