BESTIE DI SCENA

Con Elena Borgogni, Sandro Maria Campagna, Viola Carinci, Italia Carroccio, Davide Celona, Sabino Civilleri, Alessandra Fazzino, Daniele Savarino, Roberto Galbo, Carmine Maringola, Ivano Picciallo, Leonarda Saffi, Stephanie Taillandier, Emilia Verginelli, e con Daniela Macaluso, Gabriele Gugliara

elementi scenici Emma Dante
luci Cristian Zucaro
coproduzione Piccolo Teatro di Milano – Teatro d’Europa, Atto Unico / Compagnia Sud Costa Occidentale, Teatro Biondo di Palermo, Festival d’Avignon

Festival di Avignone, Palestra del Lycée Aubanel, 24 luglio 2017

Si spingeva all’ingresso della palestra del Lycée Aubanel in questo inizio di serata al Festival di Avignone. Il pubblico avignonese infatti si era precipitato per assistere ad uno spettacolo molto atteso tra quelli del ricco cartellone della 71° edizione. Il nome all’origine di questo entusiasmo è bastato per riunire spettatori amanti del teatro o semplicemente curiosi : la regista siciliana Emma Dante presentava Bestie di scena, il suo ultimo progetto presentato al Piccolo Teatro di Milano l’inverno scorso.

 (Certe citazioni di Emma Dante sono tradotte dal francese, prese nel programma di sala ad Avignone. Ce ne scusiamo. Non appena avremo trovato i testi in italiano, ristabiliremo le versioni originali).

Tradotto in italiano da Guy Cherqui

Emma Dante

Nel rumore dello spazio ampio assai della palestra che si riempie mammano, il pubblico installandosi, assiste a quello che sembra essere un semplice riscaldamento fisico. Una quindicina di attori, in piedi e in silenzio, con tute di ginnastica, compongono una cerchia e seguono i movimenti lanciati da uno di loro, al centro del gruppo. Il cambiamento del leader a turno sembra stabilito in anticipo. Saltellamenti, dondolii delle braccia, l’attività collettiva è dinamica e si svolge senza il minimo scambio di parole.
Niente di spettacolare fino a questo punto. Ognuno pensa che sta assistendo alla fase preparatoria dello spettacolo, che “è finito, sarà presto finito, forse finisce”. Ma non è così.
Tutto è già cominciato.
I movimenti sul teatro si diversificano, permettono spostamenti veloci, verso ogni lato. Sempre in gruppo. E ogni attore allora ritira meticolosamente tutti i suoi vestiti, camminando in ritmo con gli altri – che è per Emma Dante il fondamento di ogni lavoro scenico.
Infatti, tutto è già cominciato .
Ma di che cosa si tratta ? Niente testo, nessun’azione raccontata in una narrazione lineare, nessun personaggio : qui, tutto quello che unisce tradizionalmente pubblico e attori è trasgredito, se non cancellato. Emma Dante considera che “lo spazio scenico è il mondo, tutto quello che potrebbe contenere”. Per lei, “è importante che gli spettatori possano vedere di più che quello che è rappresentato sul palcoscenico”.

Proponendosi all’inizio del progetto di far vedere il lavoro dell’attore a partire da brani shakespeariani, Emma Dante in fin dei conti ha rinunciato a questo approccio troppo didascalico per privilegiare quello che l’interessa davvero : “questo corto-circuito che arriva in scena e che permette agli attori e agli spettatori di vivere un’esperimento in comune”

Dando quindi un orientamento nuovo al suo progetto, in quella che considera come « un’atmosfera strana », ha messo gli attori in un processo di spoglio, spossessandoli a poco a poco di tutto ciò che li caratterizza di costume, a cominciare dai vestiti. “Rinunciano a tutto quello che serve a definire il teatro, sono come cacciati dal Paradiso, come se a loro fosse diventato impossibile di rappresentarsi e di rappresentare”.

Difatti, siamo più vicini possibile a quello che fa l’essenza stessa dell’arte dell’attore, a partire da una sperimentazione metateatrale unica. Emma Dante prosegue una ricerca singolare, che ci strappa violentemente dal fondamento della tradizione culturale e spinge infine a riflettere, aldilà della condizione dell’attore, alla condizione dell’Uomo.
Questo sguardo antropologico, inatteso e sconcertante, che abbiamo su queste “bestie di scena”, dà la misura della tristezza immensa che genera la nostra presenza corporea al mondo.

Una scatola nera senza via di scampo. Gli attori si ritrovano allineati di fronte al pubblico. Nudi. E innanzitutto timorosi di esporre questa nudità, come se prendevano coscienza della “sofferenza” – la parola è di Emma Dante stessa, mentre lavorava con loro‑, del sentimento di colpevolezza che vederli nudi fa nascere in ciascuno di noi. In un balletto sempre ritmato, nascondono allora sesso, seni, occhi. Onde provocare una forma di sollievo nel pubblico.

Poi dal backstage, sorgono elementi eterogenei mossi da una forza così misteriosa come onnipotente : una tanica riempita d’acqua legata infondo a una catena di metallo, una lenzuola, petardi che esplodono in scena, un pallone, una bambola che parla, una barra sulla quale sono fissate scatole musicali ((carillon)), una spada, delle scope, stacci multicolori, oppure anche la diffusione fuori scena di Only you, il famoso pezzo dei Platters, unica manifestazione verbale comprensibile in tutto lo spettacolo.
Questi elementi irruenti nello spazio scenico provocano diverse reazioni da parte delle bestie di scena che “ballano, cantano, urlano, litigano nei dialetti del sud, seducono, impazziscono, amano, ridono, combattono” …
Cadendo ogni tanto nell’animalità la più brutale, sembrano totalmente sottomesse alla volontà inalterabile di un deus absconditus inquietante perché sconosciuto.
Almeno che non ci sia nulla di nascosto. Che tutto sia qui, sotto nostri occhi. I corpi nudi, in quello che certi hanno chiamato “grado zero della presenza scenica”, dicono assai la miseria, la vulnerabilità della nostra condizione nell’infinito dello spazio e del tempo. Emma Dante fruga l’Umanità per capirla meglio e la seguiamo, diventando consapevoli della nostra piccolezza comune mammano che va avanti lo spettacolo.

“Spero che il pubblico si ritroverà in questi corpi nudi, messi a nudo. Che li sguarderà con compassione perché per me, siamo tutti come queste bestie di scena. Questi attori in scena, siamo noi !” afferma Emma Dante svelando l’obiettivo che si è dato. Quello che essa cerca a provocare, è l’identificazione : quella che rinvia ogni spettatore alle Origini, senza la minima stilizzazione, in un movimento dinamico aldilà dell’opposizione essenziale tra distanza e vicinanza all’interno dello spazio teatrale, abolendolo cosicché non rimanga che una comunità di uomini radicalmente liberata dai loro sogni chimerici.
Sarebbe allora inutile imbrogliare nascondendosi dietro ogni tipo di maschere.
Ecco perché gli attori rinunciano a coprirsi alla fine, mente vestiti e accessori vengono gettati dalle quinte sul palcoscenico. Ogni lotta è inutile, il movimento s’interrompe, accettano la loro nudità e la accettiamo anche noi. Senza “sofferenza” ormai, perché è anche la nostra.
Pur avvicinandosi al Tanztheater di Pina Bausch, Bestie di scena, rimane uno sperimento senza paragoni, scuotendo ognuno nelle sue convinzioni, imponendo la nudità del corpo in movimento come linguaggio universale, allontanandola di ogni tentazione sessuale, passando al termine di quello che è stato proposto sul palco dalla riflessione teatrale a un'altra, più filosofica, che interroga l’esistenza umana stessa.
Forse dobbiamo vedere in questo spettacolo quello che rende ancora il teatro necessario in quest’inizio di XXI° secolo, spesso scosso da turbolenze ? Il lavoro notevole degli attori diretti da Emma Dante non ha ancora esaurito il tema, ma traccia piuttosto nuovi percorsi da seguire. Tra l’altro, quest’ultima rifiutando di sottomettersi a ogni tradizione alienante afferma, entusiasta davanti al lavoro di Tadeusz Kantor, che quello che l’interessa è “svoltare le spalle al pubblico e fare ricerca”.
La seguiremo allora. Avanti !


 

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Thierry Jallet
Laureato in Lettere e insegnante, Thierry Jallet insegna anche il teatro e interviene in gruppi di sezioni teatrali nei licei. Molto interessato allo spettacolo da anni et raffinato conoscitore della scena contemporanea nonché del teatro per i giovani, collabora a Wanderer dal 2016.

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