Programma

L.v. Beethoven (1770–1827)

Egmont, ouverture in Fa minore op.84
Sinfonia n.1 in Do maggiore op.21
Sinfonia n.6 in Fa maggiore op.68 "Pastorale"

Orchestra del Teatro Massimo – Palermo
Direttore : Daniele Gatti

Palermo, Teatro Massimo, venerdì 2 ottobre 2020, Ore 20.30

Ci sono viaggi che possono sembrare superflui all'amante della musica abituato alle grandi sale e alle grandi orchestre : un errore da bambino viziato. Un concerto di qualsiasi tipo è sempre ricco di lezioni, soprattutto in questi tempi difficili in cui le istituzioni musicali europee cercano di tenere la testa fuori dall'acqua, nell'angoscia che il risveglio della pandemia possa di nuovo portare alla chiusura.

In questi tempi da Covid, la platea è stata svuotata dei suoi posti per permettere all'orchestra di dispiegarsi in una formazione "distante" e solo i palchi sono occupati dal pubblico. Il direttore musicale Omer Meir Wellber ha aperto la stagione sinfonica con un concerto  Mozart-Schönberg, poi la stagione lirica con un Don Giovanni concertante. Tra qualche settimana è prevista l'esecuzione sempre concertante di Manon Lescaut di Puccini con Angela Gheorghiu.
Questa volta tocca a Daniele Gatti, ospite d'eccezione per la prima volta a Palermo per un programma Beethoven in cui il teatro segna il tutto esaurito.

Daniele Gatti a Palermo il 2 ottobre scorso

Daniele Gatti è uno dei direttori d'orchestra più impegnati nella musica in questi tempi di Covid, lo abbiamo già visto a giugno, in Francia dove ha tenuto il suo primo concerto, a parte un concerto speciale per il Presidente della Repubblica Italiana, poi a Torino dove ha tenuto tre programmi senza pubblico,  poi Rigoletto a Roma (vedere recensione sotto); ha poi tenuto il suo corso annuale di direzione d'orchestra a Siena, presso l'Accademia Chigiana, e ha ripreso la sua attività sinfonica con l’Orchestra Sinfonica Nazionale della Rai di Torino lo scorso 17 settembre, con un programma Beethoven.

Anche il concerto di Palermo è dedicato a Beethoven, che compensa il precedente, annullato per motivi di lockdown, con pressapoco lo stesso programma, Sinfonia n.1 in più.  Daniele Gatti stasera dirige Egmont, la Sinfonia n. 1 e la Sinfonia n. 6 "Pastorale"

In questo anno beethoveniano, Beethoven si ascolta ovunque, recuperando i concerti di primavera cancellati durante il lockdown, per onorare il compositore tedesco. È anche vero che Beethoven l'umanista, Beethoven l'erede dell'Illuminismo, arriva al momento giusto in un contesto sociale e politico molto grigio dappertutto nel mondo.
Resta da vedere come il pubblico riceve Beethoven ? Erede dell'illuminismo la cui musica trasformerebbe la nostra psiche ? Ne dubito. Un musicista potente, eroe del (pre)romanticismo ? Forse, ma non è certo. Più probabile è un'accoglienza in base alla reputazione. Conosciamo Beethoven e ci andiamo con fiducia : è musica "abituale" nei concerti, e in questo senso rassicurante, ma il 2 ottobre Beethoven era "speciale".

È tra l'altro un po’ paradossale : la Sinfonia n. 1, spesso considerata oggi come l'ereditiera di un passato vicino (Mozart) o ancora vivo (Haydn), sembrava agli ascoltatori dell'epoca una rottura, si diceva : "È l'esplosione disordinata dell'oltraggiosa sfrontatezza di un giovane" ((Allgemeine musikalische Zeitung, 23 luglio 1801)), e a Parigi, sempre arbitro del buon gusto, "ahimè, ci si distrugge solo l'orecchio rumorosamente senza mai parlare al cuore. "((Tablettes de Polymnie, marzo 1810)).

Si vedono subito le possibili scelte interpretative che si aprono al direttore di oggi, guardando al passato oppure al futuro. Ma queste scelte dipendono fortemente anche dal contesto, dall’organico dell'orchestra, ridotta a una trentina di musicisti o grande orchestra sinfonica, oppure ovviamente dalle esigenze del distanziamento, che inevitabilmente cambiano le condizioni e quindi le abitudini dell’ascolto. Un'orchestra in cui ogni leggio è isolato ovviamente, valorizza la singolarità di ogni strumento, ed espone i musicisti in modo aspro, soprattutto quando non sono all'altezza o meno sicuri.
Lo abbiamo constatato anche per orchestre che hanno molta più esperienza nel sinfonico rispetto al Teatro Massimo, ad esempio la Filarmonica di Berlino, il dispositivo distanziato cambia il suono e obbliga anche ad altre scelte interpretative.

Nel caso della Sinfonia n. 1 (e anche della Pastorale, come vedremo), il pubblico dell'epoca aveva notato la "nuova" preminenza dei fiati, in un dialogo con gli archi che lo avevano stupito. È chiaro che la disposizione dell'orchestra cambia le condizioni acustiche e accentua gli effetti : i fiati, di solito dietro all'orchestra, si sentono di solito in modo meno diretto e meno "aggressivo", ma quando l'orchestra è al centro della sala e il pubblico nei palchi, in alto intorno all'orchestra, il suono si sente direttamente dal basso verso l'alto. È chiaro che questo suona diverso, più riverberante, più forte, più incisivo, favorisce una lettura diversa, anche insolita.

E perché no ? L'atteggiamento peggiore dell'ascoltatore sarebbe quello di arrivare con le sue abitudini di ascolto, coi CD in particolare, e con un orizzonte di attesa che diventa una sorta di gabbia : abbiamo il difetto di venire spesso ad ascoltare ciò che vogliamo sempre riascoltare, senza essere disponibili per nient'altro. E questo è un difetto che si è sviluppato con l'industria discografica, con la musica in scatola, molto diversa dai concerti dal vivo.
La ripresa dei concerti di quest'estate e dell'autunno, nelle condizioni dettate dal Covid ci costringe a decentrarci e a lasciarci disponibili e aperti per qualcos'altro, un altro suono : dà una lezione di tolleranza uditiva in qualche modo.

La scelta di Gatti è ovviamente quella di cercare di corrispondere meglio a queste nuove regole, e  a questa orchestra più da buca che da podio, anche se valorosa. Quindi Gatti fa sentire piuttosto quello che sorprende. "Sfrontatezza oltraggiosa di un giovane": forse è questa l'espressione con cui dovremmo cominciare, perché Gatti fa sì che questo Beethoven sia proiettato verso il futuro. Nella letteratura musicologica, questa sinfonia è considerata un ponte tra il mondo di Mozart e Haydn e quello di Beethoven, una sorta di transizione, e lo stesso Berlioz passa un po' sopra : "È una musica mirabilmente fatta, chiara, vivace, ma poco accentuata, fredda e a volte meschina, come nel rondò finale, per esempio, una vera e propria infantilità musicale ; in una parola, questo non è Beethoven. "(Hector Berlioz, À travers chants)
Ora, la posta in gioco sinfonica per Beethoven è diversa, Mozart ha scritte quarantuno sinfonie, Haydn più di cento, e Beethoven nove. No si può mettere in questo caso la stessa energia e la stessa carica su ogni oggetto : la posta in gioco per Beethoven punta a qualcos'altro, molto più urgente e importante.

Siamo ancora in un momento in cui Beethoven ammira gli ideali della rivoluzione di cui vede in Napoleone il continuatore. Allora questo Beethoven è forse più nuovo : mette in evidenza quella che allora era considerata una novità, le grandi potenzialità espressive dei fiati , soprattutto nel loro dialogo alla pari con gli archi, ma anche l'intervento dei timpani.
Il suono prodotto da Gatti è potente, a volte quasi epico. Sappiamo che il primo movimento ha scioccato dal suo iniziale accordo dissonante in Fa, e non l'accordo tradizionale in dominante, sappiamo anche che è stato ispirato da compositori come Grétry o Kreutzer, possiamo anche riconoscere alcuni elementi del Chant du départ de Méhul. Insomma, c'è una sfida compositiva che non è da un compositore che entra timidamente nel mondo della sinfonia, ma che al contrario già impone uno stile che continuerà a sviluppare, e in particolare accentuando le rotture, soprattutto dall'Eroica. Ma questo inizio è stato già un colpo di scena che ha agitato i contemporanei.

Così Gatti segue un percorso potente, perfino un po’ teatrale, e la sontuosa scenografia del Teatro Massimo lo invita a farlo, Beethoven suona qui in modo diverso. E non è per l'uso dei timpani (già usati nelle ultime sinfonie di Haydn) che il Beethoven di Gatti è notevole, prima di tutto per il senso del ritmo, per l'energia sorprendente che emerge dal primo movimento che segna una rottura rispetto all'atteso tono "Haydniano". Gatti crea un'atmosfera molto energica, che sembra negare invece all'inizio dell'andante, più tradizionale, come se Beethoven dicesse "non andiamo oltre, restiamo li caro Ludwig", anche se l'accompagnamento piano dei timpani, notato da Berlioz sembra contraddire : “L'andante contiene un accompagnamento di timpani piano che oggi sembra qualcosa di molto ordinario, ma che è comunque un preludio ai suggestivi effetti che Beethoven produsse in seguito”.
Gatti qui alleggerisce e produce un momento di grazia, quasi danzato all'inizio, molto settecentesco, una sorta di momento di respiro, molto attento ad ogni gruppo di strumenti, gesti precisi, indicazioni chiare, inviti ad ascoltarsi a vicenda.
Nel Minuetto, che suona un po' come uno scherzo, gli archi ne escono con onore, leggerissimi, e con vera eleganza.
L'ultimo movimento ritorna all'energia del primo con echi delle ultime sinfonie di Mozart, Gatti organizza le opposizioni delle masse, la messa in evidenza di ogni strumento, i ritmi, le modulazioni dei volumi, in momenti abbastanza nervosi, anche piuttosto vigorosi, e l'orchestra lo segue con grande concentrazione.

Il concerto era iniziato con un brano più strutturalmente teatrale, e ben noto agli organizzatori dei concerti, l'ouverture delle musiche per Egmont, il dramma di Goethe, (1809–1810), nutrito sia dall'ammirazione di Beethoven per Goethe, sia dalla sua lettura dell'opera, che fu pubblicata di nuovo nel 1807, tre anni prima delle rappresentazioni al Burgtheater che furono l'occasione per questa composizione.

Il dramma della rivolta di Egmont contro il Duca d'Alba è ben noto, e Gatti ha diretto questo pezzo molte volte, sia con la Concertgebouw che con il National de France negli ultimi anni. È proprio uno spettacolo "teatrale" che inizia nel dramma cupo e si sviluppa fino alla famosa sinfonia della vittoria richiesta da Goethe per la fine del suo dramma. Il pezzo è interessante per l'orchestra, che è chiamata in tutte le sue parti, archi ovviamente, ma anche fiati (ruolo importante dell’oboe), una sorta di biglietto da visita che permette di impegnare subito tutta l'orchestra.

E Gatti qui dispiega una magnifica energia, che crea tensione (all'inizio in particolare molto cupo), poi nello sviluppo molto sinfonico : questo discorso molto vibrante, particolarmente sentito, mette in moto tutta l'orchestra, con una notevole chiarezza, una dinamica forte e una scienza del volume che si combina con il senso teatrale del direttore d'orchestra (gli interventi dei timpani), che alimenta il crescendo (la fine è stupefacente), e che respira in un modo che installa il pubblico nella certezza di una serata notevole. E' un grande successo da parte dell'orchestra, che ovviamente può avvicinarsi ai pezzi duri che sono le sinfonie con più serenità.

L'orchestra del Teatro Massimo sotto la direzione di Daniele Gatti il 2 ottobre scorso

Dopo l'intervallo, il nucleo del concerto, la Sinfonia Pastorale, suona in un modo che è anche singolare : ha detto Berlioz "Questo paesaggio sorprendente sembra essere stato composto da Poussin e disegnato da Michelangelo". Poussin, il classicismo delle forme, l'atmosfera pastorale "composta" dai Pastori dell'Arcadia, e Michelangelo, l'altra perfezione delle forme, tormentata e vibrante, con i suoi colori brillanti. Per capire l'approccio di Gatti, bisogna leggere Berlioz e seguirlo :

« Come poesie antiche, per quanto belle, per quanto ammirate, pallide rispetto a questa meraviglia della musica moderna ! Teocrito e Virgilio erano grandi poeti di paesaggi ; questi versi sono musica dolce:"Te quoque, magna Pales, et te, memorande, canemus…Pastore ab Amphryso ; vos Sylvae amnesque Lycaei".
Soprattutto se non sono recitate da barbari come noi francesi, che pronunciano il latino in modo da farlo sembrare dialetto dall’Auvergne…”
Ma la poesia di Beethoven.… Quei lunghi e coloratissimi periodi !.…. Quelle immagini parlanti !.… quei profumi!… Quella luce!… Quel silenzio eloquente ! Questi vasti orizzonti !.… Questi ritiri incantati nel bosco !.…. Questi raccolti del grano dorato !.… Queste nuvole rosa, punti vaganti nel cielo !… Questa immensa pianura che dorme sotto i raggi del mezzogiorno !.… L'uomo è assente !.… La natura da sola si rivela e si ammira… E questo profondo resto di tutto ciò che vive ! E questa deliziosa vita di tutto ciò che riposa ! Il bambino del ruscello balbettante che corre verso il fiume !.… Il fiume padre delle acque, che, in un silenzio maestoso, scende verso il grande mare ! Poi interviene l'uomo, l'uomo dei campi, robusto, religioso… le sue gioie interrotte dalla tempesta… i suoi terrori… il suo inno di gratitudine…»

L’interpretazione di Gatti guarda a Berlioz con un occhio romantico. Conosciamo il romanticismo di Gatti, che non è mai un romanticismo patinato, ma un romanticismo di contrasti, di tempeste desiderate, di natura tremolante. Basta pensare al quadro La Tempesta di Giorgione per capire cosa sia la natura qui : niente di idilliaco, niente di dolce o fiorito, ma una natura di linfa e vita sotterranea.
Il Beethoven che Gatti sta cercando qui è il Beethoven che metterà l'uomo faccia a faccia con la natura, che lo getterà tra leggende e misticismo, un Beethoven dal romanticismo quasi byroniano.

Giorgione, La Tempesta, Venezia, Accademia

Quindi la chiave è ovviamente la tempesta, con le sue dissonanze e stridenze, i suoi suoni inusuali e inquietanti :  un motivo musicale che non ha nulla di originale invece, è addirittura un topos dell'opera settecentesca, che Rossini utilizzerà più volte qualche anno dopo. E Beethoven si affida consapevolmente a questo topos per costruire una dialettica, c'è una natura pacifica, e una natura furiosa, che è inevitabilmente la sua controparte. E le forze naturali sono forze animate, cioè piene di anima, animiste : è tutto questo che Gatti presuppone in un'interpretazione il cui suono è carnoso, pieno, ma che ha anche una sorta di respiro che non è epico, ma di un lirismo elegiaco nel senso primario del termine, un lirismo triste, un canto che esprime anche ansia.

Questa Pastorale ha il falso ordine di Poussin e un classicismo che sarebbe strettamente formale, ma Poussin, come i grandi classici, dipinge "romanticamente", come gli scrittori classici francesi (Racine, Pascal) scrivono "romanticamente", dove solo la forma sembra fredda e rigida : in questo senso, Berlioz sentiva bene l'atmosfera della sinfonia di Beethoven.
Così questa sinfonia distilla energia, profondità, un po' di ansia, ed esplode in una prodigiosa "Tempesta" di paura e di energia sfrenata, uno dei momenti più significativi della serata : gli elementi naturali non sono mai uniformi. E questa sinfonia è costruita in un prima e dopo la tempesta, esattamente come l'anima romantica, tranquilla, poi agitata e poi di nuovo tranquillizzata.

Si noti la tensione e l'attenzione dell'orchestra, che segue il direttore al minimo respiro e gesto. È un primo incontro e si avverte una particolare concentrazione, una vera partecipazione e un impegno notevole di tutti. L'orchestra può avvalersi di ottimi elementi, prima fra tutti l'oboista Cristina Monticoli, di livello internazionale, o il clarinettista Alessio Vicario, ma anche Antonino Saladino (flauto) e Giuseppe Davi al fagotto : nella Pastorale i fiati sono particolarmente sollecitati, ma lo abbiamo visto anche nella prima sinfonia. Gli archi sono ben guidati, soprattutto i violini II, da Gioacchino Di Stefano, e anche il primo violino Silviu Dima ha fatto visibilmente un lavoro di preparazione molto approfondito : il modo in cui tutta l'orchestra ha salutato e richiamato il direttore, la gioia finale visibile, tutto questo dimostra la differenza tra fare un concerto e fare musica, e stasera a Palermo si è fatto musica.

Daniele Gatti, Orchestra del Teatro Massimo il 2 ottobre scorso

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