Robert Schumann (1810–1856)
Szenen aus Goethes Faust (1853)

Regia, scene, costumi, e concetto luci : Achim Freyer
Costumi : Amanda Freyer
Collaborazione artistica : Eike Mann
Collaboratore alle scene : Moritz Nitsche
Collaboratrice ai costumi : Petra Weikert
Luci : Sebastian Alphons
Video : Jakob Klaffs/Hugo Reis
Drammaturgia : Klaus-Peter Kehr
Maestro del coro : Eberhard Friedrich

 

Faust, Pater Seraphicus, Dr. Marianus : Christian Gerhaher
Gretchen, Not, Seliger Knabe, Una Poenitentium : Christina Gansch
Mephisto, Pater profundo, Böser Geist, Bass-Soli : Franz-Josef Selig
Marthe, Sorge, Seliger Knabe, Magna Peccatrix : Narea Son
Ariel, Pater Ecstaticus, Vollendeterer Engel, Jüngere Engel : Norbert Ernst
Mangel, Jüngerer Engel, Seliger Knabe, Mulier Samaritana : Katja Pieweck
Schuld, Seliger Knabe, Maria Aegyptiaca, Mater Gloriosa : Renate Spingler
Vollendeterer Engel, JüngererEngel : Alexander Roslavets

Chorsolostimme : Hannah-Ulrike Seidel, Kathrin von der Chevallerie, Jin Hee Lee, Lisa Jackson, Daniela Kappel

 

Philharmonisches Staaatsorchester Hamburg
Chor der Staatsoper Hamburg

Direzione musicale : Kent Nagano

Staatsoper Hamburg, 31 ottobre 2018

Le Szenen aus Goethes Faust (Scene del Faust di Goethe) di Schumann sono ormai spesso rappresentate, almeno in versione semi-concertante, se non sotto la forma di una vera produzione con tanto di regia. E' la scelta fatta dall'intendante Georg Delnon ad Amburgo proponendo per sette rappresentazioni uno spettacolo firmato Achim Freyer, sotto la direzione del GMD Kent Nagano e con l'immenso Christian Gerhaher nella parte di Fauts. 

Christian Gerhaher (Faust)

Le Szenen aus Goethes Faust (Scenen aus Göthe’s Faust secondo l’autografo) sono l’ultima grande composizione portata a termine da Robert Schumann, che vi lavorò per dieci anni, dal 1844 fino al 1853. Pochi mesi dopo sopravvenne la crisi che l’avrebbe portato al ricovero nell’ospedale psichiatrico. Già nel 1832 Schumann sognava di mettere in musica il capolavoro di Goethe ma solo nel 1844 trovò il coraggio di accingersi all’impresa, cominciando dal Coro mistico, scena finale del secondo Faust : una scelta diversa da quella degli altri musicisti romantici, che, prima e dopo di lui, rivolgevano la loro attenzione soprattutto al primo Faust, più vicino alla sensibilità romantica e anche meglio noto e più immediatamente comprensibile alla maggioranza del pubblico.

Solo in un secondo momento decise di mettere in musica anche tre scene del primo Faust, quelle che condensano la vicenda di Margherita e più particolarmente la sua caduta : Scena nel giardino, Margherita davanti all'immagine della Mater dolorosa, Scena nel duomo. In uno stadio più tardo inserì altre tre scene, Ariel e il risveglio di FaustMezzanotte e Morte di Faust, che danno un minimo di consequenzialità a questi estratti dall’opera di Goethe e inoltre, trascendendo l'elemento terreno per svolgersi nel mondo fantastico degli spiriti e avendo un forte significato allegorico, sono un ponte tra la cupa drammaticità della vicenda umana di Margherita e la visione puramente spirituale del Coro mistico. « Dovendo fatalmente scegliere fra una massa incredibilmente ricca di temi e di situazioni », Schumann « privilegiò quelle valenze mistiche e quelle risonanze spirituali che sembravano predestinate a incarnarsi nella musica », come ha scritto Sergio Sablich.

Ma cosa sono esattamente le Szenen aus Goethes Faust ? Come si possono definire ? Sebbene nel 1845, poco dopo averle iniziate, Schumann avesse pensato per un attimo di farne un oratorio profano, questo non è un oratorio. E non è nemmeno una sinfonia corale né una cantata. È piuttosto un unicum, cui va stretta qualsiasi definizione corrente. Quel che è certo è che non è un’opera. Il titolo Szenen non deve far credere che Schumann pensasse alla concreta possibilità di portarle sulla scena, infatti non cercò mai di proporle a qualche teatro e le poche e parziali esecuzioni realizzate lui vivente furono tutte in forma di concerto. L’assenza di una drammaturgia tradizionale (sono una serie di scene staccate e manca una vera e propria azione teatrale) le rendeva improponibili sui palcoscenici dell’epoca. Ma negli ultimi anni la concezione del teatro musicale è molto cambiata e i registi trovano praterie aperte davanti a loro in “opere” di questo tipo, che, proprio perché non prevedevano in origine una realizzazione scenica, li lasciano liberi di inventare dal nulla una drammaturgia. Si è dunque cominciato a proporre realizzazioni teatrali delle Szenen di Schumann, in Germania e altrove, Italia compresa.

Ora alla Staatsoper di Amburgo ne è stata realizzata una nuova produzione, di cui Achim Freyer ha firmato regia, scene, costumi e luci. Questo grande maestro del teatro tedesco ha capito che sarebbe stato sbagliato cercare di spettacolarizzare a tutti i costi questa musica e ha ideato una messa in scena semplicissima, perfino elementare, basata su pochi elementi. Ma non era affatto una scelta rinunciataria, perché riusciva a far filtrare una serie di suggestioni e di stimoli, che lo spettatore era libero di raccogliere e di interpretare a suo modo per riflettere sulle ramificate implicazioni di questa estrema opera di Schumann, a proposito della quale « non sembra esagerato asserire che [il compositore] vi abbia potuto vedere quella realizzazione dell'assoluto musicale cui la metafisica romantica della musica […] costituzionalmente tendeva » : specialmente il « finale "incommensurabile" poteva esprimere l'aspirazione all'assoluto incondizionato, all'infinito come totalità organica riconquistata e divenuta, attraverso la musica, percepibile ed eloquente ». (Sergio Sablich).

Impianto scenico di Achim Freyer

Freyer ha innanzitutto ribadito che le Szenen aus Goethes Faust sono fatte per essere eseguite in forma di concerto e quindi ha messo l’orchestra e il coro ben in vista sul palcoscenico, appena nascosti da un velo. Anche i cantanti sono collocati dietro il velo, davanti ai loro leggii, come in un concerto. Ma Freyer non nega il lato teatrale di questa forma ibrida tra concerto e teatro : quando il protagonista entra in scena, reca infatti sul volto una maschera di gesso, che ricorda quella indossata dagli attori della tragedia greca, l’archetipo di tutto il nostro teatro. I personaggi minori restano sempre dietro il velo e soltanto i protagonisti vengono sulla scena vera e propria, quando è il loro momento, ma la recitazione è molto sobria, a lungo restano quasi immobili, non entrano in rapporto tra loro, ognuno resta chiuso nel proprio mondo solitario.

A popolare il palcoscenico, totalmente nero e immerso nella semioscurità, sono alcuni “servi di scena”, anch’essi totalmente neri, che vanno e vengono, recando tra le braccia, poggiando a terra e al momento opportuno riportando dietro le quinte una serie di oggetti. Dapprima sono oggetti che ricordano l’infanzia : strumenti musicali infantili, bambole, un’altalena, che verranno portati via ben presto, quando Gretchen avrà perso la sua spensieratezza infantile e la sua innocenza. Man mano che dalle vicende umane si passa gradualmente al mondo spirituale del Coro mistico, ad essere portati in scena non sono più oggetti quotidiani ma astratte forme geometriche e infine i servi di scena continuano ad attraversare il palcoscenico a mani vuote, come se ancora recassero degli oggetti, ma invisibili, immateriali. Questa ininterrotta processione di oggetti è il leitmotiv dello spettacolo. Un altro leitmotiv secondario è dato dalla ricorrente sovrapposizione di Faust all’immagine proiettata su uno schermo dell’uomo che in un famoso quadro di Caspar David Friedrich guarda dall’alto di una montagna la terra avvolta dalla nebbia, cosicché i due personaggi diventano uno solo. In tal modo Goethe, Schumann e Friedrich, i tre più grandi rappresentanti della Germania nel campo delle diverse arti nel primo Ottocento, vengono riuniti da Freyer in queste Szenen aus Goethes Faust, elevate a summa dell’arte tedesca.

Per quel che riguarda la realizzazione musicale, il GMD Kent Nagano((GMD = Direttore Generale della Musica)) applica anche qui la sua ricetta di alleggerimento, trasparenza e semplicità. Nell’ouverture e nelle prime tre scene, dedicate a Gretchen, ci si aspetterebbe un’interpretazione più drammatica e tormentata e colori più cupi, insomma maggior romanticismo. Ma l’inizio della quarta scena, con Ariel e gli spiriti che aleggiano intorno a Faust addormentato, è incantevole. Meraviglioso è poco dopo l’episodio del sorgere del sole. Da qui in avanti l’interpretazione perfettamente equilibrata di Nagano convince pienamente, fino a uno splendido Coro mistico, che è il culmine delle Szenen e ne costituisce quasi la metà in termini di durata. Il merito di questa realizzazione è anche della perfetta prestazione della Philharmonisches Staaatsorchester Hamburg e dei due cori, quello della Staatsoper e quello di voci bianche.

Accingendosi all’impresa immane di volgere in musica il Faust, Schumann aveva scelto di non darne una propria interpretazione personale ma di mettersi al servizio di Goethe, ponendo grande attenzione alla rispettosa valorizzazione del testo. La linea vocale è prevalentemente un declamato semimelodico e quindi il compito dei cantanti può apparire semplice, ma non è così, perché devono saper arrivare al cuore del testo e della musica.

Christian Gerhaher (Faust)

Christian Gerhaher – che è un grande liederista e sta proprio ora incidendo l’integrale dei Lieder di Schumann – è stato magnetico sia musicalmente che scenicamente e ha incarnato prima Faust e poi il Pater Seraphicus e il Doctor Marianus, dimostrando di saper esprimere sia il mondo terreno sia il mondo spirituale. La voce di Christina Gansch è un po’ flebile, ma questo non le ha impedito di essere una Gretchen commovente. Incisivo Franz-Josef Selig, che giustamente non dava a Mephisto la solita banale connotazione demoniaca a base di ghigni. Perfettamente adeguati gli interpreti dei personaggi minori.

In conclusione, questa edizione delle Szenen aus Goethes Faust riesce a guidare l’ascoltatore in un’opera molto complessa e ad arricchire l’ascolto con una serie di sollecitazioni visive che mettono in moto la mente e l’immaginazione, ottenendo una risposta da parte del pubblico certamente superiore a quella che si sarebbe avuta in sala da concerto.

 

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Mauro Mariani
Mauro Mariani ha scritto per periodici musicali italiani, spagnoli, francesi e tedeschi. Collabora con testi e conferenze con importanti teatri e orchestre, come Opera di Roma, Accademia di Santa Cecilia, Maggio Musicale Fiorentino, Fenice di Venezia, Real di Madrid. Nel 1984 ha pubblicato un volume su Verdi. Fino al 2016 ha insegnato Storia della Musica, Estetica Musicale e Storia e Metodi della Critica Musicale presso il Conservatorio "Santa Cecilia" di Roma.

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