Direttore Antonio Pappano
Orchestra e coro dell'Accademia Nazionale di Santa Cecilia 

Regia in presa diretta, Proiezioni video Masbedo
Baritono Lukasz Golinski (Re Ruggero II di Sicilia)
Soprano Lauren Fagan (Roxana, Regina di Sicilia e moglie di Ruggero)
Tenore Edgaras Montvidas (Il pastore)
Basso Marco Spotti (Arcivescovo)
Mezzosoprano Helena Rasker (Badessa)
Tenore Kurt Azesberger (Edrisi, Consigliere di Ruggero)
Foto MASBEDO © Jacopo Salvi

Auditorium parco della Musica – Roma, lunedì 9 ottobre 2017

Scelta molto raffinata per l’inaugurazione della stagione di Santa Cecilia : Re Ruggero (Król Roger), capolavoro di Karol Szymanowski e capolavoro della musica del novecento (creato nel 1926) è raramente eseguito al di fuori della Polonia. Sir Antonio Pappano, sempre al suo agio nell’opera, ha condotto tutti i protagonisti e l’orchestra al trionfo. Impressionante. 

 

Musica di alto pregio, in un’esecuzione avvincente. Tanto da prevalere sull’inutile corredo di video-proiezioni di dubbio gusto (mosaici palermitani a parte), così fastidiose da indurre a distoglierne lo sguardo. Re Ruggero, dramma lirico del compositore polacco Karol Szymanowski (1882–1937), ha inaugurato la nuova stagione dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia. Scelta meritoria, perché Szymanowski si è confermato musicista di prima grandezza, troppo poco conosciuto e poco eseguito nelle nostre sale, nonostante la creazione di pagine, specie cameristiche, di alto livello e interesse. Più che un’opera, Re Ruggero è una cantata scenica, dal momento che la vicenda è decisamente statica. Il sottile filo narrativo coinvolge però un impianto di sei solisti, coro, voci bianche, avvolti da una sontuosa cornice orchestrale di pulsante, e insieme levigata, finezza.

Collocato in un’epoca di intensi fermenti artistici, che egli assorbe attentamente, e coi quali entra in contatto grazie ai molti viaggi e alle possibilità offertegli dall’agiata famiglia polacca, nell’evoluzione del suo linguaggio Szymanowski sfugge a facili classificazioni. Di sicuro, appare profondamente sensibile e interessato alle espressioni contemporanee, come al mondo greco antico. Proprio dai viaggi in Sicilia, nel 1911 e nel ’14, nasce l’idea di Re Ruggero. L’amore per l’antichità classica, così riccamente testimoniata nell’isola, e la curiosità per la storia di incontri fra culture tradizioni religioni diverse, gli ispira questo dramma lirico. Protagonista ne è Ruggero II di Altavilla (1095–1154), primo re di Sicilia dal 1130 al 1154, fondatore di un regno indipendente che accorpa le conquiste normanne, e stabilisce un governo unificato e dinamico, arricchendo Palermo di opere d’arte.

 

L’impianto è articolato in tre atti. Diversamente dagli allestimenti teatrali, l’esecuzione semiscenica di Santa Cecilia ha unito i tre momenti, senza soluzione di continuità, per un’ora e mezza di durata. L’esile trama, mistica e carnale al tempo stesso, attinge influssi dalle Baccanti euripidee e dai miti dionisiaci. Al centro è il re che, pur saldamente in sella e riverito da popolo e clero, percepisce la stanchezza esistenziale della società circostante, e della sua consorte Rossana. Il quadro sarà destabilizzato dall’arrivo di un misterioso pastore, portatore di slanci e visioni radicalmente alternativi, e nutriti di erotica sensualità ; la stessa Rossana ne è irresistibilmente attratta. Nel terzo atto emerge l’identità dionisiaca del pastore, che trascina tutti con sé ; Ruggero perderà ogni riferimento, e resterà solo, ma ritroverà se stesso.

Szymanowski lavora al progetto in un arco di sei anni, dal 1918 al 1924, percorsi da cambi di prospettiva, lungaggini, interruzioni. E, quando lo porta a termine, il suo sguardo è già rivolto ad altri richiami. La prima rappresentazione di Re Ruggero avviene nel 1926, a Varsavia, seguita poi da una ripresa a Praga, nel 1932. La fortuna esecutiva si incrementa in Occidente dopo la seconda guerra mondiale, ma rimane comunque limitata a una trentina di esecuzioni, in forma scenica o di oratorio. Da segnalare l’edizione palermitana del 1949, la prima dopo la guerra, con scene e costumi di Renato Guttuso. E sempre al Teatro Massimo si sono avute altre due riprese, nel 1992 e nel 2005.

Particolarmente a suo agio nella musica teatrale, come sempre, Antonio Pappano ha valorizzato in ogni sfumatura la bellissima partitura di Szymanowski, mettendone in luce originalità, eleganza, profondità culturale, sapienza compositiva e orchestrale. Magnifica, sotto la sua bacchetta, la prova dell’Orchestra di Santa Cecilia e del Coro, istruito da Ciro Visco. Grande suggestione, poi, promana dalla dislocazione delle voci in punti diversi della sala, resa semibuia. Impressionante la resa della compagnia di canto, omogenea su livelli di superiore qualità. Il baritono Lukasz Golinski è un Ruggero II drammaturgicamente incisivo, e di impeccabili qualità vocali. Ancor più attraente la prova del soprano Lauren Fagan, Rossana, incantevole per morbidezza timbrica e calore di accenti. Molto bene tutte le altre voci : il Pastore del tenore Edgaras Montvidas, l’Arcivescovo del basso Marco Spotti, la Diaconissa di Helena Rasker, contralto, e il tenore Kurt Azesberger nei panni di Edrìsi, saggio arabo. E sembra che Pappano abbia programmato di dirigere Re Ruggero alla Scala, nel 2021.
Sarebbe stato meglio, invece, fare a meno del corredo visuale che ha accompagnato la musica. Lo studio Masbedo è stato invitato a creare una regia in presa diretta, con proiezioni video. Proiezioni che dopo una carrellata su vari mosaici palermitani, come s’è detto, hanno proposto una serie di immagini, anche live, che non soltanto sono risultate estranee e superflue rispetto all’intrinseca, appassionante presa della partitura, ma che distraevano dall’ascolto. Preferibile non guardarle, quindi. Diversa invece un’altra iniziativa tecnologica che nasce dalla competenza musicale e dalle ricerche di Michelangelo Lupone e del Centro Ricerche Musicali : l’allestimento nella càvea esterna del Parco della Musica di A più voci, un’installazione formata da una serie di olòfoni o altoparlanti direzionali, affiancati. Diffondendo estratti di repertorio, la loro voce ampia e fasciante produce in chi ascolta una sensazione simile a quella del direttore, avvolto dal suono dell’orchestra.

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Francesco Arturo Saponaro
Francesco Arturo Saponaro ha esercitato a lungo l’attività di docente in Storia della musica, e di direttore in Conservatorio. Da sempre mantiene un’attenta presenza nel campo del giornalismo musicale. Scrive su Amadeus, su Classic Voice, sui giornali on line Wanderer Site e Succede Oggi. Ha scritto anche per altre testate : Il Giornale della Musica, Liberal, Reporter, Syrinx, I Fiati. Ha collaborato per molti anni con la RAI per le tre reti radiofoniche, conducendo innumerevoli programmi musicali, nonché in televisione per RaiUno e TG1 in rubriche musicali.

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