La chiusura del Petruzzelli, durata 18 anni, ha cancellato la presenza e la “necessità” stessa del teatro in città, e con esse il pubblico. Un pubblico che ora siamo ricostruendo. È questo il merito, me lo si consenta, che mi ascrivo più volentieri». Così dice, a wanderersite.com, Massimo Biscardi, 61 anni, pugliese di Monopoli, sovrintendente dal 2014 della Fondazione Petruzzelli di Bari. È lui il perno della rinascita di questo teatro glorioso, che ha dovuto subire l’onta di un incendio catastrofico, vicende giudiziarie contorte, una ricostruzione interminabile, una situazione finanziaria esplosiva che è stata disinnescata e scongiurata solo pochi mesi fa.
L’esperienza, del resto, a Biscardi non manca. In nessun campo. Nato come pianista e direttore d’orchestra (si perfezionò con Franco Ferrara), è passato presto a ruoli organizzativi. È stato per 18 anni, fino al 2010, direttore artistico del Lirico di Cagliari, un periodo d’oro, artisticamente, per il teatro isolano, allora uno dei più interessanti del panorama italiano. Certo, quelli erano altri budget. Oggi, a Bari, bisogna fare i conti con una realtà ancora fragile, seppur promettente. Biscardi dice di «tenere i piedi ben piantati per terra» e di puntare soprattutto a una gestione che sia la più possibile efficiente, trasparente e “aperta” alla città. Il dato delle alzate di sipario della stagione 2018, presentata pochi giorni fa, è indicativo: «Saranno oltre 80 solo per opera, balletto e concerti, ma raddoppieranno, e anche più, se si tiene conto di tutte le altre iniziative che abbiamo messo e metteremo in campo, volte a coinvolgere e a formare il nuovo pubblico, quello dei bambini, dei ragazzi, delle loro famiglie», dice Biscardi. Si aggiungano gli aumentati contributi ministeriali, concessi in ragione della virtuosità della gestione 2016-2017. E nuove prospettive di visibilità e di prestigio, come dimostra la tournée in cinque grandi città del Giappone nel giugno 2018 durante la quale saranno eseguite due opere: un allestimento “della casa”, ossia la Turandot che, con la regia di Roberto De Simone, inaugurò il teatro ricostruito nel 2009, e un Trovatore con la regia di Joseph Franconi Lee e con le scene di Nicola Benois realizzate dai laboratori Sormani Cardaropoli di Milano, «quasi un nuovo allestimento», chiosa Biscardi.
Sovrintendente, il sindaco di Bari, Decaro, ha detto che la stagione 2018 «è quella giusta, dopo anni di sacrifici, per raccogliere i frutti di un impegno comune». A che punto è la rinascita del teatro?
L’anno scorso, di questi tempi, eravamo praticamente falliti. Circa 300 lavoratori del teatro, che erano stati assunti a tempo determinato tra 2009 e 2011, chiedevano, sulla base di una nota sentenza della Corte Costituzionale, l’assunzione a tempo indeterminato. Se avessero vinto le cause, per il Petruzzelli si sarebbe verificata una situazione drammatica. Invece, per primi, abbiamo usato le possibilità che offriva la legge 223 del 2010, che consente i licenziamenti collettivi nei teatri: così abbiamo assunto tutti, e, dopo qualche giorno, abbiamo avviato le procedure della 223 per licenziarli. Abbiamo quindi rifatto la pianta organica: una parte dei lavoratori l’abbiamo riassunta, un’altra parte l’abbiamo messa in Cassa integrazione grazie alla disponibilità della Regione Puglia, con un’altra parte ancora abbiamo chiuso il contenzioso. E tutto in perfetto accordo con i sindacati, una cosa rara, in Italia. Senza scossoni sociali. E in un clima di assoluta collaborazione tra istituzioni, con Regione e Comune, che dura tutt’ora
Era la fine del 2016. E oggi?
Oggi, dal punto di vista patrimoniale, siamo in attivo. Il Comune ci ha donato Palazzo San Michele, dove abbiamo gli uffici. Abbiamo fatto un balzo in avanti aumentando alzate di sipario e incassi di botteghino, sicché il ministero, attraverso il Fondo Unico per lo Spettacolo, ci ha riconosciuto per il 2017 un contributo superiore di 1,5 milioni di euro rispetto al 2016 (il totale del finanziamento è di 8,2 milioni, ndr). Non solo. Abbiamo potuto contare anche su 4,5 milioni garantiti dalla legge Bray. Sfruttiamo tutte le risorse possibili.
Oggi, finalmente, avete orchestra e coro stabili.
Sì. Con organici “normali”, contenuti, ma stabili. L’orchestra ha circa 60 elementi, il coro 40. Assunti a tempo indeterminato. I ranghi sono integrabili di volta in volta, si intende, per le produzioni che necessitano di organici più ampi.
La stagione del 2018 è la svolta, quindi?
È una stagione che finalmente partirà su basi nuove. Certo, l’arte spinge a compiere voli pindarici, mentre noi abbiamo l’obbligo di essere prudenti…
Si riferisce al fatto che, dei sei titoli d’opera, nessuno è una nuova produzione?
Sì. Non ci possiamo ancora permettere di produrre un nuovo allestimento. Ma dal 2019 immagino che si debba cominciare a fare una nostra produzione, magari riprendendo il “vizietto” che avevo a Cagliari, quello di riscoprire opere dimenticate o poco eseguite. Ma le cose che ora non ci possiamo permettere sono anche altre.
Quali?
Siamo l’unico teatro in Italia i cui lavoratori non hanno la paga di 2° livello. L’integrativo, per intenderci. Ma grazie alla nostra situazione, in miglioramento, ora prenderò in mano anche questo aspetto. Ho già iniziato a parlarne coi sindacati. Daremo presto un primo segno positivo.
A giudicare dalle locandine del cartellone non potete permettervi nemmeno le stelle del belcanto.
Vero. Ma questa necessità l’abbiamo trasformata in virtù. Facciamo audizioni, e diamo un palcoscenico a cantanti che se lo meritano. L’Aida di questi giorni è Maria Teresa Leva, giovanissima, non la conosce nessuno, eppure è straordinaria. E poi vorrei dire questo: avendo a disposizione orchestrali pagati con uno stipendio-base, 1.300, 1.400 euro al mese, mi vergognerei a spendere migliaia e migliaia di euro per un cachet.
E per la stagione concertistica come fate? Avete scritturato star internazionali, da Pollini a Koopman, da Volodos a Sokolov a Pletnev…
Per la stagione dei concerti un aiuto essenziale ci viene dato dai privati. L’azienda costruttrice Cobar, che è anche socio fondatore (è l’impresa che ha ricostruito il teatro), e la Fondazione Cassa di Risparmio di Puglia.
L’apertura alla città e al suo pubblico come si realizza?
C’è tutta una parte della programmazione dedicata all’opera per bambini dai 5 anni in su, e poi ai ragazzi e alle famiglie. Metteremo in scena un’opera di Nicola Scardicchio, allievo di Nino Rota, Il gatto con gli stivali, per la regia di Maria Grazia Pani. Le presenze dei giovanissimi registrate in questi anni dimostrano che la città è molto interessata ad iniziative di questo tipo. Lavoriamo con impegno per formare il pubblico di domani e recuperare le conseguenze degli anni di “assenza” di un grande Teatro in città. Alle famiglie dei bambini partecipanti continueremo a offrire biglietti a prezzi speciali. L’anno scorso questa iniziativa ha avuto grande successo. Sa, in generale non è difficile creare un “evento”. È difficile, ma essenziale, tirar su un pubblico, formarlo. In questi giorni, per le recite di Aida, la sala è stracolma. Certo, è Aida. Ma il mio obiettivo sarebbe avere la sala piena anche per i Dialogues des Carmélites (opera da noi rappresentata ultimamente, apprezzata, ma con meno riscontro al botteghino), o per un Wagner importante come quello che inaugurerà la prossima stagione.
Avete programmato una Traviata a Natale.
Sì, andrà in scena anche a Natale e a Santo Stefano. Rimaniamo aperti nella speranza di aumentare il nostro pubblico, di avere una risposta dalla città e anche dai turisti. Penso specialmente a quelli russi, che sono molti per via di San Nicola.
Un progetto futuro?
Nella testa ho tanti disegni. Il 2019 sarà, forse, un nuovo punto di partenza. Se tutto andrà come spero, tireremo fuori un bel coniglio dal cilindro…
Grazie a Sergio Rizza, che ha individuato nel Sovrintendente del Petruzzelli di Bari Massimo Biscardi, un esempio ottimale di come , una importante istituzione culturale come quella del Petruzzelli , possa rinascere in tutto il suo splendore, grazie a un bravo artista , intellettuale eprofessionalmente preparato , competente e attento a tutte le diversità che il lavoro di sovrintendente richiede. Grazie ancora a Sergio Rizza per la bellissima e importante intervista.
Conoscendo bene Bari non posso che essere felice di leggere notizie cosi belle e confortanti su una città che si merita un teatro come questo ; rinato e finalmente ben gestito. I miei complementi al Sovrintendente