Giacomo Puccini (1858–1924)
Tosca (1900)
Melodramma in tre atti
Libretto di Luigi Illica et Giuseppe Giacosa
dalla pièce teatrale La Tosca di Victorien Sardou
Prima rappresentazione assoluta, 14 gennaio 1900, Teatro Costanzi, Roma

 

Direttore                        Carlo Palleschi
Regia                             Carlo Antonio De Lucia
Video designer                Matthias Schnabel
Light Designer                Giuseppe Calabrò
Scene                            Daniele Piscopo
Costumi                         Sartoria Pipi

Floria Tosca                      Diana Lamar
Mario Cavaradossi             Stefano Secco
Il Barone Scarpia               Vitaly Bilyy
Cesare Angelotti                Lorenzo Barbieri
Spoletta                            Davide Scigliano
Il Sagrestano/Sciarrone      Alessio Verna
Un Carceriere                    Lorenzo Barbieri
Un Pastorello                     Sofia Ciuffo

Coro lirico “Francesco Cilea” diretto da Bruno Tirotta
Coro di Voci bianche “Bianco Suono” diretto da Agnese Carrubba

Orchestra Teatro Vittorio Emanuele

 

Messina, Teatro Vittorio Emanuele, domenica 12 marzo 2023

Festeggiata da un teatro pieno fino all'ultimo posto, è andata in scena domenica 5 marzo (seconda replica) al Teatro Vittorio Emanuele di Messina la Tosca di Puccini. Il cast di buon livello tra protagonisti e comprimari, una regia tradizionale e rispettosa del testo, una direzione apprezzabile per slancio e sicurezza e una prova convincente dell'Orchestra del Teatro Vittorio Emanuele, giustificano l'entusiasmo con cui il pubblico ha accolto l'allestimento. 

In gran segreto e con modalità addirittura carbonare – non un solo manifesto è stato affisso in città a scongiurare che si potesse venire a conoscenza dell'evento –, è stata rappresentata al Teatro Vittorio Emanuele di Messina la Tosca di Puccini. I melomani messinesi devono ormai essersi convinti di appartenere a una consorteria che ha seri motivi per evitare di pubblicizzare i suoi riti e infatti, nonostante la rigorosa segretezza dell'operazione, hanno riempito il Teatro sia alla prima che nella replica. Lo spettacolo, va detto, meritava : buoni il cast e la direzione, discreta la regia.

Tosca al Teatro Vittorio Emanuele di Messina

Tosca era il soprano bulgaro Diana Lamar, precisa e di bel colore tanto nel fraseggio quanto negli acuti. La sua Floria era tuttavia giocata tutta sul versante delle tenerezze e dell'incredulità di una povera cantante, interessata solo alla sua arte e alle baruffe con l’amante, incappata ora in un gioco più grande di lei. “Vissi d'arte”, quindi, viene bene e risulta convincente ; meno il sanguigno epilogo del secondo atto, con l'iconico “Questo è il bacio di Tosca!” ad annunciare la pugnalata a Scarpia. Anche i gesti della Lamar – e qui la responsabilità è in parte del regista – non aderiscono al lato feroce della donna, che viene fuori nel momento in cui gli sgherri del Barone torturano l'uomo che ama. Quando è al culmine del risentimento e dell’odio contro Scarpia, che la tormenta e la insidia, Diana Lamar continua a cantare e a muoversi come una delicata fanciulla romantica, spaurita e sempre sul punto di svenire. Il dato travolgente – e verista ! – di Tosca è invece proprio la voltura della protagonista, che trascorre sotto gli occhi dello spettatore da creatura d'amore e d'arte, trepida amante incline a vedere tutto sotto la specie dell'incantata relazione con il suo bel Cavaradossi (immaginando persino rivali che non esistono ma rabbonendosi alle prime carezze), a spietata congiurata pronta a uccidere il tiranno che ha osato tormentare il suo uomo. Floria Tosca non è una semplice vittima, ha una seconda faccia che viene fuori nella circostanza estrema del ricatto di Scarpia. L'impegnativa parte del Vilain della situazione, cioè appunto del  Barone Scarpia, è dell'ucraino Vitaly Bilyy. Sul baritono vale un discorso analogo a quello fatto per Diana Lamar : niente da dire sui mezzi vocali e sul fraseggio, che trascorre elegante e puntuale. Il colore, però, è forse troppo chiaro per un personaggio tanto connotato in senso demoniaco, e così stenta a prendere corpo la titanica personalità del Barone, concepita per attirare l'odio dello spettatore. Anche il costume non aiuta : l'elegante polpe con cui viene vestito Scarpia fa tanto gentiluomo annoiato dalle volubili occupazioni dell'aristocrazia e non sordido amministratore di una giustizia piegata al suo interesse personale. Uno che come occupazione abituale ha quella di torturare la gente dovrebbe essere un po’ stazzonato. Splendida invece la prova di Stefano Secco (Cavaradossi): “Recondita armonia” del pittore innamorato della sua bella mora (ma forse anche attratto da una bionda sconosciuta) è intensa al punto giusto, ma lo è anche di più “E lucevan le stelle” dell'eroe tradito e spezzato da una sorte avversa. Vibrante il terzo atto di Secco/Cavaradossi, combattuto tra la lucidità con cui vede la propria fine e il desiderio di addolcire il dolore dell'amata con una pietosa bugia. Le ultime battute di Secco sono rese con la disperazione di un uomo solo e esasperato, che non sa se riuscirà a reggere la finzione fino in fondo. Buoni tutti gli altri : Lorenzo Barbieri (Angelotti/ Un Carceriere), Davide Scigliano (Spoletta), Alessio Verna (Il sagrestano/Sciarrone), Sofia Ciuffo (Un pastorello).

Tosca al Teatro Vittorio Emanuele di Messina

La regia di Carlo Antonio De Lucia (Video designer Matthias Schnabel, Light designer Giuseppe Calabrò, Scene Daniele Piscopo, costumi Sartoria Pipi) trascorre senza grandi idee, in un'impostazione tradizionale ma comunque rispettosa del testo. Potendo disporre delle proiezioni si poteva forse osare di più : non si va infatti oltre l'evocazione della Roma barocca e papalina (Palazzo Farnese, l'Angelo guerriero di Castel Sant'Angelo, un demone dai tratti barocchi) che fa da sfondo alla vicenda. Anche i movimenti in scena appaiono casuali e non abbastanza caricati di significato : una vicenda tragica, dove tutti i protagonisti muoiono, dovrebbe riflettersi in tutti i minimi particolari, persino nel modo in cui i chierichetti si avvicinano all'altare. Meglio va con le venature “leggere” del primo atto, per esempio la gag del Sagrestano con il paniere di Cavaradossi, forse più nelle corde di De Lucia.

Un discorso a parte va fatto per la direzione. Carlo Palleschi è un direttore di grande esperienza, chiamato già varie volte sul podio dell'orchestra del Vittorio Emanuele e apprezzato da tutti nelle esibizioni precedenti. Anche stavolta il direttore fa un eccellente lavoro di concertazione : i reparti sono ben cuciti e l'orchestra mostra slancio e sicurezza. A volte, per comunicare un'intenzione in modo più efficace, Palleschi usa l'intero corpo e, a giudicare dalla prontezza della risposta, il messaggio arriva in buca forte e chiaro. Ricordiamo passate prove con Verdi, anche qui a Messina, in cui il direttore aveva restituito letture centrate. Puccini, però, non è Verdi : la complessità “affettiva” del Lucchese, il carattere ambiguo del messaggio, i mezzi espressivi più complessi di quelli verdiani, il ductus che procede per piccole cellule cromatiche e non per grandi campate diatoniche, soffrono della pronuncia di Palleschi, che si getta su ogni accenno di melodia scolpendola subito con un ingenuo fortissimo. A rigore, anzi, si potrebbe dire che l'orchestra non scenda mai al di sotto del forte : “Questo è il bacio di Tosca!”, urlato dalla volenterosa Lamar, viene completamente coperto da una frase dell'orchestra. Puccini è difficile perché ha continuamente gesti espressivi che fanno pensare a Verdi, ma non ha niente della semplicità ideologica e dell'economia di mezzi di Verdi : la melodia stessa ha uno statuto e un significato nuovo rispetto al passato dell'opera italiana, e la scrittura dell'orchestra presenta una densa stratificazione verticale e una minuta struttura orizzontale a tasselli continuamente cangianti, che soffrono le semplificazioni.

In ogni caso, grande successo per tutti : l'entusiasmo stesso dell'accoglienza mostra che la città vorrebbe e meriterebbe una programmazione lirica più regolare e continuativa.

Avatar photo
Sara Zurletti
Sara Zurletti si è diplomata in violino e laureata a Roma in Lettere con tesi in Estetica. Ha poi conseguito un dottorato di ricerca all'Università Paris 8. Ha insegnato nella stessa università "Teoria dell'interpretazione musicale" e poi, dal 2004 al 2010, Estetica musicale all'Università Suor Orsola Benincasa di Napoli e Pedagogia musicale all'Università di Salerno. Ha pubblicato "Il concetto di materiale musicale in Th. W. Adorno" (Il Mulino, 2006), "Le dodici note del diavolo. Ideologia, struttura e musica nel Doctor Faustus di Th. Mann" (Biblipolis 2011), "Amore luminoso, ridente morte. Il mito di Tristano nella Morte a Venezia di Th. Mann" (Castelvecchi), e il libro-intervista "Ars Nova. ventuno compositori italiani di oggi raccontano la musica" (Castelvecchi 2017). Attualmente insegna Storia della musica al Conservatorio "F. Cilea" di Reggio Calabria.

Autres articles

LAISSER UN COMMENTAIRE

S'il vous plaît entrez votre commentaire !
S'il vous plaît entrez votre nom ici