Sara Zurletti analizza il significato del progretto di ricostruzione del Teatro San Cassiano di Venezia

Paul Atkin, imprenditore inglese appassionato di musica, lancia l'iniziativa apparentemente visionaria – ma c'è il precedente del Shakespeare's Globe di Londra – di ricostruire il Teatro S. Cassiano di Venezia, di epoca barocca ma demolito nel 1812. Potrebbe significare una nuova vitalità per il repertorio operistico barocco. 

Paul Atkin (a sinistra) e l'architetto Jon Greenfield © DR

Ogni tanto si leggono delle notizie curiose. Sul Venerdì di Repubblica del 15 gennaio ce n'era una che non solo era curiosa, ma anche sensazionale. Un imprenditore inglese appassionato di musica, Paul Atkin, ha dato vita a una cordata di investitori per ricostruire il Teatro S. Cassiano di Venezia, il glorioso edificio barocco demolito nel lontano 1812. Il S.Cassiano è un nome sacro per la storia del teatro d'opera : è infatti lì che nel 1637 una compagnia di cantanti-compositori romani, guidata da Francesco Manelli e Benedetto Ferrari, mette in scena l'Andromeda a tutte loro spese, e di qualche considerazione…”. In altre parole, con Manelli e Ferrari nasce il teatro di tipo impresariale, grazie al quale il melodramma italiano si emanciperà dalla committenza aristocratica e correrà i rischi, godendo però anche della relativa libertà, di un'iniziativa culturale autofinanziata che non è più tenuta in via di principio a rispecchiare il sistema di valori e la visione del mondo della classe aristocratica. È una rivoluzione, e rappresenta anche l'atto di nascita della “Scuola veneziana”, una mirabile fucina di talenti teatrali – Cavalli, Legrenzi, Vivaldi – che da quel momento e per almeno un secolo e mezzo produrrà opere a un ritmo infernale : al contrario di quanto avviene oggi, all'epoca dell'apertura del S. Cassiano e fino all'inizio dell'Ottocento il pubblico chiedeva opere e composizioni strumentali sempre nuove, imponendo ai compositori ritmi creativi da far invidia a un generatore automatico di musica.

Teatro San Cassiano (1637): visualizzazione storicamente consapevole (la prima al mondo)
Immagine di Secchi Smith, © Teatro San Cassiano

La struttura produttiva del tipo di teatro nato con l'apertura del S. Cassiano era articolata su tre livelli. Il primo livello era costituito dai proprietari dei teatri (oltre al S. Cassiano ne nascono tanti nel giro appena di qualche anno): quella dozzina o poco più di famiglie patrizie che governavano Venezia alla maniera di un'oligarchia ed esprimevano a turno il Doge. Queste famiglie non entravano direttamente nell'allestimento delle opere, limitandosi ad affittare il teatro di loro proprietà all'impresario. Il secondo livello era costituito appunto dall'impresario, una sorta di “general contractor” per la stagione degli spettacoli operistici, che andava da S. Stefano al martedì grasso e coincideva quindi con il Carnevale, polo d'attrazione a Venezia per folle di turisti da tutta Europa. L'impresario subaffittava poi i palchetti alle famiglie del patriziato veneto che desideravano andare a divertirsi e godere di questo invidiato status symbol, e copriva con il ricavato i costi della stagione operistica. Gravava però in questo modo solo sulle sue spalle il “rischio di impresa”, perché i proprietari del teatro non rischiavano niente, mentre l'impresario, che doveva provvedere a tutto, difficilmente riusciva a compensare le uscite con le entrate. Il terzo livello produttivo dell'opera nata al S. Cassiano era costituito dai creatori e dagli esecutori necessari alle messe in scena : il librettista (all'epoca considerato il vero autore del dramma), il compositore, i musicisti, gli scenografi, i falegnami, i parrucchieri e tutte le varie maestranze coinvolte. L'intero allestimento ruotava intorno alla figura del cantante, che rappresentava la prima preoccupazione di un impresario nel momento in cui otteneva l'incarico per la stagione teatrale e la maggior voce di spesa : all'epoca dell'apertura del Teatro S. Cassiano prende vita anche il fenomeno (con relativi capricci) delle star del canto, con l'inizio della  trionfale parabola dei cantanti evirati.

Il modellino del futuro San Cassiano

Per questi motivi, ricostruire il S. Cassiano con un'operazione simile a quella che ha portato alla ricostruzione dello Shakespeare's Globe di Londra, legando in modo inedito la messa in scena delle opere barocche al luogo che per primo le ha tenute a battesimo, avrebbe il significato di restituire al mondo della musica e della cultura un teatro dove si è fatta la storia, scommettendo sulla capacità che questa storia abbia ancora un senso per noi, oggi. Dietro l'operazione promossa da Atkin c'è evidentemente un'intenzione autenticista : ascoltare Monteverdi, Cavalli, Legrenzi, nella cornice in cui venivano ascoltati all'epoca, quindi anche con un tipo di esecuzione – è lo stesso Atkin a elencarlo fra gli elementi caratterizzanti del progetto – “storicamente informata”. I limiti dello storicismo sono stati illustrati dagli stessi che lo hanno praticato, e non vorremmo entrare qui nella disputa se un diapason abbassato, le corde di budello, gli archi barocchi e le messe di voce diano di per sé la garanzia di ascoltare un'opera secentesca per come effettivamente è stata concepita dall'autore. Per questo desiderio naïf di autenticità, non basterebbe il S. Cassiano ricostruito : occorrerebbe ripristinare nella sua interezza il contesto nel quale le opere sono state create e fruite con tutti i dettagli storici, politici, ideologici, di costume, di vita, peste compresa – il che non è possibile e neanche desiderabile. Ma è ugualmente da condividere l'idea di Atkin di promuovere esecuzioni “HIP” (l'acronimo che indica nel mondo anglosassone la “historically informed performance”) perché l'interesse verso l'opera del barocco è comunque un interesse nutrito da una preoccupazione storicistica, dove quindi l'Ur-Ton ha una sua giustificazione e una sua validità in quanto elemento essenziale nella ricostruzione globale del fenomeno. L'apprezzamento dell'opera barocca non può infatti essere “immediato” – posto che un concetto simile sia mai applicabile al melodramma – come quello offerto da un'opera di repertorio di Verdi, o di Puccini, o di qualunque altro best seller ottocentesco continuamente rappresentato, ma deve poggiare su precisi presupposti conoscitivi e scaturire da considerazioni che si valgono di una corretta ricostruzione delle condizioni storiche originali. Ora, il contesto dell'opera barocca – la cultura del Seicento e del primo Settecento – è ricchissimo : promuovere delle esecuzioni storicamente informate significherà anche riportare in vita l'humus culturale nel quale ascoltare l'opera barocca diventa un'esperienza emozionante ; significherà offrire al pubblico grazie ai mezzi moderni lo stupore, la meraviglia che provocavano anticamente le macchine di scena barocche con i loro effetti mirabolanti. La chiave di tutta l'operazione è proprio quella di offrire un godimento “moderno” con una corretta, ancorché spregiudicata, ricostruzione dell'“antico”.

I tempi parrebbero maturi per un approccio al teatro barocco che consideri centrale il piacere offerto dall'opera piuttosto che l'asettica – quanto impossibile – ricostruzione della sua “autenticità”. Tutto ciò passa da strade già battute dalle migliori esperienze europee nella riproposta del repertorio barocco : flessibilità degli organici (proprio come accadeva al tempo), tagli che eliminino qualche lunghezza eccessiva, regie intelligenti e capaci di far venire fuori implicazioni contenute nel testo senza stravolgerne l'impianto. Resta fermo il punto di una resa filologica della parte musicale. « Oggi », scriveva Nikolaus Harnoncourt, « contrariamente a quanto accadeva trecentocinquant'anni fa, siamo dunque perfettamente in grado di trasformare, per mezzo dell'arrangiamento e della strumentazione, un'opera di Monteverdi in una del XIX o del XX secolo, sul piano sonoro. Ma possiamo anche realizzare le intenzioni del compositore con i mezzi e le possibilità del suo tempo […] La domanda rimane oggi la stessa di un tempo : cosa serve meglio le idee musicali, come possiamo oggi rendere l'opera il più comprensibile possibile ? ». Disporre di un teatro “storicamente informato” come il S. Cassiano rinato e allestirvi opere barocche con una HIP ben temperata significherà dunque, a nostro avviso, costruire le condizioni per un piacere di tipo nuovo e adeguato tanto alle capacità culturali quanto all'orizzonte di attesa di un ascoltatore curioso del XXI secolo, che è informato dell'esistenza di uno scarto storico importante tra l'universo culturale nel quale sono nate le opere barocche e il suo, ma scommette anche sulla possibilità di colmare questo gap con l'aiuto di tutti i supporti che possano essere messi a sua disposizione.

Se vogliamo, la ricostruzione del S. Cassiano è esattamente il contrario di quello che vorrebbe fare con il Colosseo il Ministro della Cultura Franceschini, che non vede l'ora di destinare il più importante monumento dell'antichità a qualche grande evento con sfondo sfolgorante di gladiatori in costume made in China. Il Colosseo ha di per sé un ruolo di testimonianza storica e culturale che non si è mai interrotto e che deve essere solo riconosciuto e tutelato, senza funzionalizzarlo a qualche delirante progetto di management culturale. Al contrario, ricostruire il S. Cassiano a due secoli dalla sua demolizione costituisce il progetto per un tipo nuovo di spettacolo, dove un reticolo di significati culturali sepolti dal tempo verrebbe riesumato anche grazie all'ambientazione “originale”, come la sua aura benjaminiana, il suo qui e ora perduto. Ovviamente l'“autenticità” non riguarderebbe il nuovo S. Cassiano, che non sarebbe autentico e non avrebbe valore storico e documentaristico di per sé : l'edificio barocco ricostruito sarebbe solo un supporto, un mezzo per facilitare l'accesso del pubblico a un repertorio remoto, e uno stimolo suggestivo per una maggior pienezza dell'esperienza estetica. Aggiungeremmo che l'operazione promossa da Atkin, che prevede l'esecuzione esclusiva del repertorio barocco (ma il Barocco musicale è bello lungo, e arriva a metà Settecento), restituirebbe alla scena opere di raro ascolto, e questo potrebbe rappresentare per il pubblico del XXI secolo affamato di cultura (lo è!) un richiamo molto potente. Sarebbe come andare a teatro accompagnati da Alberto Angela che spieghi preventivamente il senso e l'importanza di un fenomeno, rendendolo così più accessibile e vivo.

L'inaugurazione, non disponendo della partitura dell'Andromeda, che è perduta, prevede L'incoronazione di Poppea di Monteverdi (1643). In omaggio, però, al superamento della vecchia rivalità culturale Francia/Italia nell'ottica di un ritrovato entusiasmo europeista, osiamo sperare che il Teatro S. Cassiano allarghi presto il suo repertorio oltre la sfera italiana e ospiti in futuro i capolavori del teatro barocco francese di Lully e poi di Rameau, e anche naturalmente quello meraviglioso di Händel. E perché poi non andare più indietro e allestire la rarissima Rappresentazione di Anima et di Corpo di Emilio de' Cavalieri ? E perché non riesumare anche il ricco e negletto filone della “festa teatrale”? E perché non ospitare nel S. Cassiano anche qualche Masque ? Si apre davanti a noi un meraviglioso universo praticamente inesplorato, un'autentica promesse de bonheur.

Per informarsi sul progetto : https://www.teatrosancassiano.it/

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Sara Zurletti
Sara Zurletti si è diplomata in violino e laureata a Roma in Lettere con tesi in Estetica. Ha poi conseguito un dottorato di ricerca all'Università Paris 8. Ha insegnato nella stessa università "Teoria dell'interpretazione musicale" e poi, dal 2004 al 2010, Estetica musicale all'Università Suor Orsola Benincasa di Napoli e Pedagogia musicale all'Università di Salerno. Ha pubblicato "Il concetto di materiale musicale in Th. W. Adorno" (Il Mulino, 2006), "Le dodici note del diavolo. Ideologia, struttura e musica nel Doctor Faustus di Th. Mann" (Biblipolis 2011), "Amore luminoso, ridente morte. Il mito di Tristano nella Morte a Venezia di Th. Mann" (Castelvecchi), e il libro-intervista "Ars Nova. ventuno compositori italiani di oggi raccontano la musica" (Castelvecchi 2017). Attualmente insegna Storia della musica al Conservatorio "F. Cilea" di Reggio Calabria.
Crediti foto : © https://www.teatrosancassiano.it/
© DR (Atkin et Greenfield)
© Teatro San Cassiano

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