Felix Mendelssohn Bartholdy (1809–1847)
Elias, op. 70 (1846)
Oratorio in due parti per Soli, Coro, Orchestra e organo
su testo di Karl Klingemann e Julius Schubring da testi dell’Antico Testamento

  1. Prima parte
  2. Seconda parte

Elsa Dreisig, soprano I (L’angelo, La vedova)
Jasmin Delfs, soprano II
Sarah Gilford, soprano III
Wiebke Lehmkuhl, contralto I (Un angelo, La regina)
Shannon Keegan, contralto II
Ekaterina Chayka-Rubinstein, contralto III
Daniel Behle, tenore I (Obadjah, Ahab)
Caspar Singh, tenore II
Magnus Dietrich, tenore III
Christian Gerhaher, basso I (Elia)
Oliver Boyd, basso II
Friedrich Hamel, basso III
Solista dei Tölzer Knabenchors, soprano (Un fanciullo)
Sarah Tysman, ripetitore

Rundfunkchor Berlin
Gijs Leenars, maestro del coro

Berliner Philharmoniker

 

Kirill Petrenko, Direttore

 

Berlino, Philharmonie, sabato 14 gennaio 2023, ore 19

 

Una tappa fondamentale nel viaggio musicale intrapreso da Kirill Petrenko e i Berliner Philharmoniker. Con Elias di Mendelssohn i complessi berlinesi scrivono una pagina memorabile e regalano al pubblico tre serate di grande musica vissuta in religioso silenzio.

La scintilla musicale che scocca tra Petrenko e Gerhaher accende i momenti della vita di Elia. Sostenuti da un’orchestra e un coro in stato di grazia, regalano al pubblico una lezione di musica e interpretazione dell’oratorio che narra la vicenda del profeta, dalla sfrontatezza giovanile sino allo smarrimento degli ultimi momenti di vita.

ELIAS
Auf denn, ihr Propheten Baals, erwählet einen Farren,und legt kein Feuer daran, und rufet ihr an den Namen eures Gottes,
und ich will den Namen des Herrn anrufen.
Welcher Gott nun mit Feuer antworten wird, der sei Gott.

DAS VOLK
Ja, welcher Gott nun mit Feuer antworten wird, der sei Gott. 

ELIAS
Rufet euren Gott zuerst, denn eurer sind viele ! Ich aber bin alleinübergeblieben, ein Prophet des Herrn. Ruft eure Feldgötter, und eure Berggötter ! ((Il profeta Elia sfida i sacrileghi sacerdoti di Baal : che preparino un’offerta sacrificale, invochino il loro presunto Dio e lui invocherà il suo. Quello vero si manifesterà. Dunque Sacerdoti, cosa aspettate, invocatelo!))

[…]ELIAS
Es ist genug ! So nimm nun, Herr, meine Seele !
Ich bin nicht besser denn meine Väter.
Ich begehre nicht mehr zu leben,
denn meine Tage sind vergeblich gewesen.((Il profeta Elia sente mancare le forze in se stesso : Signore, toglimi la vita, non sono migliore dei miei padri))[…]

CHOR
nd nach dem Erdbeben kam ein Feuer, aber der Herr war nicht im Feuer.
Und nach dem Feuer kam ein stilles, sanftes Sausen.
Und in dem Säuseln nahte sich der Herr. ((Il Signore si manifesta ad Elia : non nella tempesta, non nel terremoto, non nel fuoco. Il Signore si manifesta in un delicato, calmo sospiro))

 

Il profeta Elia raffigurato nella prima edizione della partitura, edita da Simrock (Bonn, 1847)

A metà ottocento imporre all'attenzione del pubblico il genere dell'oratorio poteva apparire quasi come una scommessa che avrebbe fatto tremare i polsi ai contemporanei ma non spaventò certo il prodigioso talento di Felix Mendelssohn Bartholdy.
Facendo i conti con un pubblico che aveva nel frattempo sperimentato e metabolizzato l'età d'oro del belcanto italiano, che attraversava ormai il romanticismo musicale ed era bombardato dai colpi delle sirene wagneriane, al ragazzo riuscì il colpo di far rivivere i capolavori della scuola angolo/tedesca e lasciare il segno in questo fondamentale genere di musica corale, cui tanto successo spettò nel settecento.

Ad ogni ascolto di Elias, terminato nel 1846((venne rappresentato per la prima volta a Birmingham, in lingua inglese, il 26 agosto 1846)), secondo degli oratori composti da Mendelssohn, che ritornava al genere dopo aver composto il Paulus dieci anni prima e che successivamente lasciò un incompiuto Christus((si sarebbe potuto trattare di una ideale trilogia dall'antico al nuovo testamento, per chi era di famiglia ebraica e venne battezzato come cristiano riformato)), mi colpisce la spontaneità di un genuino capolavoro, che in ogni istante lascia percepire un sincero entusiasmo, ovvero un’urgenza creativa non di commissione, alla base della ragione dell’opera. Mendelssohn si trova a “maneggiare” un genere dalle proporzioni ingombranti, nato nell’atmosfera barocca, le cui radici affondano nella spettacolarità vocale e ne traggono l’energia per sfavillanti scene corali. L’orchestra è protagonista nei virtuosismi degli obbligati, che gareggiano spesso da pari a pari con il solista.
A tanta tetragona perfezione, Mendelssohn intuisce che non si può più rispondere con la stessa moneta, pena palese inattualità e relativa noia.
Il testo di cui dispone è poca cosa. Così distante dall’opera lirica che la sera si conquistava il trionfo sulle tavole dei grandi teatri in spettacoli dalle vicende spesso improponibili e ripetitive ma ricchi di colpi di scena, acuti e sopracuti, finali d’atto liberatori. In pratica poco più di un copia e incolla, quasi da studente ritardatario che sfoglia il suo Bignami((celebre collana editoriale italiana di libretti da tasca, che contenevano riassunti delle materie scolastiche)), tratto dai Libri dei Re della Bibbia, ad opera del pastore Julius Schubring.

Ma scocca la scintilla della genialità a vivificare la materia e gli episodi salienti della vita del profeta Elia vengono narrati in due parti di uguale durata ma dall’atmosfera profondamente contrastante, dall’azione di un baldanzoso profeta che compie miracoli e sbeffeggia i sacrileghi sino alla meditazione dell’uomo vinto dalla consapevolezza delle sfide e dal timore per la fine dell’esperienza terrena.
Il contrasto tra i diversi momenti diventa eclatante nelle forme e nei colori, che vestono di modernità l‘eredità barocca tanto nell’utilizzo delle voci quanto in quello di coro, orchestra e strumentale.

Un momento del concerto (W. Lehmkuhl, E. Dreisig, K. Petrenko, C Gerhaher, D. Behle)

L’avvio dell’oratorio ci sorprende con l’assenza della tradizionale ouverture e così entriamo in punta di piedi, con naturalezza in medias res, su un sinistro e mesto tappeto sonoro costituito da tre gravi accordi nella tonalità di re minore, che subito destano l’attenzione sul recitativo di Elia. Il profeta, tanto per tener fede alla fama della categoria, inizia con l’annuncio di una prolungata siccità.
A questo punto, prendendo finalmente avvio in moderato per semitoni, all’ouverture il compito di rappresentare plasticamente la tragedia e il dolore causati dalla siccità, aprendosi via via a toccanti interventi corali che richiamano armonie schumaniane.
Il profeta Obadjah introduce la voce del tenore, che sospende la narrazione con un breve momento di serenità, un ideale cielo terso, un‘aria di fattura mozartiana che ricorda l’ingresso di Tamino nel Flauto Magico, ma si tratta di una piccola pausa.
Aber der Herr sieht es nicht. Er spottet unser !((Ma il Signore non lo vede. Ci prende in giro !)) Con perentorietà, per note ribattute in forte, il popolo lamenta la sorte di cui si sente vittima. Il colpo di scena, che nell’opera lirica giungerebbe da un evento in maniera eclatante, si manifesta qui con l’annuncio di un angelo che indica la via ad Elia : il Signore ordina al profeta di recarsi presso una vedova e restare nella sua casa protetto dai sacrileghi nemici. E’ questa l’occasione per richiamare il testo biblico sceneggiando il miracolo di Elia che resuscita il figlio della vedova

Alle prese con una materia musicale che si sta addensando in maniera ben definita, pur con un testo dalla debole drammaturgia, Mendelssohn gestisce con straordinaria abilità il susseguirsi dei numeri musicali. Esattamente a metà della prima parte, ritorna così il recitativo di Elia che aveva aperto l’oratorio, ma questa volta sulle ali della tonalità di mi bemolle maggiore.
Stiamo, dunque, entrando nel cuore dell’azione e per rendere il disegno più chiaramente comprensibile da parte del pubblico, l’Autore ne palesa la struttura con questo forte rimando di immediato impatto sull’ascoltatore.
E’ la volta degli episodi più spettacolari dell’oratorio : dopo tre anni di lontananza, il profeta torna per sfidare il Re e i sacerdoti del sacrilego dio Baal. Se il loro dio è così potente, perché non si manifesta al popolo ? Coro di sacerdoti ed Elia si fronteggiano con sfrontatezza e tracotanza.

Baal, erhöre uns, wache auf ! Warum schläfst du?… Rufet lauter ! Er hört euch nicht !((Baal, ascoltaci, svegliati ! Perché dormi?… Gridate più forte ! Non vi sente!)) Nessun segno dal dio Baal, è la volta del Signore scende dal cielo come fiamma che consuma l’olocausto e ad Elia, più feroce per situazione e linguaggio che in musica, non resta che liberarsi dei suoi nemici con una intimazione al popolo ormai schierato Greift die Propheten Baals, dass ihrer keiner entrinne, führt sie hinab an den Bach und schlachtet sie daselbst!((Catturate i profeti di Baal, nessuno sfugga, conduceteli giù al torrente e là sgozzateli))

Elia non è solamente il profeta delle invettive e delle maledizioni : innanzi al popolo riconciliato con Dio egli compie un ulteriore miracolo, invocando il Signore affinché ponga fine alla siccità, e la prima parte dell’oratorio si conclude con il coro che rende gloria a Dio per le acque che tornano ad innalzarsi.
Abbiamo visto come Mendelssohn sia riuscito sinora nell’intento di sbalzare la figura del profeta come campione dell’azione, nel pieno della vigoria fisica, sempre tenendo in considerazione l’intellegibilità della successione delle forme musicali.

L’atmosfera muta radicalmente nella seconda parte, dove la spettacolarità dell’azione lascia il posto alla meditazione mistica di Elia. L’attenzione dedicata alla struttura e alla sequenza dei brani passa in secondo piano rispetto alla ricerca della tinta musicale dello strumentale e delle linee vocali, ora pienamente rispondenti al nuovo gusto ottocentesco romantico.

Il nucleo del racconto è costituito dalle due arie del solista, a far da corona prima e dopo alla grande scena corale della teofania, l’apparizione di Dio sulla terra, punto culminante dell’intero oratorio.
La narrazione si avvia, anche in questo caso, in modo piuttosto diretto, con la nuova minaccia della regina e del popolo, intesa a far trucidare il profeta per essere stato causa di carestia e per l’assassinio dei sacerdoti. Elia è sfiduciato.
Presto però la teatralità lascia il passo, dopo una manciata di straniate battute di recitativo, al grande momento lirico di Es ist genug ! So nimm nun Herr meine seele.((Toglimi la vita, o Signore. Non sono migliore dei miei padri)) esclama Elia in una pacata e intima preghiera, sorretto dal canto accorato e compatto dei violoncelli, che risale al modello bachiano riletto in controluce romantica. La parola scolpita diventa suono, sofferenza, rassegnazione a fronte dell’ennesima sfida da affrontare, dopo lo scoramento per aver constatato che il popolo volge nuovamente lo sguardo al falso dio.

Giunge il momento scelto dal Signore di manifestarsi a Elia, ritiratosi nel frattempo sulla montagna a seguito del monito di un angelo. Per questo vertice musicale, di straordinaria efficacia, fulcro della seconda parte e dell’oratorio intero, Mendelssohn non sente la necessità di scomodare trionfalistiche visioni o tellurici sommovimenti, ma mette piuttosto in scena tutta la delicatezza e dolcezza dettata dal genio. Il Signore smuove gli elementi naturali ma non si manifesta nella tempesta, nel terremoto, nel fuoco. Il Signore si manifesta in un dolce sospiro che viene dopo tutto questo, e avvolge il profeta tra il canto dei serafini.
Una delicatezza estatica e gioiosa che affonda le radici nella dolcezza intima e innocente del Sogno di una notte di mezza estate.
La mente e il cuore rinfrancati, la voce di Elia si espande infine in Ja, es sollen wohl Berge weichen((Si, le montagne spariranno)), un sereno arioso a due con l’oboe solista che musicalmente si riallaccia alla grande tradizione strumentale barocca del concerto obbligato.

Tocca al coro riepilogare la morale dell’esistenza di Elia dopo aver lasciato intendere quasi come dettaglio le ultime gesta della sua esperienza terrena e la sua salita al cielo su un carro di fuoco, ideale conclusione di un’esperienza spirituale che non si sarebbe potuta chiudere con la morte del corpo.

L’ascoltatore uscito dalla Philharmonie al termine dei tre concerti dei Berliner Philharmoniker sotto la bacchetta del loro direttore musicale Kirill Petrenko ha assistito ad una memorabile esecuzione di questo capolavoro romantico, a una combinazione più unica che rara costituita dalla presenza di una orchestra in forma ineguagliabile, dall’eccellente prestazione del coro, ad una distribuzione di voci soliste pressoché ideale e, ça va sans dire, alla direzione incandescente e tecnicamente perfetta di Petrenko.

Artisti, tutti, ripagati con la testimonianza più preziosa : una tensione spasmodica teneva inchiodata la sala per tutta l’esecuzione, sotto forma di attenzione percepibile verso ogni dettaglio in un silenzio assoluto, sciolta nel liberatorio e fragoroso applauso finale.

Meritatamente perché possiamo già affermare che queste esecuzioni di Elias costituiscono una delle tappe fondamentali, se non la principale sino ad ora, del percorso artistico di Kirill Petrenko alla guida stabile dei Berliner.

Applausi dopo gli ultimi accordi (W. Lehmkuhl, E. Dreisig, K. Petrenko, C Gerhaher, D. Behle)

Orchestra oltre ogni lode, protagonista assoluta tanto nelle prime parti dei fiati quanto nell’assoluta perfezione dei gruppi degli archi, mette a disposizione del suo direttore una tavolozza dalle tonalità infinite.

Ecco, allora, che il pensiero corre all’attacco del grave iniziale, con gli accordi degli ottoni che suonano spontanei, netti ma morbidi in contrasto con l’aspra invettiva del profeta. In un attimo, l’avvio per semitoni pp dell’Ouverture ci risucchia nel clima di tragedia e sconforto del popolo messo alla prova da siccità e carestia, gli archi ci rapiscono con un crescendo di millimetrica precisione. Pure il virtuosismo è tale da mutare tanta asprezza nel giro di poche battute in composta dolcezza, non mielosa, nell’Andante con moto di Obadjah.

Isolare singoli momenti è far torto agli altri, troppi sarebbero, ma come non ricordare nella prima parte il velluto sonoro con cui l’orchestra avvolge il protagonista nell’episodio in casa della vedova o il sostegno a Elia nella sfida ai sacerdoti di Baal, che finisce poi per sciogliersi nel tono delicato trovato per il miracolo della pioggia. A mano a mano che l’opera prende forma, si percepisce il disegno di una direzione che programmaticamente si impone di non oltrepassare la misura con effetti estemporanei ma piuttosto condurci per mano, con l’attenzione costante per stile e dinamiche, attraverso la vita di un Elia che è uomo prima ancora di essere profeta.

Il suono dell’orchestra, brillante e spigliato nella prima parte è gradualmente asciugato e interiorizzato da Petrenko nella seconda. Così il legato dei violoncelli nell’aria Es ist genug !, l’impalpabile ricamo degli archi al culmine della scena della teofania, l‘incanto dell’oboe nell’arioso andante sostenuto finale di Elias.

Un toccante percorso dalla giovanile baldanza, che talora era al limite dell’alterigia, all’intimo pudore manifestato nel dialogo diretto con il Padre, voltandosi indietro alle proprie radici prima di guardare alla morte.

Il Runfunkchor Berlin, istruito da Gijs Leenaars, si rivela un vero e proprio coprotagonista, un po’ per il rilievo che la parte gli assegna, ancor più per l’esito musicale che ne cava. Fraseggio curato, volume e colori delle diverse sezioni sono qualità note ma, in questa occasione l’esecuzione va oltre e sfocia in una entusiastica partecipazione. Una serata dall’esito complessivamente superiore a quello di un’altra importante tappa del rapporto tra orchestra e direttore, il ciclo di esecuzioni della nona sinfonia di Beethoven dell’agosto 2019, quando la prova del coro parve a tratti più rigida e trattenuta.

L’intensità dello sguardo di Elia (C. Gerhaher).

Christian Gerhaher è stato l’altro protagonista della serata e, dopo aver ascoltato il suo Elia, sembra difficile immaginare il ruolo in maniera diversa.
In occasioni come questa, il binomio musicale Petrenko/Gerhaher pare inscindibile, come già nel Parsifal e nel Tannhäuser monacensi. Stile e fraseggio nascono da una visione comune e si arricchiscono reciprocamente. La magistrale impostazione tecnica della voce del baritono gli consente ad ogni altezza della linea vocale un continuo lavoro di accenti, colori, espressioni che rendono il suo fraseggio mobilissimo, mai lezioso e neppure per un attimo offuscato dall’ombra della maniera. In lui Petrenko trova un interprete da seguire in ogni sfumatura, da sostenere in unità d’intenti, con cui costruire un personaggio che s’indovina studiato e ristudiato in ogni dettaglio eppure all’apparenza spontaneo e diretto. Un personaggio in cui ogni colore scovato dall’orchestra si riflette nel canto e viceversa.

Il tenore Daniel Behle si disimpegna nei ruoli di Obadjah e Ahab valendosi di una linea di canto precisa e attenta alle sfumature, particolarmente a suo adagio nei passaggi in cui è richiesta leggerezza e grazia di ascendenza mozartiana.

Altrettanto rilevanti gli interventi delle voci femminili, in particolare la regina di Wiebke Lehmkuhl, anch’ella dotata di bel fraseggio e voce piena e sicura nell’estensione. Appena un gradino sotto l’angelo e la vedova del soprano Elsa Dreisig, voce lirica leggera di bel timbro talvolta a disagio nei passaggi di registro e linea interpretativa che non convince completamente.

Al termine del concerto, prolungati applausi per tutti gli interpreti, in particolare Kirill Petrenko e Christian Gerhaher.

Pubblico in piedi per gli applausi finali agli artisti.

 

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Paolo Malaspina
Paolo Malaspina, nato ad Asti nel 1974, inizia a frequentare il mondo dell’opera nel 1989. Studia privatamente canto lirico e storia della musica parallelamente agli studi in ingegneria chimica, materia nella quale si laurea a pieni voti nel 1999 presso il Politecnico di Torino con una tesi realizzata in collaborazione con Ecole Nationale Supérieure de Chimie de Toulouse. Ambito di interesse musicale : musica lirica e sinfonica dell’ottocento e novecento, con particolare attenzione alla storia della tecnica vocale e dell'interpretazione dell'opera lirica italiana e tedesca dell'800.

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