Gaspare Spontini (1774–1851)
La Vestale (1807)
Tragédie-lyrique en trois actes
Libretto in lingua francese di Victor-Joseph-Etienne de Jouy
Revisione sull’autografo della Scuola di Filologia dell’Accademia di Osimo a cura di Federico Agostinelli e Gabriele Gravagna, edizione G. Ricordi & C. S.p.A. Milano in collaborazione con Centro Studi Spontini di Maiolati  Spontini
Prima esecuzione Parigi, Théâtre de l’Académie Impériale de Musique, salle Montansier, 15 dicembre 1807

Direttore Alessandro Benigni
Regia, scene e costumi Gianluca Falaschi
Luci Emanuele Agliati
Coreografie Luca Silvestrini
Assistente alla regia Mattia Palma
Aiuto scene e costumi Giuditta Verderio

Julia Carmela Remigio
Licinius Bruno Taddia
Cinna Joseph Dahdah
La Grande Vestale Daniela Pini
Le Souverain Pontife Adriano Gramigni
Le Chef des Aruspices / Un Consul Massimo Pagano
cover Julia Louise Guenter

danzatori Luca Braccia, Leonardo Carletti, Francesco Condello, Luana Filardi, Rebecca Mazzola, Noemi Piva, Elisa Ricagni, Liam Raffaele Zingarelli

Coro del Teatro Municipale di Piacenza
Maestro del coro Corrado Casati
Orchestra La Corelli

Nuovo allestimento della Fondazione Pergolesi Spontini di Jesi in coproduzione con Fondazione Teatri di Piacenza, Fondazione Teatro Verdi di Pisa, Fondazione Ravenna Manifestazioni

Jesi (AN), Teatro Pergolesi, il venerdì 18 ottobre 2024 ore 20.30

La Vestale può essere considerata una sorta di alter ego di Maria Callas, soprano che ha riportato sui palcoscenici l’opera in una epocale versione alla Scala negli anni Cinquanta ? Le loro vicende personali e professionali sono in qualche modo sovrapponibili ? Se lo chiede Gianluca Falaschi in una nuova produzione per alcuni teatri di tradizione italiani che ha il merito di avere riportato in scena l’integrale dell’opera di Spontini, punto fondamentale di congiunzione tra neoclassicismo e romanticismo.

Gianluca Falaschi, acclamato e premiato costumista, ha immaginato un parallelismo fra Giulia, protagonista della Vestale, e Maria Callas che ebbe il merito di riportare alla ribalta internazionale l’opera di Spontini in una edizione memorabile alla Scala (regista Luchino Visconti, direttore Antonino Votto, interpreti Maria Callas, Franco Corelli, Enzo Sordello, Ebe Stignani, Nicola Rossi Lemeni). Falaschi porta sul palcoscenico la visione di due donne limitate nelle scelte professionali, come nella vita privata quotidiana, dalle aspettative sociali e dal peso della propria leggenda personale, dunque condannate a ruoli che all’inizio si erano scelte ma che poi, col passare del tempo,sono divenuti insostenibili. Giulia come la Callas, dunque, costretta a rinunciare ai propri desideri personali e sentimentali per preservare la purezza del ruolo di vestale, così come il soprano greco aveva sacrificato la propria identità in nome dell’arte. Ed è la grande cantante, addirittura, a comparire all’apertura della rappresentazione, prima della sinfonia, attraverso la diffusione di un suo emozionante audio, in cui la Callas spiega il suo essersi totalmente dedicata  all’arte, quasi sacrificata su quell’altare, così che i riferimenti all’esistenza dedicata al tempio, nel libretto della Vestale, possono leggersi anche come richiami a una vita interamente spesa sui palcoscenici di mille teatri.

Continui sono i rimandi dall’epoca antica in cui l’opera è ambientata, all’epoca neoclassica in cui fu composta, sino agli anni Cinquanta del secolo scorso, quando andò in scena a Milano. La scenografia è una struttura bianca marmorea con venature scure : intorno al boccascena pareti scanalate introducono a uno spazio con cupola centrale e scale delimitate da candidi tendaggi che, all’occorrenza, scendono a mostrare il retropalco. I costumi sono sontuosamente in stile anni Cinquanta del Novecento, i coristi elegantissimi parrebbero quasi pronti per il valzer di Traviata ; le due protagoniste,

Giulia e la Grande Vestale, sono vestite in modo identico e talvolta gli uomini indossano pepli sopra una spalla a richiamare abiti antichi, in quel continuo parallelismo che domina l’intera opera, tra la vicenda narrata nella rappresentazione e la vita della grande artista. Funzionali le luci che segnano il sentimentalismo sulla scena. L’idea registica è suggestiva, seppure un poco forzata ma, considerato che la Vestale è opera di poca azione, il risultato è piuttosto piatto e fermo : si fa fatica a seguire la progressione sentimentale dei protagonisti, tanto che alcuni momenti appaiono addirittura fuori luogo (si pensi al brindisi nel finale del secondo atto e alla tavola imbandita all’inizio del terzo). Molto efficace, nel secondo atto, il video proiettato a grandezza di fondo scena, che mostra la protagonista aggirarsi, sperduta e impaurita, nel teatro di Jesi e poi sprofondare nell’acqua di una vasca da bagno : è qui davvero che il parallelismo cantante / personaggio diventa manifesto, calzante e suscita profonda emozione.

Sul versante musicale la Vestale è opera estremamente interessante e va dato merito alla Fondazione Pergolesi Spontini di averla proposta in lingua originale e in versione integrale. Da un lato le masse coinvolte, strumentali e corali, debbono rendere la severità delle linee neoclassiche ; dall’altro la partitura è intrisa di un intenso contenuto sentimentale che precede il Romanticismo. Alessandro Benigni è volenteroso con i mezzi a disposizione e la sua esecuzione ben rende sia i roboanti momenti che quelli di ripiego sentimentale. È mancato un poco di mordente, quello che avvince lo spettatore alla sedia, soprattutto durante i lunghi accompagnamenti al balletto, di certo più di routine, anche a motivo delle coreografie di Luca Silvestrini che nulla hanno aggiunto al plot o al dipanarsi dei sentimenti dei protagonisti.

Carmela Remigio è una Vestale ideale, la pronuncia francese è curatissima, la voce di grande espressività. Non facile il ruolo di Licinius, a metà fra tenore e baritono, che Bruno Taddia affronta con esperienza. Lodevole il Cinna di Joseph Dahdah. Daniela Pini ha voce giusta per la Grande Vestale, che in scena appare come un doppio di Giulia, anche se attorialmente il personaggio non risulta ben definito e resta il dubbio se nutra sentimenti di protezione o piuttosto di invidia nei confronti di Giulia. Possente il Pontife di Adriano Gramigni. Completa il cast Massimo Pagano nel doppio ruolo di Capo degli aruspici e Console e il Coro del Teatro Municipale di Piacenza preparato da Corrado Casati.

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Francesco Rapaccioni
Giornalista pubblicista dal 1996, segue con grande passione il teatro in genere e prosa e lirica in particolare, recensendo spettacoli e concerti sia in Italia che all'estero per testate nazionali e locali. Da anni conduce trasmissioni radiofoniche culturali su circuiti nazionali e regionali. Legge e viaggia in modo compulsivo e, al tempo stesso, dirige un piccolo teatro a San Severino Marche, in provincia di Macerata. Dopo alcuni anni negli Stati Uniti, vive oggi stabilimente in Italia, nelle Marche, dove si occupa anche di promozione culturale e turistica del territorio. Ma sempre con uno sguardo attento e curioso a ciò che accade nel mondo.

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