Stagione sinfonica dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia

Programma

Felix Mendelssohn Bartholdy (1809–1847)
Meeresstille und glückliche Fahrt
Calma di mare e viaggio felice ouverture op. 27

Johannes Brahms (1833–1897)
Concerto n. 2 in si bemolle maggiore, op.83
per pianoforte e orchestra

Allegro non troppo
Allegro appassionato
Andante
Allegretto grazioso

Boris Giltburg, pianoforte

Claude Debussy (1862–1918)
La mer
Tre schizzi sinfonici per orchestra

De l’aube à midi sur la mer – Très lent
Jeux de vagues – Allegro
Dialogue du vent et de la mer – Animé et tumultueux

Orchestra dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia
Kirill Petrenko, Direttore

 

 

Roma, Auditorium Parco della musica, Sala Santa Cecilia, 15 ottobre 2021, Ore 20.30

Kirill Petrenko ritorna sul podio dell’Orchestra dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia per il terzo anno consecutivo. Al centro di un programma dedicato al mare, che mette in luce l’eccezionale livello raggiunto dall’orchestra, il secondo concerto per pianoforte di Brahms con il giovane pianista Boris Giltburg, che fatica a trovare la necessaria unità d’intenti con l’ensemble.

Al termine, accoglienza trionfale e meritata del folto pubblico, che torna all’Auditorium del Parco della Musica finalmente a piena capienza dopo la riapertura in sicurezza dei teatri.

Partiamo dal fondo e dal cuore. Partiamo dall’Orchestra di Santa Cecilia che, scaricata la tensione accumulata con la poderosa onda sonora di La mer che si è appena infranta sull’Auditorium Parco della Musica, si scioglie in ampi sorrisi e sguardi pieni di ammirazione rivolti a Kirill Petrenko.
Tutta l’orchestra suona in stato di grazia, evidentemente galvanizzata dalla presenza sul podio di uno dei più prestigiosi direttori oggi in attività. L’alchimia nasce dalle prime note, Petrenko ha una qualità rara tra i direttori odierni : non impone il suo modello di suono ma trae il massimo dai suoi musicisti lasciandoli suonare con il loro stile e i loro colori, con il loro entusiasmo.

Kirill Petrenko e l’Orchestra dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia ricevono gli applausi finali

Siamo ai primi concerti della stagione post covid-19, dopo l’apertura con la Seconda sinfonia di Mahler sotto la bacchetta del Direttore Ospite principale Jakub Hrůša è la volta di Kirill Petrenko sul podio.
Si tratta in pratica di una seconda inaugurazione di stagione, vista l’attesa che suscita ogni passaggio del direttore russo in Italia. A Roma, in particolare, Petrenko nelle ultime stagioni ha già regalato due splendidi programmi : nell’aprile del 2019 un'intensissima Nona sinfonia di Beethoven ((4, 5 e 6 aprile 2019)), per il Natale 2020((23 dicembre 2020, a porte chiuse e tramesso in streaming))  Weber, Prokof'ev e la Grande sinfonia di Schubert.((Ouverture da Oberon, Concerto per pianoforte n. 1 di Prokof’ev con Igor Levit al pianoforte, Sinfonia n. 9 “La Grande” D. 944 di Schubert))
Per il terzo anno è stata la volta di un programma altrettanto straordinario, con un capolavoro del concertismo tardo romantico inserito tra due pagine legate al mare profondamente diverse per epoca e stile ma, entrambe, di straordinaria fattura.

Con l’ouverture Meeresstille und glückliche Fahrt((Calma di mare e viaggio felice)) è la volta di un brano ingiustamente poco noto di Mendelssohn. Petrenko vi dedica tutta la cura per il timbro orchestrale e i dettagli sonori di cui è capace, iniziando con un Adagio pervaso da una dolcezza e da una grazia quasi sacrali. Purezza e al tempo stesso semplice grandiosità rimandano idealmente alle costruzioni religiose di Bach, di cui l’autore fu d’altro canto un fervente ammiratore. Sono gli archi i protagonisti di questo inizio di concerto, ci lasciano sospesi con tutta la tenerezza possibile immersi nell’espress. in p della misura 22. Non c’è traccia di tensione o sconforto per la calma piatta che impedisce la navigazione del testo di Goethe.
Tutta l’atmosfera è pervasa da radiosa serenità sino all’intervento legg. del flauto ‑uno splendido Andrea Oliva- che anticipa l’arrivo del vento e che, repentinamente, apre la via ad una navigazione che sentiamo frenetica ma sempre festosa.
Come nella prima parte del brano, Mendelssohn si allontana nuovamente dal testo di Goethe : in questa indaffarata allegria scoppia la tempesta. Un episodio che il direttore esalta senza eccessiva enfasi, sfruttando le tinte aspre dei legni e facendo comprendere quanto Wagner abbia potuto ispirarvisi per i momenti più sinistri del Fliegende Holländer.
Poche battute ed ecco farsi strada l’affermazione nuovamente positiva del motto dell’Allegro Maestoso, con le trombe che trionfalmente ‑eccellente intonazione e condotta ritmica di Andrea Lucchi- ci conducono sicuri alla meta.

Kirill Petrenko e l’Orchestra dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia durante l’esecuzione di Mendelssohn

Con il Concerto in si bemolle maggiore di Brahms siamo alle prese con quello che è considerato il capolavoro del genere e il più difficile dell’intero repertorio.
Non tanto, o non solo, per la lunghezza che è, comunque, oltre l’ordinario con quei tre quarti d’ora di tensione e mette a dura prova le dita e i nervi del solista e la concentrazione dell’orchestra : Brahms con equilibrio miracoloso è sovrano nell’armonia e nella costruzione dell’intreccio musicale, il concerto sembra scritto con leggerezza tutto d’un fiato per l’unità stilistica del brano e la capacità di fondere il dialogo del solista e dell’orchestra in un continuo scambio di emozioni, ritmi, colori. L’unità è totale, le prime parti suggeriscono temi e fraseggiano da pari con il solista in un discorso che si svolge con apparente naturalezza tanto nei tempi estremi quanto nel terzo movimento Andante attorno cui l’opera è incardinata, intorno a quell’unità di intenti tra pianoforte, violoncello e oboe solisti.
Tanta perfezione compositiva mette alla prova l’insieme ed è raro trovare una vera affinità di stile, tecnica e interpretazione tra gli esecutori.
Ed è proprio questa unità d’intenti ad essere fondamentalmente mancata all’appello. Poche battute d’ingresso e si percepisce che il giovane pianista Boris Giltburg condurrà piuttosto un viaggio solitario, preoccupato della tenuta ritmica a scanso della linea melodica, costantemente estraneo al disegno orchestrale che osserva a distanza, dal suono per lo più forte e povero di sfumature di timbro e dinamica.
È un vero peccato, soprattutto per la presenza di un Petrenko ispiratissimo e di un’orchestra umorale, espressiva, vera protagonista della serata. Canta all’unisono con il gesto del direttore, prega, sussurra, si distende nel secondo movimento con il gesto degli archi e del corno in un Largamente che apre una parentesi dal tono sacrale, cui purtroppo risponde genericamente l’intervento sottovoce del pianoforte.
Quanti momenti memorabili : dall’entrata del corno di Alessio Allegrini nell’iniziale Allegro non troppo al citato dialogo tra il violoncello e l’oboe di Luigi Piovano e Paolo Pollastri, magistrali e toccanti per la composta emozione che sanno comunicare dal tramonto dell’ottocento romantico.
Meno problematico per Giltburg l’Allegretto grazioso, dove il pianoforte ha modo di dialogare per brillantezza e danzante virtuosismo con l’orchestra, e quest’ultima che chiude il concerto con brillantezza, senza mai scadere nell’enfasi fine a se stessa.

Boris Giltburg, Kirill Petrenko e l’Orchestra dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia

Dopo l’intervallo, un capolavoro del secolo scorso come La mer di Debussy per suggellare un concerto da sottolineare nella cronologia di Santa Cecilia.
Non c’è spazio per cromatismi estenuati e atmosfere sfumate, per Petrenko l‘idea del mare è spumeggiante ed energica, un caldo mare mediterraneo pieno di vita ben diverso dai freddi e brumosi mari del nord.
Il Très lent, De l’aube à midi sur la mer, inizia con una suggestione wagneriana((un richiamo all’accordo iniziale del Rheingold?)) ma dopo poche battute apre un ponte sul ‘900 e ci trascina in un gioco virtuosistico di luci e colori. In un attimo veniamo cullati dal flauto di Oliva sino al poetico solo del magistrale primo violino del Cédez un peu. È il giovane Andrea Obiso, già indiscusso riferimento dell’orchestra, che prende per mano gli archi in un affettuoso Un peu plus mouvementé e Très rythmé che preannuncia il suggestivo scambio tra gli archi d’argento e le altre sezioni dell’orchestra, prima di terminare nel luminoso finale.
Con Jeux de vagues, un’atmosfera spumeggiante s'impadronisce della sala. Archi, corno inglese, tromba, clarinetto, flauto fanno a gara con l’arpa e il glockenspiel per dar vita ad una vera propria festa delle onde.
Un moto di violoncelli e contrabbassi coronato da uno splendido solo di tromba apre Dialogue du vent et de la mer, riportando ancora una volta la mente a Wagner((Come non pensare alla marcia funebre di Sigfrido da Götterdämmerung?)), prima di lasciare spazio allo scontro titanico tra le forze della natura. Passando per lamentosi richiami dell’oboe siamo giunti così alla trasfigurazione finale, affermativa ed orgiastica.

Al termine del concerto, lo scoppio dell’applauso liberatorio del pubblico è indirizzato a Petrenko e a tutta l’orchestra, nella speranza che anche in questa occasione si tratti di un arrivederci. A presto !

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Paolo Malaspina
Paolo Malaspina, nato ad Asti nel 1974, inizia a frequentare il mondo dell’opera nel 1989. Studia privatamente canto lirico e storia della musica parallelamente agli studi in ingegneria chimica, materia nella quale si laurea a pieni voti nel 1999 presso il Politecnico di Torino con una tesi realizzata in collaborazione con Ecole Nationale Supérieure de Chimie de Toulouse. Ambito di interesse musicale : musica lirica e sinfonica dell’ottocento e novecento, con particolare attenzione alla storia della tecnica vocale e dell'interpretazione dell'opera lirica italiana e tedesca dell'800.

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