Gianluca Falaschi, acclamato e premiato costumista, ha immaginato un parallelismo fra Giulia, protagonista della Vestale, e Maria Callas che ebbe il merito di riportare alla ribalta internazionale l’opera di Spontini in una edizione memorabile alla Scala (regista Luchino Visconti, direttore Antonino Votto, interpreti Maria Callas, Franco Corelli, Enzo Sordello, Ebe Stignani, Nicola Rossi Lemeni). Falaschi porta sul palcoscenico la visione di due donne limitate nelle scelte professionali, come nella vita privata quotidiana, dalle aspettative sociali e dal peso della propria leggenda personale, dunque condannate a ruoli che all’inizio si erano scelte ma che poi, col passare del tempo,sono divenuti insostenibili. Giulia come la Callas, dunque, costretta a rinunciare ai propri desideri personali e sentimentali per preservare la purezza del ruolo di vestale, così come il soprano greco aveva sacrificato la propria identità in nome dell’arte. Ed è la grande cantante, addirittura, a comparire all’apertura della rappresentazione, prima della sinfonia, attraverso la diffusione di un suo emozionante audio, in cui la Callas spiega il suo essersi totalmente dedicata all’arte, quasi sacrificata su quell’altare, così che i riferimenti all’esistenza dedicata al tempio, nel libretto della Vestale, possono leggersi anche come richiami a una vita interamente spesa sui palcoscenici di mille teatri.
Continui sono i rimandi dall’epoca antica in cui l’opera è ambientata, all’epoca neoclassica in cui fu composta, sino agli anni Cinquanta del secolo scorso, quando andò in scena a Milano. La scenografia è una struttura bianca marmorea con venature scure : intorno al boccascena pareti scanalate introducono a uno spazio con cupola centrale e scale delimitate da candidi tendaggi che, all’occorrenza, scendono a mostrare il retropalco. I costumi sono sontuosamente in stile anni Cinquanta del Novecento, i coristi elegantissimi parrebbero quasi pronti per il valzer di Traviata ; le due protagoniste,
Giulia e la Grande Vestale, sono vestite in modo identico e talvolta gli uomini indossano pepli sopra una spalla a richiamare abiti antichi, in quel continuo parallelismo che domina l’intera opera, tra la vicenda narrata nella rappresentazione e la vita della grande artista. Funzionali le luci che segnano il sentimentalismo sulla scena. L’idea registica è suggestiva, seppure un poco forzata ma, considerato che la Vestale è opera di poca azione, il risultato è piuttosto piatto e fermo : si fa fatica a seguire la progressione sentimentale dei protagonisti, tanto che alcuni momenti appaiono addirittura fuori luogo (si pensi al brindisi nel finale del secondo atto e alla tavola imbandita all’inizio del terzo). Molto efficace, nel secondo atto, il video proiettato a grandezza di fondo scena, che mostra la protagonista aggirarsi, sperduta e impaurita, nel teatro di Jesi e poi sprofondare nell’acqua di una vasca da bagno : è qui davvero che il parallelismo cantante / personaggio diventa manifesto, calzante e suscita profonda emozione.
Sul versante musicale la Vestale è opera estremamente interessante e va dato merito alla Fondazione Pergolesi Spontini di averla proposta in lingua originale e in versione integrale. Da un lato le masse coinvolte, strumentali e corali, debbono rendere la severità delle linee neoclassiche ; dall’altro la partitura è intrisa di un intenso contenuto sentimentale che precede il Romanticismo. Alessandro Benigni è volenteroso con i mezzi a disposizione e la sua esecuzione ben rende sia i roboanti momenti che quelli di ripiego sentimentale. È mancato un poco di mordente, quello che avvince lo spettatore alla sedia, soprattutto durante i lunghi accompagnamenti al balletto, di certo più di routine, anche a motivo delle coreografie di Luca Silvestrini che nulla hanno aggiunto al plot o al dipanarsi dei sentimenti dei protagonisti.
Carmela Remigio è una Vestale ideale, la pronuncia francese è curatissima, la voce di grande espressività. Non facile il ruolo di Licinius, a metà fra tenore e baritono, che Bruno Taddia affronta con esperienza. Lodevole il Cinna di Joseph Dahdah. Daniela Pini ha voce giusta per la Grande Vestale, che in scena appare come un doppio di Giulia, anche se attorialmente il personaggio non risulta ben definito e resta il dubbio se nutra sentimenti di protezione o piuttosto di invidia nei confronti di Giulia. Possente il Pontife di Adriano Gramigni. Completa il cast Massimo Pagano nel doppio ruolo di Capo degli aruspici e Console e il Coro del Teatro Municipale di Piacenza preparato da Corrado Casati.