Giuseppe Verdi (1813–1901)
Aida (1871)
Opera in quattro atti (1870/71)
Libretto di Antonio Ghislanzoni su scenario di Auguste Mariette

Maestro concertatore e direttore : MICHELANGELO MAZZA
Regia : FRANCO ZEFFIRELLI
ripresa da STEFANO TRESPIDI
Scene : FRANCO ZEFFIRELLI
Costumi :ANNA ANNI
ripresi da LORENA MARIN
Luci : FIAMMETTA BALDISERRI
Coreografie : LUC BOUY

ORCHESTRA E CORO DEL TEATRO COMUNALE DI BOLOGNA
Maestro del coro : ALBERTO MALAZZI

Aida MARIA TERESA LEVA
Radames BUMJOO LEE
 Amonasro ANDREA BORGHINI
Amneris DARIA CHERNII
 Ramfis  DONGHO KIM
Il Re  RENZO RAN
Un messaggero  MANUEL RODRÍGUEZ*
Una sacerdotessa  CHIARA MOGINI*
 *allievi dell’Accademia Verdiana
 
 
Bussetp, Teatro Verdi, 27 settembre 2019

Questa sera illustra idealmente il detto « Gallina vecchia fa buon brodo », poiché l'Aida di Franco Zeffirelli, una produzione di quasi vent'anni, prodotta per segnare la riapertura dopo il restauro del piccolo Teatro Verdi di Busseto (307 posti), mantiene intatto il suo fascino. Inoltre, lo spettacolo ci ha permesso di scoprire giovani cantanti interessanti, anche se la direzione musicale troppo tradizionale e sinfonica, non approfitta dell’ambiente intimo che ne consentirebbe un'interpretazione più raffinata. Comunque, abbiamo passato una bella serata.

Atto I : Arrivo del messaggero (Manuel Rodriguez)

Tradizionalmente nel programma del Festival Verdi, c’è una produzione a Busseto, nel cuore della terra natale del compositore.
È quindi del tutto legittimo associare Busseto alle feste verdiane annuali, soprattutto perché Busseto è la sede dell'Accademia Verdiana e del Concorso Internazionale Voci Verdiane "Città di Busseto" fondato nel 1961 e da cui sono nate grandi voci come Rita Orlandi-Malaspina, Jaime Aragall, Deborah Voigt o Aprile Millo e più recentemente Irina Lungu o George Gagnidze.
Per quanto riguarda il Teatro Verdi, fu inaugurato nel 1868 nonostante le riserve di Verdi che comunque diede una grossa somma per la sua costruzione, ma che non vi mise mai piede. Dichiarato inagibile nel 1987, per ragioni di stabilità dell'edificio storico che lo ospita, è stato riaperto all'opera nel gennaio 2001 da Riccardo Muti e dall'orchestra del Teatro alla Scala, che ha rappresentato Falstaff e l'Aida messa in scena da Franco Zeffirelli, celebrando al tempo stesso il centenario della morte di Verdi.

È questa produzione ormai mitica che è ripresa per l’edizione 2019.
È stata infatti una sfida presentare Aida in un teatro con 307 posti a sedere, anche se dotato di buca e di attrezzature di scena, mentre tutti pensano che l'Aida sia un grande spettacolo lirico riservato ai grandi teatri, o immensi spazi, come Caracalla e Verona, di cui è il titolo simbolo. E Zeffirelli, che l'ha messo in scena così spesso altrove, ha risposto alla sfida, senza rinunciare in alcun modo alla sua concezione storicistica, né al suo scrupoloso desiderio di esatezza e di precisione, ereditato dal suo maestro Luchino Visconti.

Così fa la dimostrazione che l'Aida funziona molto bene in questo piccolo spazio, a patto di capire che l'Aida è un'opera intima : anche il teatro della creazione, l'opera chediviale del Cairo, non era un luogo enorme (850 posti a sedere).

Quando la ripresa della produzione fu decisa nel 2018, Zeffirelli era vivo ; la sua morte qualche mese fa ha fatto delle rappresentazioni, qui curate da Stefano Trespidi, in omaggio al compianto grande regista. Bello vedere la rinascita di uno dei suoi spettacoli più riusciti ed emblematici.
Aida è un'opera piuttosto intimistica in cui dominano scene a due o tre personaggi, con l'unica scena del trionfo (atto II) piuttosto spettacolare, che è stata trasformata in un simbolo discutibile di un’opera che non ha questo colore fastoso. Inoltre, il terzo e quarto atto, particolarmente cupi, non includono mai più scene spettacolari.

Aida resiste quindi più che bene al passaggio da Verona (15.000 posti) a Busseto (300). Le scenografie di Zeffirelli sono perfettamente et scrupolosamente egiziane, con statue gigantesche e pareti coperte di geroglifici, e i costumi (Anna Anni) riproducono con esattezza  ciò che vediamo sugli affreschi o nella statuaria, ma allo stesso tempo Zeffirelli ci mostra il teatro nel suo gioco delle apparenze e della realtà, costringendoci a credere nella cartapesta perché ci siamo praticamente dentro, Zeffirelli non ci fa più spettatori, ma quasi protagonisti immersi in un'illusione incantevole, come parti dello spettacolo in un teatro che a sua volta sembra una casa di bambola. Solo la maggior parte degli intermezzi coreografici (resti del Grand-Opéra) sono tagliati, il che contribuisce tra l’altro ad accentuare il focus sul dramma.

Atto II : Daria Chernii (Amneris).. Scene semplici e di bel effetto

Ciò che colpisce dell'approccio di Zeffirelli (a cui si deve, tra l'altro, la splendida produzione del 1963 alla Scala, con scene dipinte da Lila De Nobili) è la preoccupazione di visualizzare situazioni drammatiche : Aida è vestita in modo molto diverso dagli altri personaggi, come una ragazza del deserto, coperta da un velo, con piedi nudi (altamente simbolico della sua situazione) e – oggi sarebbe impossibile – blackface, un trucco così ben fatto che l’illusione è perfetta. Maria Teresa Leva, che quella sera cantava l’eroina etiope, mostrando chiaramente la sua sottomissione fisica, ha interpretato un'Aida altamente credibile. La sua unica presenza sul palco mostrava la tragica situazione di fronte ad un’Amneris trionfante.
Inoltre, in uno spazio così piccolo, basta un'economia di gesti, con una chiara visualizzazione delle situazioni, sottili illuminazioni o visioni estese da giochi prospettici molto riusciti, senza dimenticare i trucchi teatrali, come i personaggi nell'ombra del proscenio che aumentano la prospettiva scenica solo con la loro presenza. Un gioco perfetto, anzi magico.

Atto II : scena del trionfo

Zeffirelli esce dalla scena del trionfo senza artificio ne video (che oggi sarebbe senza dubbio utilizzato), ponendo l'attenzione non sulla parata, sui soldati e gonfaloni, ma sulla folla che vi partecipa : indoviniamo quello che succede dietro e immaginiamo i soldati che marciano, ma siamo uno spettatore dietro la folla, cercando di indovinare cosa sta accadendo, come dietro la folla di una parata militare. E questo basta a creare l'illusione teatrale.

Maria Teresa Leva (Aida) (Atto III) : O cieli azzuri

Per quanto riguarda gli ultimi due atti, non si differenziano fondamentalmente dalle produzioni viste altrove, dove le scene sono monumentali, dal momento che coinvolgono più spesso un coro dietro le quinte e un massimo di due o tre personaggi in scena.  E l'immenso altare che invade l'atto IV rappresenta sia la minaccia (nella prima scena di Amneris) sia la figura imponente e invasiva, soffocante della morte che domina questo atto con la sua potente immagine finale.

Atto IV : Daria Chernii (Amneris)

Il risultato è uno spettacolo affascinante, che acquista addirittura potere perché ci si concentra sulla musica e sui personaggi senza essere disturbati dagli elefanti o dai cavalli che si vedono a Verona o a Caracalla, o da quattrocento comparse. Tutto funziona perfettamente, e conferma che Aida può essere rappresentata in piccoli teatri, a condizione di avere un regista intelligente (o brillante).

Dal punto di vista musicale, questo giovane cast (tutti pressappoco sotto i 30 anni) può affrontare Aida in un teatro di così piccole dimensioni, perché le voci si sentono chiaramente e perché i cantanti non hanno bisogno di spingere troppo. Potremmo avere dubbi sulla capacità di alcuni di sostenere ruoli così pesanti in sale più grandi, ma stando a ciò che abbiamo sentito, è davvero un cast equilibrato e valoroso, che ha servito l’opera di Verdi con sensibilità e precisione.

Quasi tutti i ruoli complementari sono ben tenuti : Chiara Mogini, vincitrice dell'ultimo concorso verdiano, è una sacerdotessa con bella linea di canto e bel timbro. Manuel Rodriguez, messaggero, Renzo Ran, un re dal timbro profondo e seducente – anche se un po' teso nell’acuto -, proprio come il Ramfis di Dongho Kim.

Andrea Borghini (Amonasro)

Andrea Borghini, che conosciamo bene dalla sua lunga appartenenza alla troupe di Monaco di Baviera, ha senza dubbio una voce da baritono ben timbrata, ma sembrava un po' eccessivo nel suo approccio al ruolo, in un modo un po' troppo selvaggio e agitato. Amonasro è un re, un guerriero temibile, ma civilizzato e non una sorta di bestia cattiva che esce dalla giungla. E lì spinge un po' troppo la sua incarnazione, confondendo energia e ferocia, troppo agitato sul palco. I grandi Amonasro sono proprio cantanti che mostrano la sottigliezza del personaggio e la sua formidabile intelligenza, attraverso un canto controllato : qui è troppo ardente e non sempre controllato. Peccato perché impedisce di sentire le qualità della voce.

Daria Chernii (Amneris)

Daria Chernii è un’Amneris con una voce ben dominata, che però può mancare di rotondità, con attacchi brutali assai. Probabilmente sarebbe necessario ridurre la durezza dell’espressione, per eliminarne la rugosità. Questo canto manca di un po' di colore e sottigliezza. Ma l’insieme merita comunque il rispetto.

Il Radames di Bumjoo Lee, vincitore del concorso Verdi 2015, ci è sembrato pieno di qualità. Un timbro chiaro, caldo, con note alte molto ben controllate e potenti, tenute a lungo ("vicino al sol…"), con una linea vocale molto omogenea e una dizione quasi troppo perfetta, troppo didascalica, che a volte danneggia la fluidità. Ma domina perfettamente le trappole del ruolo, anche se forse dovrebbe lavorare le morbidezze, i pianissimi e dare più colori al canto. È comunque un Radames con stile, anche se manca di un po' di sveltezza nella recitazione ma la sua è una performance molto bella.

Bumjoo Lee (Radames) et Maria Teresa Leva (Aida) scena finale

Maria-Teresa Leva è una bella Aida, con una voce molto lirica e una tecnica raffinata che permette di ammorbidire gli attacchi, di cantare con pianissimi bellissimi, con un'emissione chiara e facendo in modo che il canto sia ben colorato. Ecco un cantante con stile.
Tuttavia, dovrebbe essere ascoltata in un teatro più grande, perché la voce che ci sembrava perfetta per questo spazio potrebbe avere maggiori difficoltà in altro contesto in questo ruolo. È un lirico molto bello per noi, ma non così spinto. Ma la sua cura per il colore, il suo modo di modulare ogni parola la rende una grande interprete questa sera : per dirla tutta, ci fa credere al personaggio.

Buona esecuzione del coro del Teatro Comunale di Bologna preparato da Alberto Malazzi, soprattutto perché nel piccolo spazio il pericolo sarebbe saturare il suono. Non è il caso e il volume rimane controllato. Bel lavoro.
Non è il caso dell'orchestra del Teatro Comunale di Bologna, che non ha problemi tecnici con un'opera che conosce bene, diretta in modo professionale da Michelangelo Mazza, già primo violino nell’orchestra del Regio de Parma. Ma senza nulla di più.
Infatti, non sentiamo un'interpretazione, e nemmeno un adattamento del suono allo spazio ridotto del teatro. In uno tale spazio, la raffinatezza, la rotondità e la delicatezza sarebbero state necessarie. Niente di tutto questo : a volte è così forte che il suono dell'orchestra travolge e soffoca il resto, nessuna sottigliezza negli attacchi, nessun colore reale adattato al dramma. È certo difficile lavorare su un'opera di questo tipo in uno spazio simile, ma non sembra che ci sia stato un reale sforzo di adattamento. Ecco il punto debole di una serata decisamente seducente : ancora una volta (e come l'anno scorso per Un giorno di regno in uno stile molto diverso) la magia di Busseto ha prevalso, con quella di Verdi e grazie ad un immenso Zeffirelli.

Aida (Maria Teresa Leva)

 

 

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