Nicola Vaccaj (1790–1848)
Giulietta e Romeo (1825)
Dramma in due atti di Felice Romani
Revisione sull’autografo di Ilaria Narici e Bruno Gandolfi
Edizione Casa Ricordi, Milano

Capellio   Leonardo Cortellazzi
Giulietta   Leonor Bonilla
Romeo   Raffaella Lupinacci
Adele   Paoletta Marrocu
Tebaldo   Vasa Stajkic
Frate   Christian Senn

Direttore   Sesto Quatrini
Regia   Cecilia Ligorio
Scene   Alessia Colosso
Costumi   Giuseppe Palella
Luci   Luciano Novelli

Orchestra Accademia Teatro alla Scala
Coro del Teatro Municipale di Piacenza
Maestro del Coro Corrado Casati

Festival della Valle d'Itria, Palazzo Ducale, Martina Franca, 31 luglio 2018

Per generazioni di studenti di canto, da duecent’anni circa il nome di Nicola Vaccaj (1790–1848) è associato al suo Metodo pratico di canto italiano per camera, che ancor oggi è largamente in uso. Ma pochi, ai nostri giorni, sanno che Vaccaj è stato anche autore di opere liriche, eseguite e apprezzate nei primi decenni del secolo XIX. E se la sua fama, al riguardo, non durò oltre, ciò si deve al fatto che proprio in quegli anni si affermarono autori della statura di Bellini, Donizetti, e poco dopo anche Verdi, segnando l’irresistibile ascesa del melodramma romantico. A farci conoscere Nicola Vaccaj anche come provetto operista, ci ha pensato dunque il Festival della Valle d’Itria, a Martina Franca in Puglia, che nel cartellone di quest’anno ha inserito la sua Giulietta e Romeo.

Il dispositivo scenografico di Alessia Colosso

Si tratta della settima opera composta da Vaccaj, che ne scrisse una decina in tutto ; opera che apparve nell’ottobre 1825, al Teatro della Canobbiana (oggi Teatro Lirico) in Milano, inserendosi nel solco di altri adattamenti in musica della vicenda dei due amanti veronesi, vicenda radicata in una tradizione letteraria italiana dei secoli XV e XVI. Il soggetto cioè non è attinto dal capolavoro di Shakespeare, peraltro in quei tempi ancora poco conosciuto in Italia ; e infatti il libretto di questa Giulietta e Romeo se ne discosta per alcuni aspetti. Autore del testo era Felice Romani (1788–1865), illustre letterato e richiesto librettista dell’epoca, in quanto ispirato creatore di versi sempre fluidi, raffinati, confacenti alla musica. A lui si devono infatti moltissimi libretti, diversi dei quali a beneficio dei maggiori operisti del primo Ottocento. Tanto che lo stesso Romani, pochi anni dopo, offrirà un libretto simile, con modifiche (ad esempio il personaggio di Capellio da tenore diventa basso) e abbreviazioni varie (quali la soppressione della figura di Adele), a Vincenzo Bellini per I Capuleti e i Montecchi, titolo rimasto ben più famoso.

Il recupero storico-musicale del Valle d’Itria ci ha rivelato un’opera decisamente interessante e ben congegnata, che in epoca moderna si era rappresentata soltanto a Jesi, nel 1996. Oltretutto a Martina Franca sono stati opportunamente predisposti  – dal direttore d’orchestra Sesto Quatrini, insieme a Carmen Santoro –   dei recitativi accompagnati in luogo di quelli secchi, per assecondare il peso drammaturgico nello scorrere degli eventi.  Nei suoi anni, questa Giulietta e Romeo conobbe un largo successo, anche fuori d’Italia : a New York, Barcellona, Lisbona, Parigi, Londra, Corfù. Successo meritato perché, indagata con il cannocchiale rovesciato di noi moderni, quest’opera si rivela quale termine orientativo nel teatro lirico della prima metà del secolo XIX. Comunque è una bella opera, e per fortuna a Martina Franca ne è stato predisposto un futuro DVD. Tutto il delicato ingranaggio compositivo della successione di arie solistiche, recitativi, pezzi a più voci, momenti corali e orchestrali, procede con mano sicura ed esperta dei meccanismi del teatro musicale, disegnando un sagace ritmo drammaturgico.

Leonor Bonilla (Giulietta)

Impeccabile, date le competenze di Vaccaj, è il trattamento del canto. I percorsi vocali tratteggiano i personaggi con elegante mestiere, tra passi più cantabili e momenti di virtuosismo. Sapiente anche la scrittura orchestrale, ben articolata e mai sovrastante le voci. Si potrebbero ricordare, come esempi, l’assolo di corno che avvolge il solitario arrivo di Romeo, e ne esprime la trepidazione, nel sepolcro di Giulietta. O l’arpa che, subito dopo, sorregge l’aria dello stesso Romeo, Ah, se tu dormi, svegliati, a colorare di sentimento l’altissima tensione drammaturgica ; un impiego insolito, dato il tradizionale accostamento dell’arpa a personaggi femminili. E va sottolineato che, per scelta di Maria Malibran e poi in seguito per tutto l’Ottocento, il finale di Vaccaj andò senza obiezioni a sostituire ovunque il finale del belliniano Capuleti e Montecchi. Ciò perché l’appassionato duetto conclusivo di Giulietta e Romeo concedeva ben altro spazio allo sfoggio vocale, in luogo della delicatezza sensibile e patetica della chiusa di Bellini, considerata antivirtuosistica dalle dive canore. E così, in molte edizioni ottocentesche, accadde che lo spartito di Capuleti e Montecchi fosse regolarmente stampato con l’aggiunta del finale di Vaccaj…

Ammirevoli, in quest’allestimento di Martina Franca, la concertazione e la direzione d’orchestra di Sesto Quatrini, sul podio dell’Orchestra Accademia della Scala, e del Coro del Teatro Municipale di Piacenza, istruito da Corrado Casati. Sobrio e funzionale l’impianto scenico studiato da Alessia Colosso, nel quale la regia di Cecilia Ligorio ha disegnato un convincente movimento di singoli e masse, in un progetto ben assecondato dai costumi di Giuseppe Palella e dalle luci di Luciano Novelli. Soprattutto, molto apprezzabile la compagnia di canto, nella quale spiccava il soprano spagnolo Leonor Bonilla, nel ruolo di Giulietta. Mostrando mezzi vocali di spiccata espressività, e stile sicuro in ogni registro, Leonor Bonilla ha sfoggiato qualità ammirevoli anche nel gusto, con un legato morbido e caldo, e una credibile presenza scenica.

Raffaella Lupinacci (Romeo)

Molto bravo, anche se un po’ debole nel grave, anche il mezzosoprano Raffaella Lupinacci, Romeo “en travesti” come d’uso all’epoca, che ha esibito bella varietà di accenti e di sfumature interpretative, e un particolare colore vocale. Positiva anche la prova del tenore Leonardo Cortellazzi, Capellio : bel timbro, omogeneo anche all’acuto, accompagnato a un fraseggio sempre appropriato e intenso ; e altrettanto incisiva deve dirsi la sua prova attoriale. Lodevoli il soprano Paoletta Marrocu, Adele madre di Giulietta, perfettamente in parte, e il basso Vasa Stajkic, Tebaldo, mentre bella personalità sia vocale sia scenica ha contrassegnato la partecipazione di Christian Senn, accorato e convincente Lorenzo.

 

 

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Francesco Arturo Saponaro
Francesco Arturo Saponaro ha esercitato a lungo l’attività di docente in Storia della musica, e di direttore in Conservatorio. Da sempre mantiene un’attenta presenza nel campo del giornalismo musicale. Scrive su Amadeus, su Classic Voice, sui giornali on line Wanderer Site e Succede Oggi. Ha scritto anche per altre testate : Il Giornale della Musica, Liberal, Reporter, Syrinx, I Fiati. Ha collaborato per molti anni con la RAI per le tre reti radiofoniche, conducendo innumerevoli programmi musicali, nonché in televisione per RaiUno e TG1 in rubriche musicali.

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