DIRETTORE : Daniele Gatti :
ISTALLAZIONE E REGIA : Mario Martone

MAESTRO DEL CORO Roberto Gabbiani
COSTUMI Anna Biagiotti
LUCI Pasquale Mari

CONTE D’ALMAVIVA Ruzil Gatin
ROSINA Vasilisa Berzhanskaya
DON BARTOLO Alessandro Corbelli
FIGARO Andrzej Filończyk
DON BASILIO Alex Esposito
BERTA Patrizia Biccirè
FIORELLO Roberto Lorenzi
AMBROGIO Paolo Musio
UN NOTAIO Pietro Faiella

Orchestra e Coro del Teatro dell’Opera di Roma

Nuovo allestimento Teatro dell’Opera di Roma

Lo spettacolo verrà ritrasmesso su RAI5 il giovedì 31 dicembre 2020

Roma, Teatro dell'Opera, sabato 5 dicembre 2020 (Streaming RAI3)


 

Nel triste paesaggio della produzione musicale di quest'autunno, ci sono alcuni diamanti, tra cui lo straordinario dinamismo di alcune istituzioni che nonostante tutto continuano a produrre. Più timidamente attraverso ritrasmissioni di versioni da concerto, più decisamente attraverso produzioni reali, è stato così all'Opéra-Comique di Parigi, così come a Bergamo per il Festival Donizetti, a Monaco di Baviera con Falstaff, a Zurigo con Simon Boccanegra, e a Roma con questo Barbiere di Siviglia allestito appositamente ed esclusivamente per la ritrasmissione da Mario Martone e diretto da Daniele Gatti.

 

Abbondanza di nuovi prodotti online in questo periodo. Sia che si tratti di ritrasmissioni di produzioni senza pubblico o in condizioni più o meno tradizionali, sia che si tratti di allestimenti adattati alle circostanze. Questo Barbiere di Siviglia, coprodotto dall’ Opera di Roma e da RaiCultura, è stato trasmesso da RAI3 e verrà ritrasmesso su RAI5 il 31 dicembre. È stato visto da oltre 680.000 spettatori in prima visione, l'equivalente di circa 425 serate liriche a seconda della capienza del Teatro Costanzi. La soddisfazione del Sovrintendente del Teatro dell'Opera Carlo Fuortes è comprensibile. Si dovrà riflettere in modo più approfondito sulla questione dello streaming, in diretta o meno, ma questa trasmissione deve essere visto non solo come la risposta alla sete musicale di un pubblico frustrato, ma anche come soddisfazione per l'eccellenza, anzi l’eccezionalità del prodotto.

Mario Martone e il suo team

L'Opera di Roma, guidata dal suo sovrintendente e dal suo direttore musicale Daniele Gatti, non ha smesso di pensare a come produrre in questi tempi di pandemia. Si ricorda l'iniziativa di Rigoletto al Circo Massimo, con un palcoscenico gigante, una produzione "speciale Covid" di Damiano Michieletto e un grande successo di pubblico (con capienza ridotta e le dovute distanze). Va inoltre ricordato che in ottobre il programma previsto The Rake's Progress è stato sostituito da una produzione di Zaïde di Mozart, più in linea con le esigenze musicali della situazione.

Lo stesso vale per questo Barbiere di Siviglia ((Una serie di rappresentazioni concertanti dell'opera di Rossini, di cui abbiamo parlato, è stata proposta anche quest'estate al Circo Massimo con Stefano Montanari sul podio)) inaugurale, e l'utilizzo dell'intero spazio teatrale come set per le riprese. In altre parole, hanno approfittato della situazione per proporre un altro modo di fare video, che va oltre la semplice ripresa di uno spettacolo, una specie di creazione fatta per una sala senza pubblico, che allo stesso tempo diventa la scena dell'opera. Questa è anche l'opzione scelta da un'altra istituzione che si distingue per il suo dinamismo e la sua fantasia, il Festival Donizetti di Bergamo, di cui parleremo tra qualche giorno.

L'istallazione generale in sala

Daniele Gatti ha diretto più volte Rossini, tra cui Il Barbiere di Siviglia, ad esempio ad Aix-en-Provence al Grand Saint Jean nel 2005. Ha diretto anche Rossini serio, come La Donna del Lago a Pesaro nel 2001, ma negli ultimi anni ha un po' accantonato questo repertorio : tuttavia, tornando al Belcanto con Capuleti e Montecchi la scorsa stagione e a Rossini con Il Barbiere di Siviglia quest'anno, egli dimostra quanto questo repertorio meriti grandi direttori d'orchestra per riscoprirlo e rinfrescarlo.
La scelta del capolavoro di Rossini non sorprende, vista la popolarità dell'opera, che non richiede un grande coro e che, è stata presentata a Roma come inaugurazione della stagione, sostituendo La Clemenza di Tito, l'opera che era prevista per l'apertura della stagione, però meno adatta alle circostanze e che richiedeva un coro più ampio.
Si trattava anche di offrire, in questi tempi grigi, un po' di allegria e un po' di buon umore.

Per questa produzione, il regista d’opera Mario Martone si ricorda che è anche regista cinematografico : non si limita a filmare una rappresentazione, ma concepisce un prodotto singolare, unico, non riproducibile, che tiene conto delle circostanze e dello spazio a sua disposizione. Se, contrariamente ad altre scelte altrove, l'orchestra rimane nella buca, (i musicisti e il direttore d'orchestra sono mascherati tranne che i fiati) e il tutto si svolge secondo i momenti sul palco e in sala, ma anche all'esterno : l'arrivo di Figaro è l'occasione per una tournée a Roma in con lo Scooter – un discreto omaggio al film di Fellini – guidato dallo niente meno di Daniele Gatti in frac, ma la macchina da presa circola anche negli spazi noti o sconosciuti dell'opera. A volte fa vedere i tecnici, le sarte che sistemano l'abito di Rosina, o i macchinisti, i rumoristi per il momento della tempesta. Martone mostra il teatro nelle sue viscere, e istalla il teatro dell'opera come “spazio totale” della recita : i palchi soprattutto il palco reale da dove Rosina sorveglia il suo amante, e soprattutto l poltrone dell'orchestra, che diventano come il labirinto del gioco d'amore.
È anche questa celebrazione del luogo teatrale, nella sua magia, nella magia delle cosiddette “sale all'italiana”, a cui la telecamera posta ovunque contribuisce, sul palco, nei palchi, nei camerini, nel backstage e negli spazi pubblici dei foyer e dell'ingresso. In questi tempi di scarsità teatrale, questo è essenziale per far venire voglia di tornare a teatro.
Confesso che non sempre mi convincono le regie liriche di Mario Martone, ma questa produzione dimostra fantasia, inventiva, idee, che rendono lo spettacolo non solo piacevole da vedere, ma anche pieno di vita, pieno di sorrisi e di ottimismo, e allo stesso tempo sveglia la nostalgia dei luoghi amati.

 

Il teatro in tutti i suoi angoli : Andrzej Filończyk (Figaro) e Ruzil Gatin (Almaviva)

Al di là della cornice, l'idea più originale è quella di rappresentare la casa di Bartolo come impigliata in una gigantesca ragnatela che racchiude l'intero volume del teatro. Quale idea migliore per dimostrare che Rosina è prigioniera, che bisogna continuare a passare attraverso ostacoli e fili ! Ma anche per dire quanto un teatro senza vita sia come se fosse catturato, chiuso, impolverato nella rete. Per mostrare questo "confinamento" fa diventare prologo la prima scena di Fiorello-Almaviva : i titoli di testa partono dall'irruzione di Figaro dopo il suo giro di Roma in Vespa, simbolo evidente di libertà : in questi tempi di confinamento, non c'è possibilità. Tutto si svolge poi nella casa di Bartolo, che è chiusa, come il teatro è vicino alla pandemia, dove i personaggi recitano a volte mascherati e a volte no : per la scena della barba, Figaro ha, come i parrucchieri, maschera e visiera. E poi nella scena finale, tutto si risolve e la tela viene tagliata da tutta la troupe con pinze da taglio. Alla fine del tunnel, la libertà.

La regia dell'opera è lineare, il libretto è seguito senza "intenzionalità" o sovra-interpretazione, ma con idee leggibili, e contrariamente a quanto a volte si vede negli allestimenti delle opere buffe rossiniane, senza mai un'oncia di pesantezza, che sottolineerebbe troppo gli effetti della trama. Ci sono momenti che ovviamente fanno sorridere, ma ce ne sono altri, come il trattamento di Bartolo su una sedia a rotelle, in mezzatinta, altri più commoventi, come l'interpretazione molto sensibile di Rosina da parte di Vasilisa Berzhanskaya, e altri più ambigui, come i travagliati giochi di Basilio, per esempio : non dobbiamo mai dimenticare che quest'opera è stata tratta da Beaumarchais, e non è quindi il gioco superficiale che certi pensano ((Spesso si pensa al Mariage de Figaro come pezzo più “rivoluzionario” del Barbier, ma Le Barbier de Séville fa vedere una società mossa dagli interessi privati dove dietro il sentimento ci sono anche i calcoli)): i giochi di interesse sono reali, tutti cercano di creare intrecci dove spesso L’argent fait tout, come dice Marcellina né Le nozze di Figaro, altra opera  nata da Beaumarchais… ma la regia anche distanzia la trama attraverso l'inserimento di immagini d'archivio delle grandi ore dell'Opera di Roma che fa vedere allo spettatore le Prime del passato in cui si riconoscono glorie mitiche, dalla Callas alla Magnani per esempio, un modo di ricordare la leggenda del Teatro e un modo di contrapporsi alla situazione del periodo che viviamo. Cioè anche un modo di creare non un sotto-testo ma un Ipertesto nel senso informatico della parola.

Questa semplicità si vede acnhe negli effetti comici, come l'arrivo di Almaviva/Alonso all'inizio del secondo atto, inseguito da uno sfortunato servitore che continua a presentargli una sedia che l'altro sembra non vedere, continuando il suo discorso "pace gioia…" puro comico di ripetizione, o il rondò dell'inutil precauzione in cui Alonso dietro Gatti conduce la canzone in un sottofondo molto suggestivo e divertente.

La lezione di musica :  il rondò dell’inutil precauzione dove Alonso (Ruzil Gatin) dietro Gatti dirige il canto di Rosina (Vasilisa Barzhanskaya) di fronte a Bartolo (Alessandro Corbelli)

Non c'è dubbio che lo spettacolo sia un successo perché mette in risalto l'opera, la situazione che viviamo e il luogo allo stesso tempo, senza mai sottolineare pesantemente gli elementi di contesto : Mario Martone dimostra che l'opera filmata può avere un vero significato, una vera profondità senza mezzi deliranti, con un'economia che va qui sottolineata e soprattutto senza limitarsi a filmare una recita in modo frontale. Qui si muove, si vive, si sorride, si va dappertutto e ci dà un vero piacere.

Ma naturalmente un tale successo non sarebbe possibile senza la musica e la compagnia di canto, di rara precisione, con due nomi noti, Alex Esposito come Basilio e Alessandro Corbelli come Bartolo, e per il resto dei giovani, già esperti, non necessariamente italiani, che hanno risposto meravigliosamente alla sfida orchestrata in modo sbalorditivo dall'architetto musicale dello spettacolo, Daniele Gatti.

Ciò che colpisce in questa lettura è l'unione della grande raffinatezza e di un senso teatrale compiuto. Una raffinatezza che si manifesta nella leggibilità della partitura, nell'estrema chiarezza dell'orchestra, che fa emergere l'arte dell'orchestrazione rossiniana, soprattutto l'importanza che dà ai fiati, al clarinetto, all'oboe, al fagotto, agli strumenti che rispondono alle parole, le sottolineano, prolungandone così gli effetti comici o ironici, tanto che esplode una tavolozza di colori incomparabili.
Colpisce anche il perpetuo adattamento al ritmo della scena, con inusuali variazioni di tempi, che danno un'incredibile vitalità all'insieme, ma trasformano anche il colore abituale dell'opera, attirandola più verso il Dramma giocoso che verso l'opera buffa : il finale dell'atto I è eccezionale sotto questo aspetto, si potrebbe quasi pensare di sfuggita al finale del primo atto del Don Giovanni per i suoi contrasti, la sua forza, il suo movimento.

L'orchestra dell'opera di Roma, in parte mascherata, interamente nelle mani del suo direttore, anch'esso mascherato, accompagna con duttilità, precisione e impegno una lettura che è senza dubbio la più stimolante dopo quella di Abbado – anche se completamente diversa- , perché non si ferma al "frizzante come lo Champagne" come diciamo sempre di Rossini quando non sappiamo cosa dire, né alla costruzione dei famosi crescendi, cioè il minimo richiesto, ma che è una lettura sensibile e approfondita, varia, a volte quasi impressionista : ma che è una lettura sensibile e approfondita, varia, a volte quasi impressionista : una lettura a dir poco sconvolgente e sorprendente nella sua varietà. Questa lettura è a volte ironica, a volte tenera, potente nella tempesta, con colori variegati, e sempre focalizzata sul ritmo della parola teatrale : Gatti fa sentire quello che è Rossini, questo ponte tra barocco e romanticismo, dotato da folle inventiva, con una particolare attenzione a far sbocciare le parole. Lo aiuta anche il continuo (Pianoforte e violoncello), spesso fantasioso, che accentua il colore del testo, facendo emergere ambiguità e doppi sensi.

È una commedia : la commedia in musica deve lasciare che la parola e il colore della parola dominino. Wagner lo mostrerà (e con quale potenza!) in Die Meistersinger von Nürnberg e troviamo qui questa attenzione a rendere ogni parola udibile e chiara, tanto che si rimane sorpresi dal linguaggio molto sciolto del librettista Sterbini.

Ruzil Gatin (Almaviva), Valisisa Berzhanskaya (Rosina), Alessandro Corbelli (Bartolo), Andrzej Filończyk (Figaro)

Certo si tratta di un video, e in sala il suono diretto potrebbe essere diverso, ma la traccia lasciata qui è impressionante, è una lezione di direzione rossiniana e una vera e propria lezione di opera, dove il ruolo del testo è decisivo.

Arrivo di Figaro al Teatro dell'Opera, sullo Scooter guidato da Daniele Gatti

Ma è anche una lezione di impegno : vedere questo direttore d'orchestra sullo Scooter in giro per Roma, vederlo dirigere il palcoscenico, l'orchestra, la sala, con visibile divertimento e piacere non dissimulato, è anche mostrare quanto dinamico sia il ruolo di un direttore musicale in un'istituzione importante, quando è pieno di idee e si mostra intraprendente, immediatamente adattabile a tutte le situazioni, purché si possa rimanere in contatto con l'arte, con la musica, con il pubblico.

Questo sorprendente risultato probabilmente non sarebbe stato raggiunto a questo livello di eccellenza senza la compagnia di canto. Ancora una volta, è l'omogeneità che si nota tra i diversi artisti, tutti singolari nella loro personalità e completamente fusionali nella resa complessiva della regia.
La Berta di Patrizia Biccirè, allieva dell'Accademia rossiniana di Pesaro all'inizio degli anni '90,  è dotata di fraseggio impeccabile, voce chiara, semplicità di espressione, nonché il Fiorello di Roberto Lorenzi, che canta essenzialmente all'inizio dell'opera, ma che la regia rende un vero e proprio personaggio, al di là del prologo installato da Martone. Lo avevamo già visto né L'Ange de Nisida di Donizetti e abbiamo scritto di lui : "È una bella sorpresa, ecco un cantante-attore mobile, molto espressivo, con voce sonora e emissione impeccabile."
C'è poco da aggiungere, la voce ha rilievo, l'attore è davvero impegnato, è un vero personaggio, un nome da ricordare senza dubbio.
Dall’altra parte dello spettro, due cantanti esperti, tra i più giustamente consacrati tra gli artisti italiani, siano essi rossiniani o mozartiani.
Il Basilio di Alex Esposito è un personaggio che ricorda un po’ Ruggero Raimondi con il suo sguardo penetrante e il suo aspetto : la voce è molto espressiva, il fraseggio da sogno e l'articolazione di ogni parola esemplare, così importante nell'aria della Calunnia, proprio perché la calunnia è l'arte di dire la parola insinuante che uccide. Esposito, noto come attore esuberante, è qui più interiore, più contenuto, con presenza incredibile ad esempio quando entra nella platea attraverso l'ingresso centrale nel secondo atto. La Calunnia è un capolavoro di costruzione, modulazione, controllo della voce, quasi repressa a volte ma anche piena di potenza e presenza in altri momenti : esso crea una grande tensione che conferma sua la straordinaria personalità scenica.

Alessandro Corbelli (Bartolo) e Andrzej Filończyk (Figaro)

E poi c'è Alessandro Corbelli, uno dei cantanti che per anni ha incarnato l'intelligenza scenica. Senza mezzi deliranti – abbiamo già sentito dei Bartolo più fragorosi, più imponenti vocalmente- è uno spettacolo in sé, inchiodato dalla regia in sedia a rotelle e quindi costretto a recitare praticamente solo sul viso e sul canto : è semplicemente mozzafiato : nessuna parola sbagliata, tutto è scolpito con un'espressività che è un modello. E poi ci sono i sillabati incredibilmente rapidi e vertiginosi. Un modello di canto rossiniano, un modello di precisione e intelligenza, un modello di chiarezza, senza mai esagerare, è anche talvolta tanto odioso quanto commovente : l'arte superiore del canto.

I tre (giovani) ruoli principali, di fronte alla conprovata arte dei loro colleghi più esperti, sono tre cantanti slavi, che mostrano un'incredibile plasticità nei loro rispettivi ruoli.
Ruzil Gatin, formatosi a Kazan e a Mosca, è già molto richiesto sui palcoscenici russi, canta regolarmente al Bolshoi i ruoli di tenore belcantista (Elvino) o del rossiniano Libenskof di Viaggio a Reims o di Almaviva di Barbiere), è attualmente uno dei tenori più richiesti della nuova generazione rossiniana, essendo anche stato all'AsLiCo di Milano o all'Accademia Rossiniana di Pesaro.
Tenore elegante, voce molto omogenea su tutto il registro, non necessariamente spettacolare, forse anche un pelo troppo leggera ma certo con un timbro molto bello, è un Almaviva di classe, che merita di essere riascoltato davanti al pubblico. Fin dall'inizio conferisce al ruolo un sapore giovanile e timido che contrasta così bene con il Figaro di Andrzej Filończyk.

Andrzej Filończyk (Figaro)

Originario di Breslavia, Andrzej Filończyk ha 26 anni e fa vedere un Figaro con un profilo assai diverso di quello che siamo abituati a vedere e sentire. In Die Tote Stadt a Monaco sotto la direzione di Petrenko era Frank e Fritz e ho scritto di lui "incarna i suoi personnaggi con giustezza, perché ha una dolcezza intrinseca particolarmente sensibile". La voce è giovane, con timbro piuttosto morbido e pastoso, e mai fragoroso, e l'esecuzione – guidata da Martone, non è né caricaturale né sovrabbondante ; ecco un Figaro giovane, vocalmente agile, ma in sintonia con tutto il cast, mai esagerato. Molto attento anche al testo e all'espressione, non è ancora perfetto nei sillabati, ma c'è ancora tempo per acquisirne la sveltezza necessaria, perché per il resto, siamo lì per quanto riguarda dizione, espressione, fraseggio. Non è né travolgente né eccessivo, ma sempre conforma allo stile voluto e sempre attore simpatico : la scena della barba di Bartolo è esilarante. Ancora un nome da seguire.

 

Vasilisa Berzhanskaya (Rosina)

Infine, la Rosina di Vasilisa Berzhanskaya. Ecco un'altra artista formatosi a Mosca, ma passata anche attraverso l'Accademia rossiniana di Pesaro e il "Programma giovani artisti" di Salisburgo. Ha stupito il pubblico quando è stata Romeo né Capuleti e Montecchi a Roma sotto la direzione di Gatti nell'inverno del 2019, e ancora una volta si rimane colpiti dall'accuratezza dello stile, dalla purezza vocale su tutto lo spettro, con gravi impressionanti – per esempio quando canta "come una statua" nel finale del primo atto -. Il fraseggio impeccabile, la sorprendente chiarezza di espressione e la facilità sia nell'agilità che nell’acuto fanno ben sperare per una futura carriera da belcantista : è stata Rosina in Russia come in Italia e in Germania, Diane d'Orphée aux Enfers a Salisburgo, doveva cantare Roberto Devereux a Palermo e Moïse et Pharaon a Pesaro quest'anno, ma per motivi che sappiamo troppo bene è stato tutto cancellato. Ha tutte le qualità necessarie per una carriera già ben avviata. È una Rosina fresca e poetica, ma anche decisa, anche un po' maliziosa. Tutto questo dimostra la straordinaria vitalità del canto slavo e soprattutto la plasticità di questi artisti che si adattano felicemente a stili a priori estranei alla loro tradizione. L'opera è internazionale, naturalmente, ma è singolare che i tre ruoli principali di questo Barbiere siano interpretati da tre cantanti slavi, tutti e tre eccellenti, e tutti e tre giovani, cioè non ancora troppo incrostati da cattive abitudini e quindi perfettamente adattabili agli impulsi e ai consigli del direttore d'orchestra.
Il risultato sono tre ore di eccellenza su tutti i piani, e di buon umore : insomma un Barbiere…di qualità

A maggior ragione uno spettacolo del genere merita di essere accessibile oltre i confini italiani. La piattaforma ArteConcert trasmette il Boccanegra da Zurigo, da Milano trasmette la Scala e il suo Gala, ma niente da Roma, sembra che delle trattative siano in corso per rendere lo spettacolo accessibile anche ai melomani dall'estero : speriamo in bene perché questa produzione inaugurale della stagione raggiunge subito un apice che meriterebbe un DVD che mostri quello che si sa fare in tempi di pandemia.

Scena ultima e ragnatela

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