Gioachino Rossini (1792–1868)
Il Turco in Italia (versione dell’autore del 1815 per Firenze e Roma)
Opera buffa in due atti 
Libretto di Felice Romani
Edizione critica a cura di Margaret Bent per la Fondazione Rossini di Pesaro
Prima rappresentazione al Teatro alla Scala il 14 agosto 1814

Direttore : Michele Spotti
Regia : Silvia Paoli
assistente alla regia : Tecla Gucci Ludolf
Scene : Andrea Belli
assistente alle scene : Federica Ditroilo
Costumi : Valeria Donata Bettella
Luci : Pietro Sperduti
Maestro del coro : Fabrizio Cassi

Selim : Adolfo Corrado
Donna Fiorilla : Giuliana Gianfaldoni
Don Geronio : Giulio Mastrototaro
Zaida : Ekaterina Romanova
Albazar : Joan Folqué
Don Narciso : Manuel Amati
Prosdocimo : Gurgen Baveyan

Orchestra e Coro del Teatro Petruzzelli di Bari 

Martina Franca, Palazzo Ducale, martedì 18 luglio 2023, Ore 21

Per l'apertura della quarantanovesima edizione del Festival della Valle d'Itria, la prima dopo la scomparsa del Presidente Franco Punzi, a Martina Franca è di scena Il Turco in Italia di Rossini. Nell'ambientazione della regista Silvia Paoli il protagonista Selim sbaglia clamorosamente l'approdo e, piuttosto che sulla costiera napoletana, arriva con la sua rock band sulle spiagge del Salento, per un simpatico omaggio alla Puglia degli anni Sessanta. Protagonista della parte musicale, il direttore Michele Spotti guida con mano sicura i validi complessi del Teatro Petruzzelli e un cast di giovani cantanti alle prese con un'opera di carattere a lungo sottovalutata da pubblico e critica.

 

= Bon Dieu = La voilà Terminée cette pauvre petite messe. Est-ce bien de la musique Sacrée que je viens de faire ou bien de la Sacrée musique ? J’ètais né pour l’Opera Buffa, tu le sais bien ! Peu de Science un peu de cœur tout est la. Sois donc Beni, et accorde moi Le Paradis.” G. Rossini, Passy, 1863, Petite Messe Solennelle ((Buon Dio, ecco terminata questa povera piccola messa. È della musica sacra quella che ho fatto, o che musica è ? Ero nato per l'opera buffa, Tu lo sai bene ! Un po’ di scienza, un po' di cuore, tutto qua. Sia Tu dunque benedetto, e concedimi il Paradiso))

 

Non dimentichiamo Italiani, che l’Arte Musicale è tutta ideale ed espressiva : non dimentichi il Colto Pubblico e Inclita Guarnigione che il Diletto deve essere la base e lo scopo di quest’Arte.

Melodia sempliceRitmo chiaro.” ((da una lettera a Lauro Rossi, direttore pro-tempore del Conservatorio di Milano, del 28 giugno 1868))

 

La prima fase creativa di Gioachino Rossini fu caratterizzata da una vera e propria gara contro le distanze e il tempo, contrariamente all’indole naturale dell’uomo. Pesaro, Milano, Venezia, Ferrara, Bologna, Napoli, Roma… in ordine sparso, epicentro del terremoto musicale che avrebbe fatto, con garbo melodico ma terremoto strumentale, piazza pulita del Settecento e avrebbe aperto la strada agli eredi nell’Ottocento romantico italiano.…

L'universo musicale del giovane Gioachino si esaurisce sino al 1822 grosso modo tra gli estremi di Milano e Napoli, in un alternarsi di successi (pochi quelli davvero incontrastati), incomprensioni e mezzi passi falsi. Una continua lotta contro il tempo, da meno di due settimane a poco più di due mesi per buttar giù la maggior parte delle sue opere liriche. Prestiti, rifacimenti e inserimento di nuovi pezzi per accondiscendere all’estro del virtuoso di turno ((innumerevoli, ad esempio, le varianti adottate negli anni per il Tancredi)) erano necessità naturalissime dettate dalla prassi teatrale. Con tempi ridotti al minimo, nell’urgenza di andare in scena e provare nuovi lavori, era persino usuale chiedere aiuto a colleghi per recitativi, orchestrazione e arie di qualche personaggio di secondo piano.

La situazione era parsa migliorare, almeno dal punto di vista logistico, a partire dal 1815, l’anno in cui Rossini aveva preso dimora stabile a Napoli, alla corte di re Ferdinando I e di un sovrano ancora più potente nel suo campo. Il milanese Domenico Barbaja, impresario del Real Teatro di San Carlo dal 1809 per oltre un quarto di secolo, fu impulsivo, semianalfabeta, ma pure magnanimo e uomo di parola. Uomo rozzo e di nulla scienza musicale, avanti ai tempi, abile negoziatore, un vero ruffiano, fu protagonista imprescindibile della vita musicale europea. Presto o tardi, dopo il San Carlo e quasi tutti i palcoscenici di Napoli, arrivarono il Teatro alla Scala, il Teatro alla Cannobbiana, i viennesi Theater am Kärntnertor e il Theater an der Wien per citare il meglio. Dall’antenato del cappuccino alla gestione del gioco d’azzardo nei ridotti teatrali il passo fu brevissimo per l’abilità di Barbaja. In una magnificenza che oggi si direbbe da grande produttore hollywoodiano non si fece mancare nulla e, dunque, neppure la diva. Isabella Colbran, che stabilizzò più tardi la sua sorte nelle braccia del pesarese, venne posta sul trono musicale d’Europa dal suo compagno e costruì la sua gloria artistica sulla corona di opere serie scritte dal pesarese per il San Carlo sotto la gestione di Barbaja, che pure seppe contornarla di eccellenti compagni di palcoscenico per esaltarne il valore e trarne il maggior profitto.

Se, a questo punto, il genio rossiniano avrebbe potuto dirsi universamente riconosciuto, nel percorso degli anni precedenti più di una perplessità era stata evidenziata.

 

Anche al Turco in Italia, andato in scena al Teatro alla Scala nel 1814 dopo l’Aureliano in Palmira che aveva chiuso l’anno precedente, non toccò dall’inizio fortuna incontrastata. Il pubblico milanese aveva accolto con freddezza l’opera, anche sulla pretesa che Rossini per la fretta si fosse limitato ad invertire banalmente le situazioni della fortunata Italiana in Algeri scritta per Venezia l’anno precedente.

Con lucidità e sintesi ancora una volta fulminanti, fu Massimo Mila a rendere giustizia al Turco. Etichettandolo come “Manifesto di Dolce Vita”, confutò facilmente la vox populi che etichettava l’opera come banale palinodia dell’Italiana in Algeri. Al contrario, ne sottolineò il carattere nuovo del soggetto : “Alla colossale stravaganza esotica dell’Italiana in Algeri fa riscontro, nel Turco, una pittura d’interno piccolo-borghese napoletano : la scena negli “appartamenti di Don Geronio”, dove Selim s’avanza guardandosi intorno e lodando, come un invitato complimentoso, e Fiorilla gli serve il caffè, sembra anticipare certi ambienti di Scarpetta e di Eduardo De Filippo”.

Nessun fraintendimento in merito a possibili anacronistiche interpretazioni a proposito del Poeta, demolite con poche parole : ”A mente riposata, converrà forse lasciare in pace Pirandello e ricondurre semplicemente questa figura, tuttavia singolarissima nella crudeltà del suo egoismo creativo, al filone parodistico, così ricco sul finire del settecento […]”.

Dunque “Il Turco in Italia non è un’opera minore, ma non sarà mai un’opera popolare come L’Italiana in Algeri o Il Barbiere. L’eccellenza del Turco se ne sta in una zona appartata, come accadrà più tardi per Il Conte Ory, di meditato ed insolito impegno”.((da nuova Rivista Musicale Italiana, ERI Edizioni RAI Radiotelevisione Italiana, Anno II, n. 5, settembre/ottobre 1968, Torino pag. 857 e segg.))

 

A Martina Franca, per la 49esima edizione del Festival della Valle d’Itria, in ossequio alla splendida tradizione di riscoperta di opere e stili esecutivi persi nel tempo, Il Turco in Italia torna in scena con l'introduzione di alcune varianti, presenti in appendice all'edizione critica curata dalla Fondazione Rossini, che probabilmente l’autore stesso apportò in occasione di recite del 1815 a Roma, successivamente alle prime milanesi.

In sintesi, a parte tagli e dettagli di minor conto, Rossini sostituì la cavatina di Fiorilla (“Presto amiche, a spasso, a spasso” in luogo di “Non si dà follia maggiore)  e ne aggiunse una ciascuno per Narciso (“Un vago sembiante) e Geronio (“Se ho da dirla avrei molto piacere”)).

Sulla carta, l'aria alternativa della protagonista non desta particolare interesse, mentre l'inserimento di un'ulteriore aria per il tenore contribuirebbe a renderne l'evanescente personaggio un po' meno scialbo, il brano di Geronio risulta alla lettura musicalmente piuttosto superato nel basarsi su canto e stile creativo abbondantemente superato già sin dai tempi del giovane Rossini.

Alla prova del palco, si conferma l'effetto modesto della nuova entrata di Fiorilla (( d'altro canto, settant’anni di orecchio al travolgente Non si dà follia maggiore di callassiana memoria non potevano che far apparire monco questo, come qualunque altro, ingresso della protagonista)), l'inconsistenza del ruolo tenorile di Narciso ((per avere idea del ruolo ci si può rifare, anche per questo brano, forse all'interpretazione del solo Rockwell Blake)) ma passa in secondo piano il modesto valore musicale dell'aria di Geronio : francamente brutta e superata, eseguita con il cantante alle spalle del direttore, tra il pubblico, pur senza grande originalità e qualche gag vista e rivista, risulta l'inserimento più riuscito perché coinvolgente e foriera di contagioso buonumore per il pubblico.

Fiorilla, disperata, cacciata di casa (G. Gianfaldoni) 

Merito del direttore musicale Michele Spotti è la complessiva riuscita della serata. Giovane maestro evidentemente talentuoso, prende le misure alla complessa acustica del cortile del Palazzo Ducale e con mano salda dipana i complicati meccanismi musicali rossiniani come pure, all'opposto, i momenti più intimi che rimandano alla leggerezza tardo settecentesca che Rossini aveva appreso dai suoi maestri.
Nella sinfonia il solo del corno e della tromba suonano sicuri, i ricami degli archi sono per quanto possibile nitidi e precisi. Si intuisce che sarà una buona serata per l'orchestra sin dal sonoro ribollire degli archi con cui prende avvio la sinfonia.
Coro e orchestra, per l'occasione costituiti dai complessi stabili del Teatro Petruzzelli di Bari, si dimostrano ampiamente all'altezza del compito.

L’originale allestimento ideato dalla regista Silvia Paoli trasferisce la vicenda dall’originale ambientazione napoletana ad altro mare… siamo nel boom economico degli anni '60, la scena fissa è quella dei Bagni Geronio e Fiorilla entra in scena con la fascia di Miss Puglia 1967 !

Fiorilla Miss Puglia 1967 (G. Gianfaldoni)

La Puglia, secondo i desiderata del direttore artistico, è co-protagonista e il turco Selim diventa un’impenitente rockstar da paese in cerca di facili avventure. Continui sono gli omaggi all’iconografia di un’Italia che negli anni Sessanta cercava di uscire con ottimismo e spensieratezza dalle sofferenze dell’ultima guerra. Con gli occhi di oggi, si mostrava spesso sempliciotta e bifolca (Don Geronio, nella gestualità e nei costumi), sfrontata nelle ragazze spigliate alla rincorsa del loro Bobby Solo, hippy e innamorata in quei ragazzi di spiaggia armati di chitarra, capelli lunghi e occhialini, alle prese con Battisti e Mogol.

Cabine da mare dai colori sgargianti come in un libro per bambini, immagine semplice ma non superficiale, costituiscono l’ambientazione fissa della vicenda, in cui il poeta è il postino del paese, che cerca di trarre spunti dalle cartoline e lettere che consegna. In questa maniera viene meno la potenziale ambiguità del personaggio in bilico tra il ruolo di autore e quello di attore ma tutto sommato è poca perdita, tenuto conto che qui Rossini pare non aver commesso il fatto ((nel linguaggio forense, è la formula di assoluzione dell'imputato)). Prosdocimo è un personaggio in carne ed ossa che si diverte e tenta di trovare un soggetto guardandosi intorno e cercando spunti cartoline e lettere, magari mai arrivate nella buca di destinazione ma finite in qualche cassetto del comodino della camera da letto ad alimentare la sua passione di scrittore dilettante.

Affollata spiaggia pugliese, Prosdocimo cerca spunti per la sua opera (G. Baveyan) 

Protagonista nel ruolo di Fiorilla è la giovane soprano tarantina Giuliana Gianfaldoni che con spigliata presenza scenica supera agevolmente le difficoltà della parte, in virtù di una voce non grande ma di bel colore lirico nel centro. Affronta le agilità del ruolo con sicurezza, pur con qualche asprezza negli estremi acuti della cavatina e del finale. Adolfo Corrado, da poco impostosi nel concorso BBC di Cardiff e anche lui pugliese, veste i panni del turco Selim, degno antagonista di questa Fiorilla, scenicamente a suo agio, dalla voce ampia nei centri e sicura lungo tutta l'estensione della parte ed è un credibile rivale di Don Geronio, impersonato da Giulio Mastrototaro che riceve convinti applausi al termine della sua aria del secondo atto. Dizione pregevole, voce sonora e potente, ottima recitazione per questo baritono che ha alle spalle una carriera già importante.

Fiorilla, Selim, Geronio, Narciso (G. Gianfaldoni, A. Corrado, G. Mastrototaro, M. Amati)

Musicalmente corretti e autorevoli nella resa caratteristica dei rispettivi personaggi il Narciso-bagnino di Manuel Amati e il Prosdocimo-postino di Gurgen Baveyan, ottimi infine nei loro ruoli secondari l'Albazar di Joan Folqué e la Zaida di Ekaterina Romanova.

Applausi finali

Al termine della recita prolungati applausi per tutti gli interpreti.

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Paolo Malaspina
Paolo Malaspina, nato ad Asti nel 1974, inizia a frequentare il mondo dell’opera nel 1989. Studia privatamente canto lirico e storia della musica parallelamente agli studi in ingegneria chimica, materia nella quale si laurea a pieni voti nel 1999 presso il Politecnico di Torino con una tesi realizzata in collaborazione con Ecole Nationale Supérieure de Chimie de Toulouse. Ambito di interesse musicale : musica lirica e sinfonica dell’ottocento e novecento, con particolare attenzione alla storia della tecnica vocale e dell'interpretazione dell'opera lirica italiana e tedesca dell'800.

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