The Beggar's Opera
ballad opera di John Gay e Johann Christoph Pepusch
nuova versione di Ian Burton e Robert Carsen
regia Robert Carsen
ideazione musicale William Christie

con
Robert Burt Mr. Peachum
Beverley Klein Mrs. Peachum / Diana Trapes
Kate Batter Polly Peachum
Benjamin Purkiss Macheath
Kraig Thornber Lockit
Olivia Brereton Lucy Lockit
Emma Kate Nelson Jenny Diver
Sean Lopeman Filch / Manuel
Gavin Wilkinson Matt
Taite-Elliot Drew Jack / guardia carceraria
Wayne Fitzsimmons Robin
Dominic Owen Harry
Natasha Leaver Molly
Emily Dunn Betty
Louise Dalton Suky
Jocelyn Prah Dolly
conduzione musicale e clavicembalo Marie van Rhijn
con i musicisti dell’ensemble Les Arts Florissants
Théotime Langlois de Swarte violino I
Martha Moore violino II
Sophie de Bardonnèche violino contralto
Elena Andreyev violoncello
Douglas Balliett contrabbasso
Anna Besson flauto traverso
Vincent Blanchard oboe
Marie-Ange Petit percussioni
Massimo Moscardo arciliuto
ricerche musicali Anna Besson e Sébastien Marq
edizione musicale Pascal Duc (Les Arts Florissants)
 
scene James Brandily
costumi Petra Reinhardt
coreografia Rebecca Howell
luci Robert Carsen Peter van Praet 
drammaturgia Ian Burton
collaboratore alla messa in scena Christophe Gayral
assistente alla messa in scena Stéphane Ghislain Roussel
trucco e parrucche Marie Bureau du Colombier
sound design Léonard Françon
responsabile casting David Grindrod CDG
sovratitoli Richard Neel
stagista costumista Jana Höreth
stagista scenografo Ava Rastegar
 
produzione C.I.C.T.– Théâtre des Bouffes du Nord
coproduzione Les Arts Florissants con il sostegno di CA-CIB, Angers Nantes Opéra, Opéra de Rennes, Les Théâtres de la Ville de Luxembourg, Opéra Royal / Château de Versailles Spectacles, Grand Théâtre de Genève, Théâtre de Caen, Edinburgh International Festival, Festival di Spoleto, Centre Lyrique Clermont-Auvergne, Opéra Royal de Wallonie-Liège, Opéra de Reims / La Comédie de Reims CDN, Teatro Coccia di Novara, Teatro Verdi di Pisa, Attiki cultural Society, Cercle des partenaires des Bouffes du Nord
con il generoso supporto di KT Wong Fondation
costruzione scene Angers Nantes Opéra
 
direttore tecnico Marie Wild 
direttore allestimenti scenici Paul Amiel
direttore di scena Adrien Meillon
responsabile impianto luci Christophe Mallein
responsabile fonica Paul Boulier
trucco, acconciature e parrucche Véronique Pfluger
supervisore ai costumi Elisabeth Jacques
operatore ai sopratitoli Adrien Leroux
Spoleto, Festival dei due Mondi, Teatro Nuovo Giancarlo Menotti, 2 luglio 2018

È uno spettacolo straordinario, che si potrà vedere in varie città europee, specialmente francesi, nel prossimo autunno-inverno sino a febbraio 2019 (vedi link a http://www.arts-florissants.com/main/en_GB/calendar/the-beggar-s-opera.html).
Un progetto, questa nuova edizione di The Beggar’s Opera presentata a Spoleto per la regia di Robert Carsen, che ha fatto tornare alla mente le produzioni memorabili che, sino a qualche decennio fa, caratterizzavano il Festival dei Due Mondi.

The Beggar’s Opera (L’opera del mendicante) apparve in Inghilterra nel 1728, con testo di John Gay e musica di Johann Christoph Pepusch. Nella storia della musica, è considerata la prima ballad opera, cioè la prima opera comica in lingua inglese che, come in Francia l’opéra-comique e nel mondo tedesco il Singspiel, si contrapponeva all’opera buffa italiana e al suo dilagante dominio in tutta l’Europa del secolo XVIII. Tutte forme consimili, che si propagavano in un circuito minore e periferico, a lungo considerato inferiore rispetto alla più prestigiosa opera seria. Forme che proponevano argomenti comici, di vita quotidiana o di costume o di attualità, censura permettendo ; con la fondamentale differenza che, mentre nell’opera buffa italiana i dialoghi erano intonati nei recitativi, in alternanza alle arie, nelle altre forme nazionali i dialoghi erano parlati, e collegavano tra loro i pezzi cantati.

L’allestimento odierno nasce da una larga coproduzione che, oltre a Spoleto e ai teatri di Edimburgo, Ginevra, Lussemburgo, unisce in Francia una vasta rete di città e di teatri. Ed è singolare che  – essendo gli interpreti di lingua inglese, ed essendovi nello spettacolo, in lingua inglese, anche una divertente presa in giro dell’attuale politica britannica  –  proprio in Inghilterra, con l’eccezione di Edimburgo che però è Scozia, la prossima lunga tournée non metta piede. Motore di questa produzione, come si è accennato, è il regista canadese Robert Carsen, che precisamente a Spoleto iniziò quarant’anni fa la sua carriera internazionale, come assistente di Gian Carlo Menotti. Ed è per solennizzare questo legame che, prima della recita, il direttore artistico del Festival, Giorgio Ferrara, ha consegnato a Carsen il Premio Carispo, offerto dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Spoleto.

 

Robert Carsen, come si sa, è oggi uno dei più richiesti e acclamati registi di teatro musicale. E la sua zampata geniale è alla base di questo eccezionale lavoro. Nella stesura del testo, John Gay fustigava malcostume, avidità, cinismo e ingiustizie della sua epoca, dal punto di vista del mendicante e dei reietti in genere, in un racconto di graffiante satira imperniato su figure di malviventi, prostitute, funzionari disonesti nella Londra del 1728. Le musiche, che all’epoca Johann Christoph Pepusch assemblò, attingevano dalla rivisitazione di ballate e songs popolari, inframmezzati da pagine e brani d’opera presi da Purcell e da Händel, allora sulla cresta dell’onda proprio nella capitale imperiale. Infatti The Beggar’s Opera non è un’opera vera e propria, ma piuttosto una pièce intercalata con una sessantina di pezzi musicali, alcuni dei quali molto conosciuti in quegli anni, altri presi dal repertorio di compositori di successo. In ogni caso, il lavoro incontrò subito enorme favore di pubblico, non solo perché ben congegnato, ma anche perché con toni trasgressivi sbeffeggiava abusi e prepotenze che molti subivano o almeno conoscevano. Un favore di pubblico che, nell’arco di quasi trecento anni, ha alimentato infiniti adattamenti, il più noto dei quali è L’opera da tre soldi di Brecht-Weill.

Per questa sua versione moderna Carsen, affiancato da Ian Burton, anzitutto ha riscritto i dialoghi, creandoli ex-novo. Scelta vincente, perché il testo originario era concepito per gli spettatori e la società dell’epoca, con sottintesi e allusioni alla realtà contemporanea, che oggi per noi sarebbe impossibile comprendere. Ed eventuali scrupoli filologici sarebbero soltanto inutili fisime. Invece l’attuale riscrittura è fondamentale per aggiornare i contenuti ai tempi nostri, proprio nel rispetto dello spirito corrosivo e degli sberleffi originali. Per la parte musicale, Carsen si è rivolto nientemeno che ai musicisti di Les Arts Florissants, presenti in una decina di unità, sistemati in un angolo del palcoscenico e anch’essi in abiti casual, sbrindellati e punk, come gli interpreti teatrali. E il celebre ensemble, grazie alla profonda conoscenza della musica d’epoca, alle capacità esecutive e all’estro improvvisativo, a ogni rappresentazione sa far palpitare creativamente la musica.

Mirabile l’impianto scenico – di James Brandily, con bei costumi di Petra Renhardt e vivace coreografia di Rebecca Howell – nella sua funzionale essenzialità. Un enorme muro di scatole di cartone, nel quale a momenti si aprono camere o porte ; e in scatole di cartone sono anche il bancone del bar e la pedana della forca. Su questa scena minimale si muove la vicenda, che nella stesura di Carsen vede il protagonista Macheath (Benjamin Purkiss), incallito delinquente, alla fine prevalere e diventare membro del governo, accanto ad altri ceffi consimili. E chi vuole capire, capisca… Tanto che la frase ricorrente, in bocca a vari personaggi, è “E io che cosa ci guadagno?”. Infatti c’è anche il ministro degli “affari disonesti”; e del ministro della cultura si dice pari pari che “tanto non conta niente” … Non mancano le battute sulle orribili scarpe di tigre gialla del premier Theresa May, sulla Brexit, e lo sfoggio di smartphone, Rolex e cocaina.

Sicché il furfante Macheath, di professione protettore di puttane, può sedurre sia Polly (Kate Better), figlia del losco finanziere Peachum (Robert Burt), sia Lucy (Olivia Brereton), figlia del corrotto e sniffatore capo della polizia Lockit (Kraig Thornber). E a entrambe promette di sposarle. Alla fine i genitori disonesti riescono a farlo arrestare e condurre all’impiccagione. Qui l’irresistibile trovata delle due ragazze innamorate che, abbracciando il condannato già con la corda al collo, si scattano un selfie con lui sorridente. Lieto fine, s’è detto, con rovesciamento dei ruoli, dopo più di un’ora di spettacolo travolgente, imperdibile. Successo e applausi lunghi ed entusiasti. Anche per la straordinaria bravura dell’intera compagnia che  – con indosso felpe impataccate e jeans strappati –  all’uso anglosassone sa recitare cantare ballare, e in qualche caso volteggiare in acrobazie. Perciò tutti meritano la citazione : Beverley Klein (Mrs. Peachum), Emma Kate Nelson (Jenny Diver), Sean Lopeman (Filch/Manuel), Gavin Wilkinson (Matt), Taite-Elliot Drew (Jack/guardia carceraria), Wayne Fitzsimmons (Robin), Dominic Owen (Harry), Natasha Leaver (Molly), Emily Dunn (Betty), Louise Dalton (Suky) Jocelyn Prah (Dolly).

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Francesco Arturo Saponaro
Francesco Arturo Saponaro ha esercitato a lungo l’attività di docente in Storia della musica, e di direttore in Conservatorio. Da sempre mantiene un’attenta presenza nel campo del giornalismo musicale. Scrive su Amadeus, su Classic Voice, sui giornali on line Wanderer Site e Succede Oggi. Ha scritto anche per altre testate : Il Giornale della Musica, Liberal, Reporter, Syrinx, I Fiati. Ha collaborato per molti anni con la RAI per le tre reti radiofoniche, conducendo innumerevoli programmi musicali, nonché in televisione per RaiUno e TG1 in rubriche musicali.

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