Dall'Argentina, il Paese più europeo e intellettuale del Sud-America, sono arrivati in Europa quegli spiriti che hanno illuminato e divertito i nostri palcoscenici, come Copi, Jérôme Savary, Alfredo Arias, Astor Piazzolla o il recentemente scomparso Jorge Lavelli, che mise in scena un Faust violentemente fischiato eppure durato quarant'anni, diventando un classico dell'Opera di Parigi… L'Argentina è anche la patria di menti come Jorge Luis Borges, le cui opere continuano a illuminarci, ricordandoci che il mondo può essere bello in tutta la sua complessità.
Eppure l'Argentina ha appena portato al potere un personaggio del Grande Circo che brandisce una motosega come scettro… Shakespeare l'avrebbe sicuramente sognato, perché questi personaggi che pensavamo fossero di fantasia stanno iniziando a invadere la nostra realtà. Per una volta non è il teatro a guardare il mondo, è il mondo a diventare, ahimè, un Grand-Guignol. Sogno di una notte di pieno orrore.
Un altro luogo, un altro dramma : la fortezza di Macheronte in Giordania, che domina la sponda orientale del Mar Morto e che, secondo la leggenda biblica, fu teatro delle contorsioni della danza di Salomè, è alle porte di una regione oggi nuovamente sprofondata nel buco nero dell'odio e dello spargimento di sangue. È la stessa Salome di Richard Strauss che ha appena trionfato nell'allestimento di Dmitri Tcherniakov all'Opera di Amburgo, la cui direzione, sulla scia degli eventi in Medio Oriente, ha ritenuto necessario avvertire nel programma di sala che il libretto conteneva diatribe antisemite… Sogno di una notte di pieno orrore
In questo mondo, che sembra vivere un'apocalisse shakespeariana, il teatro e l'opera sono ovviamente messi fortemente alla ribalta, eppure c'è chi ci dice che l'opera doveva essere un'isola felice, fatta di colori di tele dipinte e di sorrisi piumati cullati da una musica che "addolcisce i costumi".
L'opera, come tutta l'arte, non è mai stata altro che un riflesso del mondo, semplicemente perché è prima di tutto teatro, come sognavano i suoi fondatori, un teatro che voleva avvicinarsi il più possibile alle sue origini nella tragedia greca.
E proprio perché è prima di tutto teatro, l'opera utilizza il mezzo della messa in scena per parlare al mondo, come il linguaggio che traduce l'opera per mostrarla al pubblico. La messa in scena non è quindi uno strumento superfluo, ma il mediatore nel processo di trasmissione dell'opera. Poiché trasmette, la messa in scena tiene costantemente conto del pubblico, che per le leggi dell'evoluzione si evolve a seconda del tempo, dell'epoca e del contesto. Il pubblico del 2023 è quindi singolare : guarda le opere come un pubblico del 2023 e non del 1891 (prima della Salomè di Oscar Wilde) o 1905 (Prima delle Salomè di Richard Strauss).
Per questo non capiamo l'attuale dibattito sui registi "moderni" che non rispettano le opere e i loro autori, come se la loro "modernità" significasse stupro o tradimento di un patrimonio intoccabile. La grande lezione di Wagner è che la messa in scena non consiste semplicemente nel disporre gli interpreti su un palcoscenico, ma nel fare in modo che l'insieme prenda vita e formi un insieme coerente che possa essere descritto come una "visione". Per questo la regia è un'arte a sé stante, che completa le altre dimensioni semplicemente dando loro significato e possibilità. La messa in scena fornisce un'angolazione, una luce, un contesto emotivo e un'analisi. Definisce la portata e l'impatto di un'opera in un determinato momento e in un determinato contesto.
Rispettare le opere d'arte significa dimostrare che possono resistere alla prova del tempo, alla molteplicità dei punti di vista contraddittori e ai dibattiti che suscitano. Si tratta di dimostrare che ci dicono qualcosa di diverso ogni volta, non di rispettare una fortezza di bellezza intoccabile. La messa in scena illustra la bella frase di André Gide : "L'importanza è nel tuo sguardo e non nella cosa che si guarda".
Così la rabbia, i fischi, le battaglie di Hernani, che sono sempre esistite, hanno poca importanza. Attraverso la loro violenza e il loro ridicolo, queste vanità folcloristiche parlano di una verità più profonda che va difesa con ostinazione : lo spettacolo dal vivo ha ancora un ruolo dinamico da svolgere nella società.
Cosa sarebbe un teatro di consenso zoppicante ? Svuoterebbe i teatri.
Ecco perché troviamo così penosa questa polemica sul fatto che la messa in scena "moderna" sia dannosa per l'Opera, soprattutto perché i termini dell'opposizione non sono chiari : Cosa vogliamo invece ? "Bellezza" piuttosto che bruttezza, "rispetto" piuttosto che tradimento, “conformità” al libretto piuttosto che trasposizioni non sempre leggibili… Fermo restando che la "modernità" in sé non è un valore, ma un'esperienza per il futuro, e quindi un dovere. Il tempo riconoscerà i suoi, come nel Faust di Lavelli, inizialmente odiato ma poi diventato cult…
Rileggiamo allora due frasi (tra le altre) che ci dicono cosa dovrebbe essere l'opera lirica :
"È una musica costruita sullo stesso principio di negazione dell'opera dell'arte sinistroide, (Ndr “gauchista”) che nega nel teatro la semplicità, il realismo, l'intelligibilità, la risonanza naturale della parola.
(…)
La bruttezza sinistroide (Ndr “gauchista”) nell'opera lirica emana dalla stessa fonte della bruttezza sinistroide (Ndr “gauchista”) nella pittura, nella poesia, nella pedagogia, nella scienza".
Sono attribuite a Stalin e sono tratte dall'articolo della Pravda del 28 gennaio 1936 che denunciava la Lady Macbeth di Mzensk di Shostakovič. Queste parole oscurantiste risuonano in modo particolare quando si leggono gli "argomenti" dei nuovi crociati in guerra contro le "irrispettose" produzioni moderne e il cosiddetto Regietheater…
Questa morale non fa per noi.