Programme

BERLINER PHILHARMONIKER
DANIELE GATTI
Paul Hindemith
Sinfonia "Mathis der Maler"

Johannes Brahms
Sinfonia n° 2 in re maggiore, op. 73

Philharmonie di Berlino, 29 e 30 settembre 2017

Per la quarta volta dal 1997, Daniele Gatti sale sul podio della Philharmonie di Berlino per dirigere i Berliner Philhamoniker con i quali sta costruendo un vero discorso musicale. Se si riferisce ai tre ultimi concerti, ha proposto Berg e Wagner nel 2015, poi la stagione scorsa un programma francese molto esigente (Honegger, Dutilleux, Debussy); quest’anno, propone un programma molto emblematico dell’orchestra, accostando Hindemith (la sinfonia Mathis der Maler, creata dai Berliner nel 1934 sotto la direzione di Wilhelm Furtwängler) e la sinfonia n°2 di Brahms, uno dei pezzi centrali del repertorio dell’orchestra.
Serate memorabili.

Daniele Gatti sa elaborare  programmi che hanno peso e significato. Proponendo l’esecuzione della Sinfonia Mathis Der Maler di Hindemith e di una sinfonia di Brahms, rende un omaggio discreto a Wilhelm Furtwängler, che aveva inserito anche lui nel 1934 nel programma della creazione dell’Hindemith una sinfonia di Brahms (la terza) ((nonché un concerto per violoncello di Carl Philipp Emmanuel Bach)).
Hindemith e Brahms, due poli della cultura musicale tedesca dove Brahms è un autore di riferimento dell’orchestra e Hindemith un musicista singolare e passionante del Novecento . D’altronde, Daniele Gatti ama dirigere la sinfonia di Hindemith che ha fatto con la Filarmonica della Scala e con  la Gewandhaus di Lipsia l’anno scorso.(Vedere Blog Wanderer – in francese)
La musica di Hindemith è stata oggetto di un dibattito aspro in questi primi anni del nazismo : la sinfonia Mathis der Maler eseguita nel 1934, preludeva alla creazione dell’omonima opera alla Staatsoper di Berlino. Invece la prima è stata vietata da Göring, e l'opera creata a Zurigo nel 1938, dopo la partenza di Hindemith dalla Germania per gli USA. Fu l’occasione di una presa di posizione fermissima di Furtwängler per difendere Hindemith in un articolo uscito nella Deutsche Allgemeine Zeitung sotto il titolo Der Fall Hindemith (il caso Hindemith): Furtwängler si opponeva chiaramente allo stato nazista e alla sua volontà di normalizzare l’arte.
Infatti, Mathis der Maler si riferisce alla lotta di Mathis (Matthias Grünewald) contro ogni forma di censura dell’espressione artistica in un momento di crisi religiosa profonda legata agli inizi delle Riforma. L’opera pone la problematica della relazione tra arte e potere e della libertà creativa dell’artista : una problematica forte agli inizi del periodo nazista, di cui si conoscono l’ukase contro le forme artistiche non "normalizzate" come la musica “degenerata”((Entartete Musik)) oppure l’accusa alla musica di Hindemith di essere bolscevica o addirittura legata agli ebrei.
Difendendo Hindemith, Furtwängler (che era intoccabile) afferma una libertà che contribuisce a relativizzare le accuse di cui fu oggetto alla fine della guerra.

Il pezzo creato dall’Orchestra Filarmonica di Berlino è stato eseguito raramente assai (ultima volta nel 2014 sotto la direzione di Herbert Blomstedt), anche se esistono incisioni notevoli (Hindemith, Karajan, Abbado). Era l’occasione per Daniele Gatti di esplorare il repertorio meno conosciuto dell’orchestra e anche di ricordare la sua storia.
L’opera di Hindemith, ispirata al famoso altare di Isenheim (esposto al Museo Unterlinden di Colmar, in Alsazia) è solo parzialmente « un’opera a programma »  e anche parzialmente un'opera descrittiva, benché le tre parti abbiano il nome di tre panelli dell’altare : Engelkonzert (concerto degli Angeli), Grablegung (Deposizione), Versuchung des heiligen Antonius (Tentazioni di Sant’Antonio).Stabilisce una relazione di Corrispondenza (nel senso del poeta francese Baudelaire) tra la pittura e la musica “colori e suoni”: ai colori del pittore corrispondono i suoni del compositore della musica.  sotto questa luce, Hindemith ha voluto dare valore all'approccio del pittore e esprimere la sua propria ammirazione per la Riforma. Visto che sta ultimando l’opera lirica sullo stesso tema, è chiaro che al centro c’è la questione drammatica : non descrivendo il quadro, Hindemith prova a descrivere un processo (oggi diremmo “process”) di creazione, un’anima febbrile che sta creando l’opera d’arte : siamo lontani dalla descrizione esterna di un quadro. Ovviamente c’è tra il lavoro del pittore Mathis e quello del musicista Hindemith uno stretto legame, un parallelo che dà quanto più urgenza alla musica : si sa quale accoglienza daranno i nazisti alla sua opera lirica.

E Daniele Gatti nel suo modo di rendere la sinfonia percepisce questi differenti strati e soprattutto l’ambiente teatrale di un’opera che esprime le tensioni del processo creativo, ma che riflette anche una singolarità stilistica che Gatti ha saputo mettere a risalto, prima la tensione tra modernità e classicismo, ma anche una monumentalità senza fronzoli, di tipo “Nuova oggettività” (neue Sachlichkeit): mai Gatti si perde nella sentimentalità, ma cura invece i dettagli architettonici della partitura, preservandone l’impressione di potenza, senza mai però essere pesante. Se si potesse paragonare lo stile di Gatti a uno stile architettonico, si potrebbe parlare di stile dorico : potenza, rigore, maestà, ma nello stesso momento grande eleganza.

Il primo movimento, Concerto degli Angeli (Engelkonzert) è anche l’ouverture dell’opera lirica. Corrisponde a un pannello solo visibile quando l’altare è aperto : in principio è un’opera gioiosa perché gli angeli cantato le lodi della Vergine Maria. Il pezzo di Hindemith comincia da una sorta di preludio lento (ruhig bewegt) nei legni e ottoni sottolineati dagli archi, che si allarga poi in un grande respiro sottolineato da Gatti, come un’elevazione, simile all’organo nella navata, come se fosse un’introduzione spirituale. Poi, dopo un leggero silenzio, la musica diventa più vivace, più gioiosa quando si sente il corale popolare « Es sungen drei Engel ein süsses Lied » ((tre angeli cantavano un dolce canto)): la gioia (quella della nascita di Cristo) e l’animazione entrano in gioco, ma la musica non si lascia mai andare : Gatti lavora sulla precisione degli interventi, cura la “messa in scena” di ogni strumento e soprattutto la piccola armonia (flauto magnifico di Mathieu Dufour e sempre prodigioso oboe di Albrecht Mayer): il movimento è tutt’uno e potente e leggero, con suoni che ricordano ma solo a tratti momenti mahleriani con alternanza di gioia, anche di leggerezza, sempre controbilanciato da qualcosa di drammatico o addirittura di tragico.
Anche nel momento in cui la musica s’allarga e s’illumina, Gatti cura il volume, sempre contenuto. Tensione e lirismo si mischiano, come per rendere lo stato psicologico, ma anche il messaggio religioso, nonché la fede. Gioia si, tormento anche. E questa complessità appare nell’approccio del direttore, potente, energico, ma sempre teso assai, di una tensione che irriga tutto il concerto.
Il secondo movimento, Grablegung (Deposizione) illustra un quadro della predella et corrisponde nell’opera lirica all’interludio tra due scene del settimo quadro. Notata “sehr langsam”, comincia come una marcia funebre, lasciando esprimersi il flauto (ancora una volta Mathieu Dufour fa meraviglie). Gli strumenti intervengono quasi da solisti ed è un dialogo tra solisti che sentiamo, legni con ottoni : c’è qualcosa di ritenuto e nello stesso tempo, paradossalmente, c’è la discreta violenza dell’elegia. Straordinario finale, con  tensione visibile del pubblico.
Il crescendo degli archi iniziale – e sublime – che apre il terzo movimento (nell’opera lirica nel sesto quadro) ricorda da lontano l’accordo iniziale di Tristano e si tende fino all’esplosione, per riprendere poi con più ampio respiro. Gatti cura la spazialità in una sala con un suono e intimo (la vicinanza del suono stupisce sempre) ma anche spazializzato : il quadro di Grünewald fa vedere Sant’Antonio che dorme circondato di demoni furiosi e con visi animaleschi terribili che ricordano Hieronymus Bosch. Quella tensione viene evidenziata da Gatti con un senso drammatico e quasi teatrale, con contrasto tra l’inizio molto trattenuto e cupo, e momenti brutali dove il contrasto tra il lirismo del flauto e una certa asprezza degli altri suoni viene fortemente messo in risalto : contrasto e non dialogo. Ci sono forze che si combattano in modo drammatico e potente, quasi cinematografico con contrasti tra suoni appena percettibili e altri fortissimi. L’orchestra pienamente coinvolta arriva agli estremi del suono, ridotto al quasi nulla, come solo i Berliner sanno fare. In questo movimento, il più lungo e forse il più sinfonico, il suono viene strappato tra il minimo percettibile e l’estrema tensione dei fortissimi, tra tonalità e frontiere dell’atonalità, per finire in un finale corale che non è lontano da qualcosa di liturgico – si pensa a Bach. Gatti evidenzia i contrasti senza mai esagerare né sottolineare, attenendosi ad una lettura potente mai sopra le righe, mai sopra interpretata. C’è energia ma anche incredibile raffinatezza, perché il direttore fruga ogni dettaglio, mettendo a dura prova gli strumentisti ogni tanto, dando indicazioni molto chiare e precise, ma lasciando anche l’orchestra respirare e suonare, anzi ascoltandola con aria serafica. Fa in modo che tutti si ascoltino, costruendo un sistema di echi e di ascolto simile alle condizioni di musica da camera, e dando incredibile coerenza all’insieme. In questa parte, più drammatica e più contrastata, costruisce una linea dove elegia, epos, spiritualità e soprannaturale si contendono la ribalta, in modo armonioso o violento, e comunque prodigioso : veramente esemplare.

Porre Brahms (Sinfonia n°3), di fronte ad Hindemith, già lo aveva proposto il grande Furtwängler alla prima esecuzione assoluta della sinfonia “Mathis der Maler” nel 1934. E Daniele Gatti aveva lo stesso proposto a Lipsia Hindemith di fronte alla Sinfonia n°1 di Brahms. Questa volta tocca alla Sinfonia n°2, quella dell’elegia, che ricorda, si dice, la Pastorale di Beethoven, forse tra le quattro sinfonia la più complessa a livello interpretativo.
Complessa perché in questa sinfonia di forma strettamente classica (con movimento lento e scherzo breve) nella linea della tradizione iniziata a Haydn, poi Mozart e poi Beethoven, Beethoven è senza dubbio il riferimento più chiaro (si alludeva alla Pastorale), ma non si può neanche ignorare i legami con Schumann. Se c'è elegia, c'è anche qualcosa di più cupo ogni tanto. E’ considerata comunque una sinfonia più gioiosa della precedente, composta anche molto più velocemente, il tempo dell’estate 1877 sul Wörthersee poi a Baden-Baden, mentre ci sono voluti vent’anni per elaborare la sinfonia n°1.
Confrontando l’orchestra a un pezzo che suona spesso e che fa parte del suo DNA (ultima esecuzione con Rattle meno di un anno fa), Gatti propone un lavoro nuovo, una visione diversa delle interpretazioni attuali di Brahms. Ho detto spesso che Gatti è un tellurico, un “chtoniano”, uno che sembra muovere le forze della terra. Colpisce in questo lavoro la potenza di masse sonore che si intrecciano una l’altra, ma sempre con fluidità, con flessibilità e soprattutto con una coerenza di linea impressionante. Altra qualità del discorso, la chiarezza, la volontà di far sentire tutto, di lasciare che lo strumento fiorisca, era il caso dei fiati per Hindemith, è anche il caso da questo Brahms fin dall’inizio nel dialogo tra archi (violoncelli e contrabassi) e gli ottoni (corni) alleati con i legni, con un tempo lento nonché maestoso e, oserei, qualche volta anche Furtwängleriano. Gatti approfitta anche delle qualità eminenti dei solisti di Berlino non solo per metterli a risalto, ma anche inserirli in un discorso generale, chiedendo a loro di mettere a prova una virtuosità mirata a dare senso, mirata alla costruzione generale, andando anche contro le loro abitudini. C’è in tutta la sinfonia una sensazione continua di serio , anche nei momenti più elegiaci. Una visione mai leggera, mai superficiale, mai dimostrativa : si legge il lirismo sempre presente, ma si legge anche una grande sensibilità, una musica del cuore che tocca all’emozione la più autentica. Senza dubbio l’orchestra ha condiviso l’approccio perché ogni musicista sembra coinvolto, impegnato : abbiamo sotto gli occhi l’orchestra delle grandi serate dove fa musica e solo musica (la video della Digital Concert Hall dovrebbe confermarlo).
Il primo movimento dà il colore generale : direzione chiara, affermata, sempre sull’orlo del tragico, senza però sacrificare nulla all’eleganza, ma di sicuro meno serafica, celeste, ariosa di altre interpretazioni. Vedendo l’impegno dei musicisti, Gatti li lascia suonare, come nell’Hindemith, e li guarda con sorriso (dirige a memoria) intervenendo per certi equilibri di volume o certe rotture ritmiche. L’insieme è brillante senza essere inutilmente rutilante oppure dimostrativo : il suo Hindemith e il suo Brahms non sono mai sovracarichi di effetti : non si ricerca l’effetto mai sono la verità della partitura

Ad esempio, certi momenti (finale del primo movimento, inizio del secondo) suonano come musica da camera, come una Kammersymphonie cara a Schönberg, di cui si sa l’ammirazione e lo sguardo verso Brahms. Suonano quanto meglio in una sala cosi avvolgente e cosi intima. Notiamo il suono molto rotondo e molto sottile, quasi pacificato del corno del giovane David Cooper, fresco arrivato nei Berliner al lato del grande Stefan Dohr e il dialogo che nasce nel secondo movimento con l’orchestra. I musicisti si ascoltano e fanno davvero musica insieme : determina anche un ascolto diverso del pubblico, più concentrato. Si dovrebbe sempre per misurare il grado di concentrazione ascoltare le pause tra i movimenti : se c’è esplosione di tosse e rumori diversi, vuol dire che la musica era tale di aver bloccato ogni movimento corporeo.

Colpisce nell’audizione del secondo e dell’ultimo movimento (veramente straordinario) il sentimento del dramma che si sfiora, della gravità ovvia del discorso, ma c’è lo stesso continuamente l’espressione di una gioia profonda, alla valenza quasi mistica, illustrata dalla gioia di suonare evidente dell’orchestra. Un ultimo movimento cosi energico, cosi impegnato con solisti incredibili (legni ! flauto ! oboe!) potentissimo e colmo di fantastiche delicatezze (pianissimi degli archi da sogno) non si era sentito da tempo. Momento entusiasmante che si conclude con un tale trionfo da parte del pubblico che Gatti viene richiamato da solo dopo l’uscita degli orchestrali, cosa rarissima…
In questa occasione si è verificata l’ovvia gioia dei Berliner di suonare insieme a questo direttore, che hanno applaudito con un grande sorriso soddisfatto, gioia reciproca e visibile : una collaborazione che diventa ogni anno più profonda e che lascia sperare altri incontri cosi potenti e commoventi.

Crediti foto : © Wanderersite
© Berliner Philharmoniker/Digital Concert Hall

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