Engelbert Humperdinck (1854–1921)
Haensel und Gretel (1893)

Progetto Accademia

Pantomima in tre quadri
Libretto di Adelheid Wette
(Edizioni C F Peters Musikverlag. Urtext edition ;
rappresent. per l'Italia  Casa Musicale Sonzogno di Piero Ostali)

Coro di Voci Bianche e Orchestra dell'Accademia Teatro alla Scala
Solisti dell'Accademia di Perfezionamento per Cantanti Lirici del Teatro alla Scala
Nuova produzione Teatro alla Scala

Direzione musicale Marc Albrecht
Regia Sven-Eric Bechtolf
Scene Julian Crouch
Costumi Kevin Pollard
Luci Marco Filibeck
Video Joshua Higgason
Hänsel Anna Doris Capitelli
Gretel Francesca Manzo
Peter Gustavo Castillo
Gertrud Chiara Isotton
Knusperhexe Mareike Jankowski
Taumännchen Céline Mellon
Sandmännchen Enkeleda Kamani

 

 

 

 

 

Teatro alla Scala, 24 settembre 2017

Rara assai fuori dalla Germania, dove viene presentata spesso nel periodo di Natale, l'opera Hänsel und Gretel  arriva alla Scala, nell’ormai tradizionale progetto dei giovani dell’Accademia sia sul palcoscenico che in buca, dove suona l’Orchestra dell’Accademia del Teatro alla Scala.. Esito molto positivo, con un teatro pieno di bambini attenti al racconto dei due persi nella foresta, e entusiasti alla fine. 

 

Hänsel und Gretel conviene a una produzione fatta da giovani artisti, almeno in palcoscenico : le voci richieste, quasi tutte femminili (un solo ruolo maschile, quelle del padre, un basso, come da copione), non sono sollecitate aldilà del ragionevole e le diverse parti sono brevi (fuori dai protagonisti), nonché il numero di personaggi assai ridotto. In buca le cose vanno diversamente : il wagnerismo di Humperdinck impone ottoni molto sollecitati (corni!), una vera presenza molto carnosa degli archi : l’orchestra è la vera protagonista dell’opera, soprattutto nella prima parte, molto più interessante della seconda forse più banale e funzionale. Chiamando Marc Albrecht a dirigere l’orchestra dell’Accademia della Scala, Alexander Pereira garantisce la presenza di un grande conoscitore di questo repertorio, capace di preparare con cura i giovani dell’orchestra, di sicuro poco familiari di un pezzo non dato alla Scala dal 1959, che permette di conoscere da vicino un opera importante del post-romanticismo tedesco.
Chiamando Sven Eric Bechtolf per la regia, Pereira non prende il rischio di un Regietheater poco pregiato in Italia, ma garantisce un “modernismo” tranquillo, che possa sedurre gran parte del pubblico. Il regista tedesco che ha lavorato in questi ultimi anni principalmente in Austria (Salisburgo dove ha diretto la parte “prosa” del festival ai tempi di Pereira e a Vienna dove ha firmato parecchie regie) è anche lui perfettamente adatto per produrre uno spettacolo per famiglie e sedurre i bambini che riempiono la sala. La storia che i bambini conoscono, venuta da racconti popolari attraverso Grimm, deve essere leggibile da tutti : in questo senso Bechtolf è la persona giusta.
Cosi una strategia per una volta efficace ha provocato il successo della produzione, con le scene di Julian Crouch, un po’ kitsch, con riferimenti agli album per bambini : Crouch è un partner regolare di Bechtolf con il quale ha fatto a Salisburgo Jedermann e l’Opera di tre soldi sotto il nome Mackie Messer – Eine salzburger Dreigroschenoper nel 2015. Le scene sono fatte molto bene, in stile tele dipinte come una volta, usando comunque di tecniche moderne come la video (a cura di Joshua Higgason), per la casa in pan di spezie nonché il balletto delle scatole di cartone che diventano finestre, e la magnifica scena degli angeli che conclude il primo atto.
Il teatro propone una visione certo tradizionale ma usando tecniche moderne con luci efficienti di Marco Filibeck, benché Bechtolf abbia sempre la voglia di iscrivere questa vecchia storia in una cornice riconoscibile oggi : l’ambiente è quello dei confini di una metropoli moderna (con tanto di grattacieli) vicino a scariche di immondizie dove un popolo dimenticato dalla società cerca di che vivere, spingendo caddies pieni di materiali raccolti di qua e di la. Tra l’altro questi angeli della fine del primo atto sono anche queste popolazioni abbandonate dalla società del benessere. Oggi la povertà è ormai più urbana che quella dei racconti delle fate del passato, ma l’idea è sempre la stessa : “gli ultimi saranno i primi”.
Attorno a quest’idea, Bechtolf costruisce uno spettacolo fatto bene, con luci elaborate e scene spettacolari.

Dal punto di vista canoro, la squadra di giovani riuniti per l’occasione è piuttosto omogenea, senza essere eccezionale. Molto interessante la Gretel di Francesca Manzo, voce ben impostata, proiettata bene, bella dizione e controllo efficiente : dal punto di vista della presenza vocale e della preparazione, è di sicuro pronta per un bel avvenire. Forse un po’ più irregolare Anna Doris Capitelli nei panni di Haensel, con bellissima presenza scenica, ma qualche fragilità nella voce, con proiezione ancora da sistemare.

Tra gli “adulti”, la madre (Gertrud) cantata da Chiara Isotton ha anche lei presenza e potenza, ma una linea di canto un po’ disomogenea con acuti un po’ gridati. Il padre, Peter, cantato da Gustavo Castillo, unico uomo del cast ne esce con onore, il timbro è caldo, ma forse dovrebbe curare meglio la proiezione, mentre Enkededa Kamani  (l’uomo di sabbia) è molto poetica e dolce, voce da seguire anche lei, senza dimenticare l’uomo della Rugiada di Céline Mellon e ovviamente la strega caricaturale a piacere di Mereike Jankowski.
Nell’insieme la compagnia di canto è all’altezza dell’occasione e visibilmente ben preparata da Eva Mei, senza però rivelare ancora grandi voci dell’avvenire, ma è tutto un divenire. Bella prestazione anche del coro di voci bianche.
Ma forse la maggiore soddisfazione la troviamo in buca : Marc Albrecht conosce bene questa musica e dà all’orchestra il lirismo e il rilievo richiesti. Sa far brillare il suono e curare gli equilibri con il palcoscenico, che accompagna con grande attenzione. Il suo Haensel und Gretel tiene dal wagnerismo del suo autore un discorso molto seducente, soprattutto nel primo atto, con vero senso del volume, dei crescendo, del colore. Come l’abbiamo sottolineato, nel primo atto le parti orchestrali sono più sviluppate, più spettacolari anche rispetto al secondo atto, in un certo senso più funzionale e più rapido, ma dove Albrecht segue i cantanti con grande raffinatezza dando a loro la sicurezza necessaria a giovani artisti. Accompagna e sostiene le voci quanto meglio che Humperdinck non ha cercato a creare un’ambiente troppo drammatico, nei momenti che potrebbero far troppo paura al giovane pubblico : l’opera è molto popolare a Natale, insieme al Flauto Magico per far entrare i bambini nell’universo della musica lirica. Nella Scala piena di bambini, questi sono molto presi dallo spettacolo dopo qualche rumorino iniziale, e seguono la trama in silenzio e con molta attenzione.
L’orchestra segue il suo direttore, con piccoli problemi per gli ottoni soprattutto all’inizio senza  nessun problema nel resto dell’opera, con archi dal suono pieno e rotondo, potente, chiaro e puro, e legni molto precisi, con vera energia da parte di tutti. Quest’orchestra suona “come da grande”, con entusiasmo comunicativo. L’esperienza è molto positiva, per i giovani dell’orchestra in primis, ma anche per il direttore che ha saputo dare l’energia richiesta e lo stile giusto.
La Scala era piena (cosa rara assai in questi tempi) , la Scala era giovane, (cosa ancora più rara, e ciò da sempre), la Scala era soprattutto gioiosa ! Cosa voler di più ? E chi avrebbe scommesso su Haensel und Gretel per ottenere un tale risultato ?

Article précédentLezioni di classicità
Article suivantTra sogno ed incubo

Autres articles

LAISSER UN COMMENTAIRE

S'il vous plaît entrez votre commentaire !
S'il vous plaît entrez votre nom ici